Una volta la Sardegna era tutto, meno che una grande regione del vino. Oggi quando entri in un ristorante la Sardegna c’è, grazie alla qualità del territorio, alla tipicità del prodotto e al talento dei produttori.
Poi c’erano i piacevoli bianchi e spumanti di Sella e Mosca. Fine.
Oggi quando entri in un ristorante con qualche ambizione, lì davanti, a dirti, ehi, guarda che non sei mica in una pizzeria, assieme al Tignanello, al Sassicaia, al Bricco dell’Uccellone, quasi sempre compare il Turriga, strepitosa cuvée rossa di Argiolas, tre bicchieri per dieci anni di fila.
Poi, nella lista, Capichera, Mantènghja, Terre Brune, Buio Buio… la Sardegna c’è. Non per moda, per pieno diritto, un diritto che poggia su tre basi essenziali: qualità del territorio, tipicità del prodotto, talento dei produttori.
Sul territorio c’è poco da dire: i requisiti necessari a coltivare ottima uva sono presenti in più zone dell’isola: molti giorni di sole, buona escursione termica, pendenza dei crinali, permeabilità del suolo.
Quanto alla tipicità, siamo su un’isola, nemmeno tanto vicina al continente, e questo ha consentito ad alcuni tesori naturali di rimanere o diventare, attraverso un’evoluzione appartata e quindi autonoma, del tutto originali.
Fra i primi c’è proprio il cannonau, che si riteneva importato dalla Spagna, finché non sono stati rinvenuti, sull’isola, vinaccioli di ben 3.200 anni fa!
Importati e fatti propri sono invece gli altri due vitigni tipici: il carignano, rosso, e il vermentino, bianco aromatico di origine iberica che, innestato nel’irripetibile terroir di Gallura e lavorato dalle mani nuove dei vignaiuoli sardi, ha acquisito caratteri imprevedibili e stupefacenti.
Il carignano approdò in Sulcis su lance fenicie, e da secoli è coltivato, con nomi diversi, in tante lande europee affacciate al nostro mare. Ma voi provate le sue interpretazioni a cura di Argiolas (Terre Brune), Capichera (Mantèghja) e Mesa (Buio Buio) e scoprirete un equilibrio fra stoffa e morbidezza di cui raramente avete goduto.
Al talento dei produttori abbiamo accennato cammin facendo. Ma vorremmo chiudere in loro onore. Anni fa, per compiere il salto, i più illuminati vignaiuoli sardi non esitarono a chiamare sull’isola alcuni tra i più celebri maestri dell’enologia nazionale. E, si sa: la grandezza germoglia subito, sui tralci forti dell’umiltà.
( Fonte Il Giornale )
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