Curiosità

Ritrovata villa romana sotto le viti che danno origine all’amarone

A via Villa a Negrar, olimpo del vino della Valpolicella, sono stati trovati i pavimenti di una dimora che, probabilmente, dà il nome alla frazione

 

 

Il Re della Valpolicella si generava su filari appoggiati a cavallo della storia. Le uve del vigneto di via Villa a Negrar (Verona), olimpo del vino Amarone, si nutrivano del terreno nato sopra un mosaico del terzo secolo dopo Cristo. Sono i pavimenti di una villa che, probabilmente, dà il nome alla frazione. Frammenti di storia passata che la vita di tutti i giorni ha tentato più volte di cancellare in questi ultimi cento anni ma che ora, finalmente, sono venuti a galla in tutta la loro bellezza. Quegli intrecci variopinti, conservati sotto due metri di terra, si mostrano al mondo con l’eleganza dell’arte perduta. “C’era una grande sala centrale di dieci metri per sette, poi c’erano altre stanze ai lati, una con l’abside” Gianni De Zuccato, archeologo della Sovrintendenza, descrive questo ritrovamento con amore genitoriale. Quasi stenta a crederci di essere arrivato, dopo un secolo, a sovrapporre il suo nome a un simile tesoro.

Perché la storia dei mosaici della frazione “Villa” di Negrar inizia nel 1922. Tina Campanile, appassionata archeologa, individua il sito. I resti ricordano quelli di altre ville dell’epoca romana, scoperte sul lago di Garda, a Brenzone e Desenzano. “Poi, inspiegabilmente, tutto si arena, forse per mancanza di fondi” racconta il sindaco Roberto Grison, che in questi anni ha ricostruito l’intera vicenda con l’obiettivo di restituire alla memoria quell’angolo di storia. Dai carteggi depositati in Catasto si scopre che, intorno al 1925, il proprietario dell’epoca scese a patti con l’amministrazione comunale, ottenendo l’autorizzazione a utilizzare il terreno come agricolo. “Negli anni ’80, nel boom dell’edilizia, volevano persino costruirci sopra” continua. “Ma la soprintendenza bloccò tutto e le case vennero fatte altrove”.

 

Sopra la villa romana crebbero rigogliosi i vigneti della Valpolicella, con le uve di Corvina veronese divenute famose in tutto il mondo per l’Amarone: 15 milioni di bottiglie prodotte per il vino divenuto simbolo del “made in Italy”. Con il passare degli anni il terreno ha cambiato diverse proprietà, fino ad arrivare alle sorelle Ferrari: Antonella, Simonetta, Elisabetta, Emanuela e Monica. Coltivavano le viti e vendevano le pregiate uve alle aziende vinicole della zona. Ma intanto l’eco della storia veniva tramandato di bocca in bocca, di generazione in generazione. E così tutti gli abitanti della frazione di Villa sapevano che, forse, sotto quel vigneto, c’erano i resti dimenticati. “Ho sempre cullato il sogno di restituire questo patrimonio culturale, prima da assessore alla Cultura e poi, dal 2014, come sindaco” continua Grison. Da circa un anno a questa parte iniziano quindi le trattative, con una difficile triangolazione fra Comune, Sovrintendenza e proprietarie.

Dopo varie traversie, non ultimo il lockdown dovuto alla pandemia, ecco quindi i primi carotaggi. Da qualche giorno il team operativo della Sap (Società Archeologica Srl) è tornato a scavare sotto la direzione di Gianni De Zuccato. Così sono emersi i tasselli, resistiti al tempo e all’incuria. Le immagini pubblicate sul profilo Facebook del Comune di Negrar fanno il giro del mondo e la notizia del ritrovamento sopra i vigneti di Amarone viene rilanciata persino dalla Cnn. “Adesso il vincolo sull’intera area è più stringente, dunque non dovrebbero più esserci disguidi”, spiega De Zuccato. La Sovrintendenza sta cercando di capire quanto è estesa l’area per poterla quotare e fare una proposta economica ai privati. L’ente responsabile dei beni culturali ha il diritto di prelazione nell’acquisto dell’area ma sembra che una cantina di fama internazionale abbia già fatto un’offerta: acquistare tutto il vigneto lasciando a disposizione delle collettività il sito archeologico. Per estrarre i mosaici stanno sradicando i vigneti ma è una ferita che si può rimarginare. E’ la bellezza che genera altra bellezza.

( Fonte Repubblica.it )

Roberto Gatti

Giudice degustatore ai Concorsi Enologici Mondiali più prestigiosi tra i quali: » Il Concours Mondial de Bruxelles che ad oggi ha raggiunto un numero di campioni esaminati di circa n. 9.080, dove partecipo da 13 edizioni ( da 9 in qualità di Presidente ); >>Commissario al Berliner Wine Trophy di Berlino >>Presidente di Giuria al Concorso Excellence Awards di Bucarest >>Giudice accreditato al Shanghai International Wine Challenge ed ai maggiori concorsi italiani.

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