Nel resto del mondo frode non sarebbe stata reclamizzata come qui
Verona, 4 apr. – C’erano tanti modi per affrontare il problema delle frodi nel vino riportate nell’inchiesta “Velenitaly” dell’Espresso, che ricalcano la precedente vicenda del metanolo di oltre vent’anni. Gli errori, che il pi delle volte sono indotti da un sistema sbagliato, vanno sconfitti, ma per correttezza si dovrebbero raccontare anche tutte le positivit che sono presenti nel settore vitivinicolo italiano. Mentre ragiona a voce alta, seduto al tavolo dello stand della sua azienda allestito al Vinitaly di Verona, Giorgio Grai, uno dei pi grandi winemaker italiani, non nasconde la sua delusione.
“Provo grande disgusto e dispiacere – spiega – perch assolutamente inutile lavare i panni sporchi in pubblico. Le cose non sono cos oscene: in un panorama enologico mondiale, queste cose non vengono reclamizzate, semmai coperte”. “E’ giusto fare controlli e pretendere che non si ripetano – continua – ma la gestione di queste informazioni davvero aberrante. Ci sono grandi e piccole aziende serie che non possono pagare le colpe di un’errata o imprecisa informazione, amplificata nei momenti di manifestazioni nazionali importanti del settore”.
Tra l’altro quella dell’Espresso, secondo il noto enologo ” l’amplificazione scorretta di fatti che purtroppo sono avvenuti e avvengono” e nei cui confronti occorre prendere provvedimenti. “Bisognerebbe pregare la stampa – spiega – di essere pi corretta e precisa e di dare notizie belle di tutto il bene che il settore sta producendo. Non cercare solo la negativit di qualche azienda, piuttosto non dimenticare le positivit sotto il profilo sociale, economico e di immagine che un paese cos altamente qualificato e variegato come l’Italia enologica pu offrire al mondo”.
Quella delle aziende pugliesi o quella sul non rispetto del disciplinare di produzione del Brunello di Montalcino soltanto uno degli “scandali” italiani raccontati negli anni. Lo ricorda Giorgio Grai: “La frode del metanolo stata indotta da un sistema sbagliato che permetteva di mandare vini di bassa gradazione e scarsa qualit alla distillazione, aumentati con metanolo di basso costo”. Per l’inchiesta del 2008, invece, “sarebbe stato sufficiente non permettere che in zona Chianti piantassero vitigni non acconsentiti; bastava che questi ‘wine maker’ che cercano vini sempre pi complessi per appagare le pagine delle guide non aggiungessero vitigni di fuori zona per goderne di pi ponteggi e quindi variare il carattere varietale e zonale del vino ottenuto”.
( Fonte Apcom )
Tutto questo marasma nato e partito, dalla diffusione delle notizie relative alle indagini in corso circa le difformit al disciplinare del Brunello, ed una volta che la miccia stata accesa, la polveriera scoppiata.
Concordo con quanto affermato dallenologo Giorgio Gray, e come ho ribadito a piu riprese, un p di prudenza non avrebbe guastato, anzi mai come in questo caso sarebbe stata dobbligo.
Roberto Gatti
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