Il grido d’allarme è stato lanciato da una voce autorevole, quella di Mario Fregoni, ordinario di viticoltura dell’Università Cattolica di Piacenza.
( Asprinio di Aversa, la vite ” maritata ” )
E dalla stessa voce è giunta anche la proposta per correre ai ripari, subito fatta propria dall’associazione delle Città del Vino, i cui ambasciatori fino a oggi sono ospiti in terra sannita per la rituale convention. La viticoltura del Mediterraneo – le dichiarazioni le riprendiamo così come riportato dall’articolo di Paolo Corbini sul sito delle ‘città del Vino’ – rischia di scomparire, nel corso del tempo, a causa dei cambiamenti climatici: per salvarla occorre sviluppare la ricerca e lo studio che valorizzino quei vitigni che meglio di altri sapranno adattarsi a questi cambiamenti”. Questo il monito lanciato da Fregoni in apertura del primo incontro della convention, incentrato sul tema ‘Vino e Territorio’. La proposta lanciata da Fregoni è stata quella di istituire un “centro di ricerca che dovrebbe avere il contributo di tutti e 22 i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo e, sotto l’egida delle Città del Vino, dovrebbe aiutare a proteggere e valorizzare la viticoltura mediterranea perché con la sua futura scomparsa non perderemmo solo qualità di uve e tipologie di vini, ma perderemmo saperi, culture, paesaggi, tradizioni. Questo centro dovrebbe interessare soprattutto le regioni del Mezzogiorno che sono le più interessate al problema”. Una proposta, come detto, fatta subito propria da Città del Vino, anche perchè il monito di Fregoni – come sottolinea lo stesso Corbini – nasce da numeri ben precisi. Da quelli dell’Organizzazione internazionale della vite e del vino (Oiv): nell’area del Mediterraneo si coltivano circa 4 milioni di ettari di vigne sui 7,5 milioni coltivati in tutto il mondo. Ma questo patrimonio si va gradualmente dissipando. Uno scenario che contraddistingue anche l’Italia, come ben appare dalle cifre diffuse nel giugno scorso dal ‘Corriere Vinicolo’, l’organo di informazione dell’Unione italiana vini (Uiv). Secondo questi dati nel 2012 il nostro Paese è sceso ad una superficie coltivata a vite di 655.000 ettari: 9.000 in meno rispetto al 2011, 138.000 rispetto al 2000, quando si coltivavano circa 790.000 ettari a vigna. E lo stesso Fregoni è partito da questo dato che supera di poco i 650.000 ettari per sottolineare che poco più di un secolo addietro nel nostro Paese gli ettari coltivati erano di circa tre milioni e mezzo. Certo, ad incidere su queste cifre corrispondono anche i nuovi stili alimentari, visto che in Italia si beve sempre meno e che il mercato è retto soprattutto dall’export. Ma l’allarme consiste nel fatto che la perdita di vigne si traduce nella perdita di valori legati al territorio, alle varietà, al modo di allevare la vite (si pensi, ad esempio, alla coltivazione dell’asprinio con il sistema dell’alberata nella vicina campagna aversana,praticamente ridotta solo a qualche stretto fazzoletto di terreno). Le Città del Vino in prima linea, dunque, per questa battaglia di difesa. Una battaglia agricola, ma anche storico-culturale. Una convinzione che va facendosi sempre più forte, anche grazie a queste intense giornate di riflessioni nello scenario guardiese.
( Fonte benevento.ottopagine.net )
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