La prima regola è il prezzo: una bottiglia buona non può costare meno di 6-8 euro. E poi occhio alle diciture in etichetta e all’annata
Già la parola, extravergine, è di quelle ambigue, che inducono in confusione: che vuol dire extravergine? Esiste qualcosa di più di vergine? E allora perché non inventare anche un superextravergine? O un megavergineplus? Parlassimo di donne, staremmo facendo dell’umorismo di bassa lega.
Siccome invece parliamo di olio la questione è serissima. Ne va della nostra salute, delle nostre tasche, del nostro palato, non necessariamente in ordine di importanza.L’inchiesta della procura di Torino condotta da Raffaele Guariniello ha scoperchiato un tema che, al di là degli aspetti penali (ieri è emerso che potrebbero essere avanzate anche altre ipotesi di reato) ha rimesso al centro del villaggio un tema forte: con che cosa condiamo le nostre insalate e le nostre bruschette? Che cosa diamo da mangiare ai nostri bambini? Domande non peregrine che vivono di un paradosso di fondo. Negli ultimi anni si è battuto molto sulle qualità del vino, al punto che oggi qualsiasi consumatore medio sa bene che esistono rossi da 1,99 euro che si acquistano al supermercato e grandi vini da decine di euro che si trovano nelle enoteche (poi gli uni e gli altri si trovano dappertutto, volendo) e che quindi facendo la spesa si tratta solo di fare una scelta consapevole. Mentre tutto ciò accadeva per un prodotto che in fondo è destinato solo a una parte del pubblico (ci sono i bambini, i ragazzi, gli astemi, quelli che per ragioni di salute non possono assumere alcol, quelli che preferiscono altre bevande alcoliche), per l’olio, che invece è consumato 1-99 (anni) quotidianamente, è passato il concetto che una bottiglia di una grande azienda, magari tra quelle finite nell’inchiesta torinese, magari in offerta sullo scaffale di un ipermercato a pochi spiccioli, andasse benissimo. Anzi, fosse il top.E invece no. Alla domanda: come esser certi di non acquistare un olio scadente, al di là delle dicitura in etichetta?, la prima risposta è: guardate il prezzo. Un olio extravergine buono non può infatti costare meno di 6-7 euro alla bottiglia. Il costo infatti per il produttore che voglia mantenere un alto standard qualitativo non può essere inferiore a 5 euro al litro. In fondo anche la certificazione ha un suo costo. E la piramide qualitativa, che vede in cima l’extravergine, al di sotto il vergine e sotto l’olio d’oliva semplice, ottimo per le fritture.C’è poi un altra trappola: quella del possibile acquisto dell’olio della campagna olearia (il corrispondente della vendemmia) 2014, un anno drammatico per il made in Italy con la produzione scesa al minimo storico di 300mila tonnellate e la conseguente impennata del 38 per cento delle importazioni, per lo più dalla Tunisia, che hanno raggiunto le 666 milioni di tonnellate, di olio usato per «tagliare» quello nostrano. Per fortuna la stagione 2015 sembra nascere sotto ben altri auspici, grazie anche all’andamento climatico favorevole che ha anche limitato gli attacchi della mosca olearia, che era stata la concausa della pessima annata precedente.
( Fonte Il Giornale )