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Risotto alle ciliegie

“Megghiu ‘na vota arrussicari ca centu voti aggiarniari”

 

Le ciliegie sono senza dubbio tra i frutti di stagione più gustosi cui non sanno dire di no neppure i bambini, notoriamente propensi a saziarsi di alimenti meno sani: belle a vedersi, dolci e succose, rappresentano inoltre il preludio dell’estate e del divertimento.

 

“Una tira l’altra”, usiamo ripetere spesso mentre consumiamo in modo quasi spasmodico chilate di ciliegie.

 

Tutti i proverbi, è cosa nota a tutti, rappresentano i monumenti parlati della saggezza popolare ma questo, più di altri, nel caso delle ciliegie, rende giustizia sia all’elevato indice di gradimento sia al notevole quantitativo che di tale frutto consumiamo. E quando rosse, tonde e lucenti sono in tavola, l’unico monito osservato dal consumatore è “Cogli l’attimo” o più filosoficamente “Carpe diem”.

Difficile stabilire con certezza il suo paese d’origine anche se da alcuni scritti di Gaio Plinio Secondo, conosciuto come Plinio il Vecchio,.il ciliegio sembrerebbe provenire dall’Asia. Il cronista dell’epoca, infatti, in una delle sue opere letterarie afferma che prima che il console romano Lucio Licinio Lucullo sconfiggesse Mitridate (re del Ponto) nel 74 a.C., “Cerasia … non fuere in Italia”. Un bottino di guerra, quindi, prezioso da molti punti di vista.

 

Gli antichi Romani se ne innamorarono perdutamente e celebrarono il frutto in uno dei luoghi simbolo del buon vivere: Ercolano e Oplontis (nella villa di Poppea), nei pressi di Pompei, dove sono raffigurati uccelli che si cibano di ciliegie.Nell’età cristiana, che tutto rimanda a significati reconditi, la rossa drupa diventa il medium per simboleggiare il sangue di Cristo versato per la redenzione umana ed è raffigurata anche in alcuni quadri sull’Ultima Cena. E di ciliegie, e altri frutti, traboccano le tavola imbandite nelle nature morte seicentesche, travolte da un barocco che eleva l’opulenza a sfarzo ed a modus vivendi.

Ovunque il ciliegio fiorito evoca la bellezza e la sensualità femminile, mentre in Cina e Giappone regalare un ramo di ciliegio in fiore è bene augurante, segno di felicità, affetto e amore. Oggi assunto a simbolo di tutte le arti marziali, il ciliegio fiorito venne adottato dai samurai quale emblema di appartenenza alla propria classe. Nell’iconografia classica del guerriero, infatti, il ciliegio rappresenta insieme la bellezza e la caducità della vita: esso, durante la fioritura, mostra uno spettacolo incantevole nel quale il samurai vedeva riflessa la grandiosità della propria figura avvolta nell’armatura nonostante ritenesse sufficiente un improvviso temporale a far sfiorire velocemente quel meraviglioso spettacolo.Proprio come il samurai che può cadere improvvisamente per un colpo di spada infertogli dal nemico.

 

A tal proposito un antico detto recita:”Tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero”, ovvero come il fiore del ciliegio è il migliore tra i fiori, colui che affronta la vita ed ogni suo accadimento con coraggio e forza, è guerriero, il migliore tra gli uomini. Per dirla in siciliano “U megghiu e cchiù, è ccu pigghia a vita pa tavula o pettu”.

 

Il ciliegio fiorisce in primavera ma la maturazione ottimale del suo frutto avviene proprio nel mese di giugno. In questo periodo dell’anno, infatti, ovunque si volga lo sguardo, i banchi dei venditori sono un pullulare di ceste stracariche di tale coloratissima bontà, anticamente coltivata anche nei piccoli giardini domestici e nei cortili interni di molte abitazioni.

Ed a proposito di giardini domestici…

 

“Tra un nespolo ed un limone, il ciliegio cresceva rigoglioso anche nel giardino dei nonni. Noi bambini trascorrevamo sui suoi rami ore ed ore della nostre giornate vacanziere: ognuno sul proprio ramo, appollaiati lassù fino ad esaurimento scorte al motto di rossa rossetta prestale la gola, toglile la coda. Spettacolari (non saprei come altro definirle) erano anche le irresistibili ma poco garbate espulsioni dalla bocca dei noccioli. Un “vergognoso” tiro al bersaglio, cui centro esatto era le maglia candida del cugino o dell’amichetta di turno. E come erano buone quelle ciliegie, con le quali noi bambine creavamo anche improbabili orecchini .

