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La vitienologia salentina : quale futuro ?

Ricevo queste considerazioni di un giovane enologo salentino e le condivido volentieri con gli appassionati cultori della materia enologica e rurale nel suo insieme !

Buona lettura

Roberto Gatti

 

 

Il settore sta attraversando un momento topico. A noi esperti sta raccogliere la sfida e portare il testimone in acque sicure.

di Teodosio D’Apolito

 

LA’ DOVE C’ERA L’ERBA…

Chi percorre frequentemente la strada che da Torre Santa Susanna conduce verso la Masseria Santoria da circa venti anni a questa parte, come il sottoscritto, si sarà accorto, e potrà testimoniare senza tema di smentita, che il paesaggio che scorre ai margini della lingua d’asfalto stradale è radicalmente cambiato col tempo. Le colture che un tempo verdeggiavano rigogliose, cariche a seconda del periodo di turgido frutto, hanno ceduto il posto, più o meno velocemente, a sterpaglie e abbandono. E coloro che non hanno mai avuto la possibilità di percorrere la suddetta strada, non se ne abbiano a male: anche quest’ultimi infatti potranno dire di essere testimoni della trasformazione radicale che il paesaggio rurale ha subito semplicemente guardandosi intorno uscendo appena dalle periferie dei nostri paesi o semplicemente rivisitando una campagna in cui da bambini giocavano e che oggi sicuramente faranno fatica a riconoscere perché tanto cambiata.

Chi di noi ha avuto anche un fugace rapporto, anche solo ludico, con il mondo rurale è quindi testimone di un cambiamento che questo mondo ha avuto e potrebbe portarci un esempio di come ciò sia avvenuto. Quanti sono oggi gli appezzamenti in cui una volta si piantumavano e crescevano ortaggi ed in cui ora non c’è che terra brulla e piante spontanee rinsecchite? Là dove c’era una coltivazione ora c’è… o meglio non c’è proprio nulla. A chiunque viene in mente la famosa via Gluck portata alla ribalta nazionale in quanto soggetto di una famosa canzone. Erano gli anni settanta ed in quella canzone Celentano cantava di un prato sottratto alla collettività per costruire un palazzo. Potremmo fare noi oggi, a distanza di quasi cinquant’anni, la stessa asserzione ma nel nostro caso le cose stanno ancora peggio. Si perché nel caso della via Gluck ad una cosa che veniva eliminata (un prato) un’altra cosa veniva creata (un palazzo, delle abitazioni per tante persone). Nel nostro caso assistiamo solamente alla prima parte dell’evento, cioè alla distruzione senza che ne corrisponda una creazione. Gli oliveti, i campi di ortaggi sono stati distrutti e al loro posto adesso regna abbandono e desolazione.

 

LA MODIFICA DELLO SPAZIO RURALE

Lo spazio rurale, che occupa la zona intermedia fra le aree urbanizzate e quelle naturali è, nel caso dell’Italia, la parte di gran lunga più estesa del territorio nazionale ma anche la parte più vulnerabile per quanto riguarda il paesaggio. Mentre la tutela dei centri storici e la protezione delle aree naturali sono principi consolidati ormai da tempo, non solo nella cultura delle genti ma anche nel quadro normativo nazionale, la salvaguardia dei paesaggi rurali non si è ancora affermata nella legislazione e neanche nell’opinione pubblica. La spinta tecnologica, avente l’obiettivo di allevare colture più remunerative e la dismissione delle pratiche agricole tradizionali, oltre che la tendenza all’abbandono delle aree marginali sono ancora largamente percepite come accettabili (se non auspicabili) dinamiche di modernizzazione e di sviluppo economico, nonostante i costi che esse generano per la collettività, non solo in termini di perdita di diversità culturale, ma anche di biodiversità.

Queste dinamiche abbracciano una enorme quantità di aspetti sociali, economici, demografici, culturali strettamente interconnessi tra loro a costituire sistemi di causa/effetto che si riflettono nella vita e nel benessere delle persone di oggi e di domani.

In particolare il binomio “paesaggio e patrimonio culturale” è tanto vivo quanto forte particolarmente in un paese come l’Italia che porta con se in eredità una grande ricchezza di opere d’arte siano esse antropiche ma soprattutto naturalistiche dalle città alle campagne. Si tratta di un patrimonio che ha fondato e caratterizza l’identità nazionale ma che si stenta ad apprezzare e a custodire nonostante sia riconosciuto in tutto il mondo per la sua unicità. Questa forma di lassismo che preclude ai cittadini di oggi e alle generazioni future la conoscenza e la capacità di apprezzare la storia e la bellezza, mal si concilia con l’articolo 9 della Costituzione della Repubblica italiana che pure tra i suoi principi fondamentali inserisce la necessità di tutelare il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione.

