Il titolo tradisce già un’ambizione fallimentare. Sintetizzare una giornata di assaggi, tra quasi 100 banchetti, in poche bottiglie è un esercizio di brutale sintesi che sminuisce il lavoro delle molte aziende meritevoli provate, come anche quello di chi prova a raccontarne i vini tra entusiasmi, fatiche e mal di schiena. Ma è giocoforza un’esigenza necessaria.
Sorgente del vino è una delle tante fiere dedicata ai piccoli vignaioli, una a quelle a cui sono più appassionato per vicinanza geografica, abitudine e criteri selettivi. Si parla, un po’ semplicisticamente di “vini naturali”, su cui si è detto tutto e di più: soprattutto che non esistono in termini puramente legislativi e forse anche concretamente, ma rimandano comunque a un mondo – in grande crescita – fatto di pratiche agricole attente, rispetto del territorio e minimo intervento in cantina. Vini autentici e sinceri, spesso molto espressivi. Quello che mi pare lecito cercare in un bicchiere.
Gavi – Azienda agricola San Bernardo
Come il Soave, l’Orvieto, il Frascati e molte altre tipologie ancora fortemente radicate nell’immaginario bianchista italiano, il Gavi oggi, diversamente da un paio di decenni fa, fatica parecchio. Eppure, nonostante i troppi vini mutilati dalla tecnica e dalla scarsa ispirazione, capita ancora di imbattersi in bevute di grande interesse. Grande ricchezza e complessità al naso, sorso grintoso senza inutili dolcezze, profondo e sicuramente longevo. Una scoperta.
Verdicchio Classico Buca della Marcona – Tenuta San Marcello
Sono un verdicchista convinto, quasi al limite del fanatismo, anche se la vendemmia 2015 non mi ha dato grandi vibrazioni positive: tanto alcol, troppa struttura, poca eleganza e minore longevità. Quando penso di aver assaggiato più o meno tutto del vitigno mi imbatto in questo Verdicchio che bilancia perfettamente la ciccia con un’acidità importante e una bella chiusura sapido-amaricante. Ottimo anche il loro Verdicchio Superiore, ma il campione qualità/prezzo è questo.
Pecorino Cossineo – Fontorfio
Secondo giro di giostra ancora nelle Marche ma sul fronte Pecorino, a Cossignano, comune in provincia di Ascoli, a 400 metri di altitudine. Il vitigno ha un potenziale importante che emerge ancora in troppi pochi produttori, mentre è genericamente affossato da scelte che cercano di posizionarlo in quel calderone caotico dei vinoni tutta struttura, frutta e profumi eccessivi. Tutt’altra stoffa per questo Cossineo: un bianco serio, quasi austero, dove la ricchezza si poggia su una spalla acida imponente. Lasciatene un sorso in frigo e riprovatelo dopo qualche giorno.
Sì – Les Petits Riens
Regione minuscola, tipologie sconosciute, varietà numerose, qualità alta: io bevo sempre bene in Valle d’Aosta. La giovane coppia di produttori era annoiata e poco propensa a scambiare qualsiasi impressione, ma i vini parlano da soli. Il sì (la dimensione annoiata/scapigliata ci viene propinata anche sui titoli delle etichette…) è un petit rouge golosissimo! Agile e croccante, succoso e allegro, tutt’altro che banale. Da riprovare in un pasto per vedere quanti minuti (pochi) resiste a tavola.
Cannonau Vike Vike – Simone Sedilesu
Non vado matto per il Cannonau. Nonostante il nome iconico e i tanti Ferragosto alcolicamente proibitivi nelle mie vacanze sarde di gioventù, lo trovo troppo impegnativo, segnato da un’estrazione quasi solida. A Sorgente del vino mi sono però imbattuto con piacere nel vino di Simone Sedilesu. Bella l’espressione varietale senza essere troppo marcata, discreto allungo, bocca ricca e saporita. Ti viene voglia di berne ancora. È sempre un bel segno.
Zero Nove Undici – Azienda agricola Milana
Sembra essere un buon momento per il Cesanese di Olevano romano, rosso laziale di buon potenziale, spesso affossato da interpretazioni diversamente leggiadre. Una bella interpretazione fine, tutta giocata sui frutti rossi e le spezie, con un bel finale appagante. A Pasqua con l’agnello, mentre i vegani vi rompono i vetri della finestra, il godimento è assicurato.
Bramaterra – La palazzina
Bravi tutti ma quando c’è da godere io vado sempre a cercare un nebbiolo. Meglio ancora se dell’Alto Piemonte come questo Bramaterra, tipologia che regala dei nebbioli sapidi e salmastri oltremodo. La riserva 2008 (in uscita ora!) è un rosso di grandi potenzialità e pulizia: ha il passo deciso e la terrosità giusta, sa di melograno e rabarbaro, scende una meraviglia. È solo all’inizio del suo cammino, ma è già un grande piacere essersi incontrati.
( Fonte Ilfattoquotidiano )
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