CHIETI – I suoi vigneti si estendono su oltre 300 ettari di terreno sparsi nelle 4 province abruzzesi e coprono i mercati di 53 Paesi nel mondo.
L’azienda vinicola Masciarelli dà lustro alla regione da oltre 30 anni con le sue eccellenze di Montepulciano e Trebbiano, nate dall’amore per il vino del suo storico fondatore Gianni: una passione ereditata da sua moglie Marina Cvetic, l’abruzzese di Belgrado, diventata, a soli 20 anni, direttore commerciale dell’azienda che guida oggi.
Madre di tre figli, la ‘signora del vino’, si racconta ad AbruzzoWeb, ripercorrendo la storia della casa vinicola fondata nel 1981 da suo marito, scomparso da qualche anno: una macchina del gusto nata dalla passione di Gianni che oggi conta circa 70 dipendenti e una guida tutta al femminile.
“L’80% dei manager della mia azienda che si occupano di finanza ed export è costituito da donne – afferma la Cvetic – Ho molta fiducia in loro e credo che l’apporto femminile in un’azienda, come in tanti altri settori, sia fondamentale”.
Un team di professionisti, quello della prestigiosa casa vinicola abruzzese, dal settore dirigenziale a quello della distribuzione, passando per il marketing e la vendita, nel quale gli individualismi ”non esistono”.
“Abbiamo da sempre puntato al lavoro di team che è quello vincente – specifica la Cvectic – Il gruppo è fondamentale in un’azienda, nella quale gli individualismi diventano un elemento di disturbo. Si lavora tutti insieme per lo stesso obiettivo”.
L’agricoltura resta da sempre il “volano” della regione, secondo l’imprenditrice, che ha fatto propri i valori di suo marito, convinto sostenitore che le radici della terra abruzzese fossero legate al settore primario, vero motore dell’economia.
“Una nazione che non investe sull’agricoltura non ha senso di esistere, diceva mio marito – commenta la Cvetic – Ma c’è bisogno che il governo ci dia fiducia e stimoli per poter andare avanti. Si deve valorizzare il made in Italy con progetti a lungo termine creando delle macroregioni. Gli individualismi non portano lontano”.
Lei è una donna a capo di una grande azienda. Ha trovato difficoltà in un settore tipicamente maschile?
Gli ostacoli purtroppo ci sono in tutto il mondo e in tutti i settori, perché siamo ancora troppo legati a stereotipi e pregiudizi cementati nei secoli. Bisogna superare questa visione limitante della donna, che deve invece sapersi far apprezzare e imporre con le sue qualità e capacità di scelta.
Qual è il valore aggiunto delle donne?
Come per l’arte del tombolo, tipicamente femminile, la pazienza di sapere intessere i propri progetti. L’arte del tombolo, infatti, è tipicamente femminile. Allo stesso modo, in tutti i settori della società, le professionalità e i talenti in rosa hanno la pazienza di quell’incredibile ricamo, applicata ai propri progetti e obiettivi.
Quali sono stati gli insegnamenti di suo marito?
Ho avuto la fortuna di avere a financo un grande uomo, geniale e visionario. Amava la sua terra e più di tutto l’agricoltura, convinto che sarebbe stata fondamentale nello sviluppo del Paese. Ero giovanissima quando sono diventata direttore commerciale e ho avuto la fortuna, come spesso succede nelle piccole e medie imprese, di fondere l’amore con il lavoro. Mio marito è stato un mentore e una guida.
( la cantina a Villa Gemma )
Quanto è difficile fare impresa in una regione come l’Abruzzo rispetto a quelle del Nord Italia?
Molto difficile, perché manca la fiducia della nazione negli imprenditori e viceversa. Il governo dovrebbe attuare politiche a tutela delle aziende e del made in Italy, soprattutto in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo, con strategie lungimiranti condivise da macro-aree di regioni unite. Abbiamo bisogno di un Paese determinato nel quale non ci spazio per individualismi privati o regionali, ma dove l’imprenditoria faccia squadra. Bisogna condividere una visione del futuro a lungo termine. Saranno poi le prossime generazioni a raccoglierne i frutti.
Qual è la ricetta della sua azienda per superare la crisi?
Cercare nuovi mercati. Ci sono Paesi in crescita che danno grandi possibilità ai prodotti del made in Italy. L’agrifood è forte all’estero. Ci dobbiamo ritenere fortunati in questo perché rappresentiamo un brand che ha una percezione di qualità molto alta. Stiamo beneficiando degli anni ‘70 -‘80 e siamo i figli di questa rivoluzione di qualità. Adesso bisogna reinterpretare tutto questo con squadre creative per affrontare la crisi, con la condivisione di progetti nuovi su aree nuove, come l’Asia per esempio.
Oltre all’Asia, in quali paesi i vini abruzzesi vanno per la maggiore?
Sicuramente in Nord Europa, in Germania e negli Stati Uniti, ma stiamo investendo anche in quelli dell’Est Europa dove c’è stata una fortissima crescita.
In Italia la crisi si è abbattuta anche sul settore vinicolo?
Certamente. C’è stato un calo dei consumi di oltre il 6%, ma gli imprenditori del vino, sia individualmente sia con l’aiuto di consorzi e associazioni, si sono mossi per tempo all’estero e questo ha dato buoni risultati. L’asse si è spostato fuori dall’Italia, dove comunque i mercati più rigogliosi restano quelli delle grandi città come Roma e Milano.
La concorrenza straniera sui mercati del vino si fa sempre più forte. Quali sono i nuovi vini che vi danno battaglia?
A livello internazionale c’è molta competitività: oggi i nuovi “Paesi del futuro” come il Brasile, gli Usa, la Cina e l’Australia, producono vini. Molti paesi dell’America del Sud adottano misure protezionistiche per le proprie uve con tassazioni altissime sui vini europei. Qui per noi le cose in futuro potrebbero essere più difficili.
Quanto è dura conciliare ruolo di madre e imprenditrice?
Non è facile essere madre di 3 figli e a capo di un’azienda. Per me è una sfida quotidiana costante: sono una sorta di equilibrista. Bisogna avere una capacità realistica di affrontare i problemi e di trovare le soluzioni: piedi per terra e tanta pazienza sono la ricetta per fare tutto. Una mamma è una guida, come per l’azienda. I miei figli hanno 24, 14 e 6 anni. Sono tre generazioni a cui bisogna parlare con tre differenti linguaggi.
Quale vino consiglierebbe per una cena importante?
Per una cena di lavoro un Villa Gemma rosso 2005, mentre per una cena d’amore un Montepulciano Marina Cvetic 2010.
Quale secondo lei è il miglior abbinamento vino-cibo?
Siamo molto umorali e mangiamo in base al nostro umore. Credo che debba essere la curiosità a guidarci nella vita, come a tavola, a seconda di come ci sentiamo. Quindi si può azzardare a tavola e provare abbinamenti nuovi, anche sconosciuti.
Suo marito le ha dedicato una linea di 5 vini. Un grande gesto di amore…
L’amore per mio marito e per la mia azienda mi hanno portato ad avere quello che ho oggi. Con l’amore si supera tutto, sia in famiglia che nel lavoro:l’amore è il vero motore che fa girare il mondo.
( Fonte Abruzzoweb )