 

UN LUME DI SPERANZA

Recentemente sembra si stia verificando una inversione di tendenza. Non tanto perché sta germogliando nelle coscienze un seme nuovo e una aumentata sensibilità agli aspetti di salvaguardia ambientale e tutela del paesaggio rurale quanto perché si è palesata una nuova opportunità di business in agricoltura e soprattutto nella viticoltura. L’attuazione degli indirizzi generali del piano di sviluppo nazionale (PSN) si sta infatti realizzando nei programmi di sviluppo rurale regionali (PSR), nell’ambito dei quali le Regioni possono attivare le misure che ritengono più opportune per conseguire gli obiettivi stabiliti in tema di ammodernamento tecnologico e impiantistico in agricoltura promuovendo ancorchè politiche di accorciamento della filiera. La regione Puglia, seppur in ritardo con il ruolino di marcia imposto dalla UE, ha emanato diversi bandi al fine di attuare questa trasformazione in agricoltura. Molti giovani stanno così avendo la possibilità di investire nel settore primario. Questa nuova generazione coprirà quindi quel vuoto lasciato dalla precedente che ha invece creduto negli anni ’70 e ’80 alla industrializzazione anche come riscatto sociale a discapito del settore primario.

IL FENOMENO PRIMITIVO

Qual è stata la scintilla che ha portato il Primitivo ad essere riconosciuto come uno dei migliori vini in ambito mondiale? La storia si perde lontano a diversi fa. Di certo non sono state le aziende pugliesi che hanno fatto conoscere questo vitigno ai mercati internazionali. Queste aziende infatti solo da poco tempo si stanno togliendo di dosso il torpore che li ha visti sonnecchiare commercialmente mentre le prime aziende imbottigliatrici del nord Italia, in tempi non sospetti, già andavano alla conquista dei mercati internazionali. La Puglia, questo si sa, ha da sempre avuto il ruolo, marginale agli occhi del Mondo, di fornitore di vini sfusi. Quando si è capito che il Primitivo, da solo, per le sue caratteristiche organolettiche, poteva soddisfare le richieste dei più disparati consumatori del mondo, si è scatenata la bagarre: prima tra le aziende imbottigliatrici che, avendo in mano il mercato, si sono rincorse a suon di bottiglie di Primitivo nel Mondo, e poi tra le aziende pugliesi che hanno voluto intraprendere la strada dell’autonomia. Per farlo a tutt’oggi, hanno bisogno oltre che di tecnologia, soprattutto di know how. Ecco che abbiamo festeggiato da poco il ritorno in Puglia del corso di laurea in Viticoltura ed Enologia, ecco che sono fiorite professionalità nel mondo del marketing, della comunicazione ecc..

Insomma una nuova alba sta spuntando oltre le colline. Una nuova possibilità di riscatto socio/economico che questa volta dobbiamo saper sfruttare e non lasciarla passare come tante volte è successo, ma questa è un’altra storia. La nuova sfida è ritornare alla terra, ricostruire e tutelare un nuovo paesaggio rurale che sia sostenibile, avere fiducia nella nostre possibilità, aprirci al mondo e, con la giusta professionalità, affrontare le sfide del mercato. Ecco quale sarà il nostro futuro.

 

L’Autore

Acquisisce la passione per la viticoltura e l’enologia già da bambino, seguendo nel vigneto il padre, viticoltore da tre generazioni. Decide sin da subito che quello sarà il suo futuro e da grande intraprende tale carriera professionale. Frequenta infatti prima l’istituto tecnico Agrario di Lecce, dove si diploma con il massimo dei voti e successivamente il corso di Viticoltura ed Enologia dell’Università di Pisa, dove si laurea con lode. Neo laureato rifiuta un prestigioso incarico in un’importante azienda Toscana per poter tornare nella sua regione d’origine, la Puglia, e dedicarsi ai vini del suo territorio. Negli anni collabora con le più importanti aziende vitivinicole della regione divenendo in breve tempo enologo consulente. I suoi vini riscuotono successo nelle più importanti competizioni internazionali e nelle guide di settore.

 

 

Roberto Gatti

Giudice degustatore ai Concorsi Enologici Mondiali più prestigiosi tra i quali: » Il Concours Mondial de Bruxelles che ad oggi ha raggiunto un numero di campioni esaminati di circa n. 9.080, dove partecipo da 13 edizioni ( da 9 in qualità di Presidente ); >>Commissario al Berliner Wine Trophy di Berlino >>Presidente di Giuria al Concorso Excellence Awards di Bucarest >>Giudice accreditato al Shanghai International Wine Challenge ed ai maggiori concorsi italiani.

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