Giulio Colomba apre il dibattito: «Dobbiamo scendere a 13». Vignaioli divisi fra export e tradizione. Princic (Collio): d’accordo, ma è un fattore legato alla qualità.
UDINE. Ma il vino, quello friulano s’intende, è preferito con un’alta gradazione alcolica o con una più modesta? Si sa che negli ultimi tempi i gusti dei consumatori si sono notevolmente evoluti e i concetti che, proprio in campo enologico, erano validi venti o anche dieci anni fa oggi sono completamente superati. E non valgono soltanto questioni salutistiche o etiche, ma anche legali, se pensiamo agli effetti eclatanti che ha avuto l’entrata in vigore dell’etilometro. Tanto che i consumi sono ovunque vistosamente calati.
Vini, dunque, marcatamente alcolici o più beverini? Il dibattito è aperto. Anzi, ce ne ha fornito il pretesto – avviando così una sorta di sondaggio anche fra i lettori, che siano produttori, tecnici o semplici consumatori poco importa – un intervento di Giulio Colomba, “anima” in Fvg di SLOW Food, l’organizzazione guidata dal vulcanico Carlin Petrini che qui si è fatta conoscere da una quindicina d’anni soprattutto con Superwhites, il progetto dedicato alla promozione in mezzo mondo dei nostri grandi e inimitibili bianchi.
E proprio di mercato e consumatori parla Colomba nel suo interessante contributo che pubblichiamo integralmente qui a fianco. «Diversi mercati, in particolare quelli esteri ma sempre più anche in Italia, rifiutano – osserva infatti – i vini con gradazioni superiori ai 13,5 punti percentuali. Che sia maturo il tempo per tornare a produrre vini più facili da bere, con minori pericoli per la salute e il PORTAFOGLIO?».
Un quesito di indubbio interesse, anche se quest’anno le avverse condizioni meteo hanno condizionato, e non poco, la vendemmia, tanto che l’Unione europea ha autorizzato un “robusto” arricchimento dei mosti. Lo abbiamo girato anche a ROBERT Princic, 38 anni, enotecnico, produttore di San Floriano e da un anno e mezzo presidente del Collio, il primo consorzio Doc del Vigneto Fvg che ha avuto per decenni come guida l’indimenticato conte Douglas Attems.
«È difficile – afferma Princic – prevedere quanto debba essere la gradazione di un vino, perché questa è dettata da molti fattori, legati alla natura, al sistema di allevamento, al contenimento delle rese, al clima e all’andamento atmosferico. Ogni annata ha una sua storia e quest’ultima, come tutti sappiamo, in modo particolare, perché luglio e agosto hanno riversato sui vigneti un’infinità di pioggia. Ciò che non si era verificato, per esempio, l’anno scorso o nel 2006, con stagioni molto asciutte e addirittura lungamente siccitose. Questi sono fattori variabili contro cui nulla possiamo, altrimenti anziché lavorare in un’azienda agricola saremmo in un’industria».
«Tuttavia – aggiunge il leader del Collio, zona pregiata e indubbiamente da sempre nota per le gradazioni elevate -, condivido il punto di VISTA di Colomba: gli eccessi sono comunque sbagliati. Il gusto è cambiato, ma va detto che fino a una decina di anni fa un vino non era considerato all’altezza se non aveva una consistente gradazione alcolica. Il mercato, pure evoluto perché appunto legato alle richieste, ricerca ancora vini di una buona alcolicità (dai 12,5 ai 14 gradi) perché conferisce al prodotto una certa complessità, morbidezza, rotondità.
Ma va detto che il consumatore certe volte si spaventa per quanto legge in etichetta: è una questione psicologica, anche perché pensa a quando, uscito dal ristorante o dall’enoteca, deve rimettersi al volante e tornare a CASA. Quindi, più che parlare di cultura del vino alcolico, bisogna semplicemente soffermarsi sul concetto di qualità. Perché – conclude Princic – producendo poco, come si fa oggi, si concentra tutto: tensione aromatica, zuccheri e quindi tenore alcolico. E quando l’annata è favorevole anche i gradi salgono.
( Fonte http://messaggeroveneto.gelocal.it/ )
Annotazioni a margine
Nell’articolo di cui sopra è bene spiegato, da parte del giovane viticoltore, quali e quante siano le variabili in funzione del grado alcolico finale !
Mi preme sottolineare un aspetto a mio avviso fondamentale, legato alla mia esperienza pluridecennale in materia :
ho degustato vini con 12 gr. che a fatica ho deglutito per la sensazione calorica e ” bruciante ” che trasmettevano ; mentre altri vini con 14,5/15 gr. erano piu’ bevibili e l’alcol non si avvertiva !
Quindi non è l’alcol in se e per se a dover essere demonizzato, ma l’equilibrio in senso lato del vino, ovvero deve essere armonico e piacevole da bere. Consiglio sempre di lasciare per ultima la lettura in retroetichetta del tenore alcolico.
Ricordo anche un articolo a tema, che ho scritto molti anni fa e riproposto nel 2013, ed a quanto ho letto sopra ancora attuale, dove riportavo ciò che ha affermato il grande Giacomo Tachis, enologo creatore del Sassicaia, del Turriga, della rinascita dei vini siciliani ecc., secondo il quale il tenore di alcol nel vino non è necessario da un punto di vista della percezione, ma unicamente per il raggiungimento dell’equilibrio ottimale, specialmente nei vini rossi !
Link : https://www.winetaste.it/il-difficile-equilibrio-nel-vino-rosso-3/
RG
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