Il cameriere, stizzito per una battuta sul vino, ha scritto una parolaccia sulla comanda elettronica. Che è stata stampata. I clienti: «Assurdo». L’assessore: «È una bravata»
Un’ottima cena, un servizio almeno apparentemente cordiale e attento, in un locale nel cuore della città antica che non smentisce le aspettative. E poi l’amara sorpresa, impressa nero su bianco sullo scontrino. Per una volta, però, a far sobbalzare dalla sorpresa, e dalla rabbia, i clienti non è l’importo del conto. Nessuna cifra salata, ma una parola – una parolaccia per meglio dire – di troppo e decisamente amara.
Nella ricevuta del conto, infatti, insieme all’elenco delle pietanze, dei coperti e delle bevande consumati, i clienti, sette persone tra imprenditori e impiegati di una ditta in provincia di Ancona e in città per la fiera Progetto Fuoco, si sono scoperti apostrofati in malo modo. Tra una tagliata di manzo ben cotta, tortelloni alla zucca e spaghetti allo scoglio, la ricevuta, e chi l’ha redatta, ha tenuto a connotare nel dettaglio i destinatari del vino. “Un Valpolicella per 7 str…”, si legge sullo scontrino. Venti euro e una buona dose d’insulti.
Lo spiacevole epilogo ad una serata «piacevole e cortese come sempre», spiegano i diretti interessati, è accaduto martedì sera. I malcapitati sono i titolari, padre e figlio, della Clementi Srl, azienda di Sassoferrato in provincia di Ancona che realizza stufe a pellet e forni a legna, e un gruppo di collaboratori e dipendenti. I Clementi sono in questi giorni in città per partecipare a Progetto Fuoco, dove hanno uno stand. E così, la sera prima del primo giorno di Fiera dall’hotel Trieste di Corso Porta Nuova in cui alloggiano hanno fatto due passi fino in piazza Bra per mangiare. «In questo locale sul Liston ci siamo sempre trovati benissimo e lo consideravamo un po’ il nostro portafortuna», spiega Morgan Clementi, che tra l’altro è anche presidente del comprensorio fabrianese di Confindustria Ancona. Cenare sul Liston con lo sguardo rivolto all’Arena e ai giardini della Bra, alla vigilia del via ai lavori in fiera, era insomma un rito abituale e scaramantico.
Le portate, in effetti, non deludono le aspettive. Ma la bella parentesi si chiude d’improvviso non appena Clementi butta l’occhio sulla fattura. E legge la parolaccia.
«Ho ironicamente rigraziato per gli str… Hanno bofonchiato qualche parola di scuse ma non più di tanto. Hanno tentato di minimizzare la questione, dicendo che era una bravata tra camerieri, assolutamente non rivolta a noi. E che comunque non c’era il titolare», spiega Clementi. «Ma il fatto rimane di una gravità inaudita. Posso capire lo scherzo. Ma qui si tratta di un documento ufficiale: è assurdo».
«Al momento delle ordinazioni, abbiamo fatto una battuta al cameriere chiedendo di servirci il vino migliore che la cantina avesse da offrire, salvo poi correggerci subito optando per una buona ma non esosa bottiglia di Valpolicella. Tutto qui, nulla più», riepiloga Clementi. Tanto poco, però, è evidentemente bastato a far scattare i nervi del cameriere in servizio che sulla comanda diretta al bar ha scandito l’insulto, ripreso poi sulla fattura. Corresponsabile dell’accaduto è, molto probabilmente, il sistema informatizzato per prendere e mandare le comande direttamente dai palmari al bar e al computer che gestisce – e stampa – i conti.
E se tra i commensali malamente apostrofati, c’è anche chi ha minimizzato con un sorriso. «Mio padre che ha ovviamente un’altra età, non ha dormito tutta notte ripensando all’offesa subita. E questo non è giusto», spiega Clementi che ora ha intenzione di non lasciar cadere la vicenda nel nulla ma di rivolgersi a Federconsumatori. «Torno spesso a Verona per lavoro e non solo. E’ una città deliziosa e molto ospitale dove ho conoscenti e colleghi capaci e colpisce che questo sia capitato proprio qui», concludono.
«Un episodio isolato che di sicuro non riflette o intacca la capacità di accoglienza ed ospitalità del territorio», commenta l’assessore provinciale al Turismo Ruggero Pozzani. «Fatti del genere, per quanto spiacevoli, non sono certo la norma ma casi isolati: anzi, probabilmente unico», spiega Pozzani che tiene sottolineare la professionalità degli imprenditori e tende a minimizzare l’accaduto, etichettandolo come una leggerezza priva di conseguenze.
«Nello specifico, tra l’altro, ritengo che si tratti di un fattaccio che esula dalla volontà di chi gestisce il locale. Più probabile che sia stata una bravata o una leggerezza di un lavoratore, magari del cameriere, a causare il tutto», riflette Pozzani. «La nostra città si dimostra sempre molto ospitale».
( Fonte L’Arena )