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Monsieur Champagne


Paul-Franois Vranken un mito tra i viticoltori. In dieci anni ha ridato lustro al marchio Pommery. Lo abbiamo incontrato



A trenta metri sottoterra, guardando sopra la testa la cupola panciuta che si assottiglia verso la piccola botola illuminata dal sole, ci si figura di poter risalire in superficie attraverso quel gigante collo di bottiglia, esplosi dalla forza misteriosa che respira l sotto.Il pozzo – uno dei tanti – stato scavato nel profondo strato di gesso dai romani, poi a met Ottocento madame Louise ha messo in comunicazione le cave con una rete di gallerie e ne ha fatto il ventre materno in cui far maturare il suo champagne, il Pommery.

L’astuta vedova, il cui ritratto in gramaglie campeggia all’imbocco delle cantine, appare trasfigurata in una sinuosa fanciulla liberty sull’etichetta della Cuve Louise, il prodotto pi pregiato della maison, 150 euro a bottiglia: celebrazione meritata, visto che ha inventato il “brut” per far contenti gli inglesi ed stato un successo planetario, e ha fondato un’impresa che sfida il tempo. Eppureuna diecina d’anni fa Pommery era nel punto pi basso della storia: vendite dimezzate, immagine appannata. Surclassato dall’altra vedova, Veuve Cliquot, che la strategia commerciale di Lvmh, la maison del lusso proprietaria di entrambi i marchi, aveva deciso di privilegiare. a quel punto cheentrano in campo i Vranken.

Lui, Paul-Franois, un Grard Depardieu ambizioso e bon vivant; lei, Nathalie, una Catherine Deneuve dallo chignon biondo e molta concretezza. In quel di Reims ci sono gi, ma con uno champagne di minor prestigio. Fanno un’offerta (mai rivelata) al patron di Lvmh Bernard Arnault, ecomprano a scatola chiusa.
“La prima cosa che abbiamo fatto stato camminare per nove ore per conoscere tutta la propriet”, dice Nathalie Vranken: 55 ettari tra vigneti e fabbricati, come dire a Parigi les Tuileries, place de la Concorde e gli Champs-Elyses messi insieme.Oggi la maison, che nel 2011 compie 175 anni, di nuovo in grande spolvero.

EPaul-Franois pu vantarsi: “Dal 1974 mi riuscito tutto: non mi sono mai sbagliato nella vita d’impresa”. Una spacconata, se non fosse che monsieur Vranken, belga trapiantato, da dipendente di un commerciante di vini oggi diventato il pi grande vigneron d’Europa. Dal pallino per lo champagne passato a quello per i vini portoghesi (nella valle del Douro), a quelli di Provenza, a quelli della Camargue: totale, oltre 7 mila ettari sotto il suo controllo e un fatturato di 364,4 milioni di euro nel 2010, per il 75 per cento dovuti allo champagne.

Nel 1996, la decisione di andare in Borsa (“Per ottenere i fondi necessari a rilevare Heidsieck Monopole”, altra casa storica, fondata nel 1785), conquistando 10 mila azionisti ma tenendosi ben stretto il 75 per cento del capitale, come ben stretta si tiene lacollezione di 300 mila bottiglie antiche, tutti i pi grandi millsimes del mondo, che consentirebbero un’esperienza straordinaria per gli enologi, cio una “trasversale” dello champagne, tante bottiglie diverse in crescendo ma dello stesso anno. Collezione stimata sui 100 milioni di euro e per la quale stata restaurata e allestita la grande cantina della Villa Demoiselle a Reims, un gioiello art nouveau non lontana dalla cattedrale dove venivano incoronati i re di Francia, e che festeggia i suoi 800 anni.

Ma la vita, nella Champagne, fatta innanzitutto di cura continua della vigna. E questo un mestiere da professionisti. Cos, “l’uomo che parla ai grappoli” che scruta ogni mattina la vita delle piante, lo “chef de cave” Thierry Gasco, l’enologo capo che seleziona le vigne che meritano di produrre la Cuve Louise, e che a fine maggio sta in trepidazione finch non capisce dai fiori come sar il raccolto, fotografa e invia sul cellulare quell’incerto grappolo in transizione a Vranken, messaggio del nuovo Pommery in cammino.

Non che si possa produrre quanto si vuole: “La regione ha le sue regole, autonome e severissime, che servono per vendere sempre tutto quello che si produce, e per garantire a tutti i protagonisti, da chi lavora la vigna a chi lavora in cantina, il giusto profitto”, spiega Vranken. I vignerons sono 17 mila, le famiglie padrone delle maison non pi di dieci, per cento etichette diverse. ” per questo che la regione si data una specie di suo Parlamento: 12 persone, tra cui oggi anche io, che da anni decidono come ripartire la ricchezza dello champagne, cio gli utili dell’attivit: pi o meno il 62 per cento alle maison e il resto ai vignerons”, chiarisce Paul-Franois. “Una specie di Opec”, insomma, scherza Nathalie.


E in effetti n lo Stato francese n Bruxelles mettono becco su questo sistema di protezione del marchio e dei profitti basato sulla quantit prodotta, che permette di controllare il prezzo e di non avere mai nulla di invenduto. Il prossimo 12 luglio il comitato esecutivo dei produttori si riunir per fare il bilancio sull’anno passato e decidere il rapporto tra stock e bottiglie messe sul mercato.

Come va il trend?
” vero che rispetto alla frenata di un anno e mezzo fa il mercato si ripreso, ma non vedo un grande entusiasmo”, anticipa Nathalie. Eppure le vendite crescono.
Ma i grandi consumatori restano in patria: su 320 milioni di bottiglie circa, 185 si stappano in Francia, tre a testa contro poco pi di una bottiglia ogni dieci persone da noi.

vero per che noi, in Italia, abbiamo una nostra tradizione di ottimi vini con le bollicine.
“Certo”, osservano i Vranken, “ed proprio questo che rende l’Italia interessante: per voi importante quello che c’ nel bicchiere, e date importanza al “savoir faire””.

E il nostro limite?
“La regionalizzazione molto spinta dei prodotti: in ogni area del Paese si tende a consumare il vino locale. Da voi molto pi importante il “vignoble”, il tipo di vigneto, piuttosto che il produttore”.

Risultato, anche se noi annunciamo trionfalmente di aver superato la Francia come produttori di vino, resta la nostra debolezza commerciale: “Nel mio portafoglio non pu funzionare un vino italiano, perch se volessimo venderlo i nostri agenti avrebbero difficolt a imporre un vino campano in Veneto”, dice madame. Che segnala un altro nostro limite: quello di non offrire un giusto set – una mostra, un evento – da abbinare all’immagine del suo Pommery, che lei ha voluto legare soprattutto all’arte contemporanea.

Nelle cantine di Reims, infatti, hanno trovato il loro habitat opere d’arte luminose, istallazioni gigantesche che riempiono in modo sorprendente il labirinto a dieci gradi di temperatura e 90 per cento di umidit, firmate da artisti di ogni Paese. La prossima mostra – prevista per l’autunno – si ispira alle macchine sonore, e Thierry Gasco gi in allerta: tocca a lui difendere le cave dal rumore eccessivo che potrebbe disturbare il sonno prezioso dei 25 milioni di bottiglie di Pommery nel ventre di gesso. Non c’ dubbio che ci riuscir.


( Fonte Espresso-Repubblica )