Grandi i vini di Simone Scaletta, vigneron a Monforte d’Alba
Dire che il mondo dell’enogastronomia sia ormai popolato da furbi e furbetti che danno vita a un teatrino sempre meno edificante, immagino sia scontato. In nome del marketing i lupi si vestono da agnelli e parlano di territorio, di agricoltura e di valori intendendo però affari, business e tornaconto. In nome del marketing, pur di farsi notare, in barba alla (presunta) qualità di un prodotto si inventano etichette e nomi improbabili, se con triviali riferimenti è anche meglio.
Sempre meno contadini e gente vera, sempre più markettari disposti a tutto, pur di vendere?
Parrebbe di sì, o forse, e voglio crederlo, il fumo gettato negli occhi da chi non ha scrupoli e vuole essere ad ogni costo alla ribalta, è così denso da impedirci di vedere gli esempi positivi che ci sono stati, ci sono e, speriamo, ci saranno sempre.
Incontrare Simone Scaletta che da undici vendemmie produce vino a Monforte d’Alba mi ha messo allegria regalandomi la certezza che i poeti della terra esistono ancora, a dispetto di tutti i falsi profeti.
La sua storia sembra uscita da un romanzo e, probabilmente, se fosse un vigneron francese o americano, lo potrebbe diventare. Invece è in Piemonte dove tutto (o quasi) è discrezione e sono in pochi a conoscere le sue vicende.
Torinese, laureato in Scienze Politiche, una carriera in un settore totalmente diverso, una passione che non è riuscito a tenere a bada. Voleva fare il vino. Per questo si è trasferito in Langa e per imparare ha lavorato in diverse cantine con mansioni diverse di volta in volta e, alla fine, con enormi sacrifici, si è comprato delle vigne e del terreno per impiantarne di nuove.
E “enormi sacrifici” non è solo un modo di dire, perché per otto anni ha abitato in un camper. Tanto è stato il tempo che ci è voluto per produrre e vendere abbastanza vino da potersi costruire una casa. Ovviamente prima la cantina e poi la casa. Ora ci sono entrambe e c’è soprattutto il vino, solo ventimila bottiglie suddivise tra Dolcetto d’Alba, Barbera d’Alba, Nebbiolo d’Alba e Barolo, il cui denominatore comune è l’eleganza. Una qualità che, nel complesso e frastagliato panorama dei vini di Langa, lo ha fatto notare e apprezzare.
Eleganza, come si è detto, e anche equilibrio. Vini che affascinano e soprattutto che finiscono senza che ce ne si accorga. Compreso e soprattutto il Barolo Chirlet, il mio preferito, che si lascia bere senza mettere in soggezione, senza che si abbia l’impressione di dover meditare a ogni sorso. Un vino complesso, ma che ha il grande pregio di non essere pretenzioso, solo tanto tanto buono.
( Fonte TargatoCn )
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