Era il 04 luglio 2011 quando mi sono procurato alcune bottiglie di vino “ solfiti free “ e devo dire che gli esiti delle degustazioni erano stati soddisfacenti, ne ho scritto a piu’ riprese su questo ed altri siti web.
Già allora avevo un dubbio : come si comporteranno questi vini con il passare del tempo, sapendo che lo stesso era ed è il peggior nemico per la loro perfetta conservabilità ?
Il famigerato biossido di zolfo, meglio conosciuto come anidride solforosa SO2, ha queste specifiche proprietà :
è un antisettico, inibisce lo sviluppo dei microrganismi. La sua attività è maggiore nei confronti dei batteri che dei lieviti. A basse dosi l’inibizione è transitoria; dosi elevate provocano la distruzione di una certa percentuale della popolazione microbica; l’efficacia di una determinata dose risulta accresciuta quando si riduce la popolazione iniziale, per esempio con una filtrazione. Durante la conservazione, l’anidride solforosa si oppone allo sviluppo di tutti i microrganismi (lieviti, batteri lattici, batteri acetici) ed evita, in questo modo, la formazione di intorbidamenti dovuti alla presenza di lieviti, la rifermentazione dei vini dolci, lo sviluppo dei lieviti filmogeni (fioretta) e le diverse alterazioni di origine batterica;
è un antiossidante, esso combina, in presenza di catalizzatori, l’ossigeno disciolta secondo la reazione: SO2 + ½ O2 —–> SO3 Questa reazione è lenta, consente di proteggere i vini dall’ossidazione di natura chimica, tuttavia è senza effetto nella protezione dei mosti la cui ossidazione di natura enzimatica, è molto più rapida. La SO2 preserva i vini da una eccessiva ossidazione dei composti fenolici e di alcune sostanze aromatiche; previene la maderizzazione, contribuisce a mantenere un livello di ossidoriduzione sufficientemente basso, favorevole all’evoluzione delle caratteristiche sensoriali durante la conservazione e l’invecchiamento;
Occorre assolutamente evitare dosi eccessive, principalmente per ragioni igieniche, e dosi elevate possono interferire anche con l’aroma del vino, provocando l’attenuazione del profumo; dosi ancora superiori trasmetterebbero difetti caratteristici, quali un odore soffocante ed irritante ed una sensazione di bruciore a fine degustazione. Al contrario, quando la quantità è insufficiente ad assicurare la stabilita totale, un’ossidazione eccessiva o uno sviluppo microbico possono compromettere l’aspetto e la qualità complessiva del vino.
E’ indubbio che oggi la nostra enologia ha compiuto passi da gigante, consentendo sempre minor impiego di questa sostanza benefica per la conservazione del vino, ma non altrettanto per la salute umana, specialmente per le persone che sono allergiche a tale sostanza ( macchie rosse in viso, bruciori allo stomaco, mal di testa del giorno dopo ecc. ).
Personalmente sono favorevole ad un uso moderato di tale antisettico, nelle giuste dosi che consentano al vino di rimanere inalterato e conservarsi per molto tempo, abbiamo visto che in assenza totale di SO2 il vino ha qualche problema a mantenersi integro e piacevole.
In attesa di nuove “ scoperte “ enologiche e di innovazioni in materia, mi sento di dire che non sono assolutamente contrario ai vini “ Solfiti Free “, ben vengano, ma una raccomandazione a questo punto diventa d’obbligo : beviamoli il prima possibile, per evitare contaminazioni batteriche e modifiche sostanziali al loro grado di piacevolezza sensoriale, specialmente per le tipologie bianche, essendo queste piu’ delicate ed esposte a tali contaminazioni.
Un’ultima annotazione, che vado ripetendo da oltre 10 anni, a tutela del consumatore finale, è quella di indicare il contenuto reale di SO2 all’atto dell’imbottigliamento, avendo cosi’ un parametro in piu’, certo ed obiettivo, sul quale rivolgere i nostri acquisti di vino.
Una legge in materia sarebbe urgente, necessaria e quanto mai auspicabile, ( perchè in pochissimi produttori la vedrebbero di buon occhio ? ).
Roberto Gatti
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