Patacconi rosso-violacei ovunque:abiti e corpo venivano inevitabilmente invasi da quelle dolcissime macchie. Impossibili da nascondere o camuffare che al “tutti giù per terra”inevitabili e sonore sgridate. Hai voglia di inventarci scuse e possibili “giustificazioni”, hai voglia di ricondurre quelle informi pennellate alle gesta compiute anche dal protagonista di una delle fiabe più significative dell’infanzia (Pinocchio). Chiossaì c’acchianava u sangu ‘n tiesta e matri. Pinocchio, lo ricordiamo tutti, infatti, si serviva di un fuscello temperato a uso penna, intinto nel sugo di ciliegia, per scrivere e studiare! Incoscienza dell’età…

 

Sicuramente tutti conosciamo oltre che le proprietà terapeutiche anche l’uso diffuso che si fa delle ciliegie in cucina (conserve, sciroppi, canditi, succhi, salse, sorbetti e mostarde, nonché liquori come cherry, kirsch, maraschino e ratafià), ma, “ciliegina sulla torta”, forse non tutti sanno che questo frutto può essere utilizzato anche per la preparazione di un ottimo primo piatto: il risotto alle ciliegie.

Morbido e suadente, cremoso ed avvolgente, dolciastro ed al tempo stesso acidulo. Caratteristiche che, “…Come un colombo intorno a un pallone frenato e con un colpo di becco bene aggiustato forato e lui giù, giù, giù…e noi ancora ancor più su, planando sopra boschi di braccia tese, un sorriso che non ha né più un volto né più un’età…”, lasceranno galoppare ogni palato sulle corde del buonumore.

 

Molti i detti che vedono la ciliegia, in dialetto siciliano “cirasa” protagonista del costume sociale: “Tira una e pigghi sette”, “Li palori sunnu comu li cirasi, una ni pigghi e centu ni vennu”, “Il cuculo non canta mai finchè non ha mangiato tre volte ciliegie a sazietà”, “Il merlo becca la miglior ciliegia”, “Le donne e le ciliege son colorite per lor proprio danno”, “Quando il gozzo è pieno, le ciliegie sono acerbe”, “L’erotismo è la ciliegina sulla torta quando manca la torta”, “Alla raccolta lasciar tre frutti: uno per il sole, uno per la terra ed uno per la pianta”, “È la storia della mia vita: se c’è una ciliegia col verme tocca sempre a me (Marilyn Monroe, in “A qualcuno piace caldo”). Nel linguaggio poetico, infine, “Bocca di ciliegia” è usato per descrivere una ragazza dalle labbra carnose ed invitanti come il rosso dolce frutto.

 

 

 

Ingredienti per 4 persone: 350 gr di riso arborio o carnaroli, 300 gr di ciliegie, denocciolate, 1 scalogno, olio extra vergine di oliva, 1 litro di brodo vegetale, mezzo bicchiere di vino bianco secco o spumante, 40 gr di burro, 4 cucchiai di Parmigiano Reggiano grattugiato, pepe verde (o nero) macinato al momento.

 

 

 

Preparazione

 

Mondate lo scalogno, tritatelo finemente e rosolatelo con l’olio in una casseruola. Aggiungete il riso e fatelo tostare per qualche minuto. Bagnate con il vino (o spumante) e lasciatelo evaporare, iniziando a versare, un mestolo per volta e fino ad assorbimento, il brodo. A metà cottura aggiungete le ciliegie che avrete precedentemente snocciolato e tagliato a spicchi e proseguite fino a che il riso sarà al dente.

A questo punto togliete dal fuoco e mantecate il risotto con il burro ed il formaggio grattugiato. Aggiustate di sale e spolverate il tutto con una macinata di pepe verde.

 

 

 

( Fonte monrealenews.it )

Roberto Gatti

Giudice degustatore ai Concorsi Enologici Mondiali più prestigiosi tra i quali: » Il Concours Mondial de Bruxelles che ad oggi ha raggiunto un numero di campioni esaminati di circa n. 9.080, dove partecipo da 13 edizioni ( da 9 in qualità di Presidente ); >>Commissario al Berliner Wine Trophy di Berlino >>Presidente di Giuria al Concorso Excellence Awards di Bucarest >>Giudice accreditato al Shanghai International Wine Challenge ed ai maggiori concorsi italiani.

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Roberto Gatti

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