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La storia del vigneto ad alta quota sulle Apuane: è il più alto della Toscana

Il sogno realizzato di Andrea Elmi e Marco Raffaelli, dell’azienda Maestà della Formica: «In alta quota più difficile usare macchinari e il vino viene più leggero»

 

 

Dal mare della Versilia alle vette montane della Garfagnana, in cerca di un sogno iniziato sui banchi dell’Università: produrre vino di qualità ad alta quota, in zone a volte disagiate e non certo semplici in cui lavorare. Quel sogno ha preso forma e si chiama Maestà della Formica, azienda agricola “firmata” da Andrea Elmi e Marco Raffaelli capace di produrre oggi circa 15 mila bottiglie di vino di 6 etichette diverse, 3 di “rossi” e altrettante di “bianchi”. E di vantare il primato di vigneto di Riesling più alto della Toscana.

Prima amici e poi imprenditori, entrambi provenienti dalla costa: Andrea è di Viareggio e Marco di Capezzano Pianore, frazione di Camaiore. Con ruoli ben distinti all’interno dell’azienda: Marco si occupa della parte agronomica, ovvero sia della gestione delle vigne; ad Andrea invece spetta la parte commerciale e di marketing. «Il nostro – racconta quest’ultimo – è un progetto di cui parlavamo già ai tempi dell’Università, ma all’epoca ci sembrava poco più di un sogno. Nel frattempo avevamo intrapreso strade professionali diverse, ma nel 2012 ci siamo ritrovati ad una cena a Vinitaly e parlando fra noi tutto si è rimesso in moto. Abbiamo iniziato a girare diverse località delle Apuane, di cui ammiravamo da sempre la maestosità dalla nostra costa, e alla fine ci siamo innamorati di un appezzamento a Careggine, in Garfagnana, acquistandolo nel 2013».

 

I due amici decidono entrambi di licenziarsi dai loro rispettivi lavori e di creare una nuova società: «Sapevamo – aggiunge Elmi – che sarebbe stato un percorso lungo quello per arrivare alla produzione e commercializzazione del vino, ragion per cui siamo partiti arrangiandoci con altre attività. Abbiamo quindi iniziato a produrre frutti di bosco, erbe e conserve, collaborando con i ristoranti della zona e affiancandoci l’apertura di un agriturismo».

 

 

Nel 2018, finalmente, arriva la prima annata di vino “made in Maestà”, commercializzata poi nel 2020: 800 bottiglie e 2 etichette di rosso in tutto.

Ma è solo l’inizio: da lì un crescendo inarrestabile per i due imprenditori, che oggi mettono sul mercato 15 mila bottiglie all’anno, con richieste di acquisto che arrivano da tutto il mondo: dagli Stati Uniti al Messico, sino al Giappone. «La Garfagnana – spiega ancora Andrea Elmi – è una terra per molti versi ideale per le vigne, al cui interno è possibile creare molte varietà di vino. Nel tempo ci siamo espansi e oggi contiamo 9 appezzamenti suddivisi su 5 comuni: oltre a Careggine ci sono Gallicano, Castelnuovo Garfagnana, Camporgiano e Molazzana. Territori che oscillano da un’altitudine minima di 300 metri ad una massima di 1050».

Certo, non è tutto oro quello che luccica e in montagna le difficoltà non mancano: «E’ vero – conferma Elmi -, i ripidi pendii spesso impediscono l’utilizzo di impianti meccanici, usati normalmente su terreni pianeggianti e capaci di velocizzare notevolmente i ritmi lavorativi. Ma a noi sta bene così, anche perché uno dei punti cardine della nostra attività è il rispetto dell’ambiente e della eco sostenibilità. Poi c’è da prestare attenzione alle “incursioni” della fauna selvatica: cinghiali, caprioli e uccelli soprattutto. Ogni anno spendiamo circa 10 mila euro per posizionare reti a protezione dell’uva, che altrimenti verrebbe mangiata tutta o quasi. E poi ci sono gli eventi meteo estremi, sempre più frequenti, oltre a difficoltà maggiori rispetto ad altre realtà nel reperire manodopera qualificata».

E i vantaggi del vino in altura allora quali sono? «Sul mercato odierno – racconta ancora uno dei due soci della Maestà della Formica – è aumentata fortemente la richiesta di vini più eleganti e raffinati, dalla gradazione più bassa rispetto a quanto avveniva qualche anno fa. Parliamo di prodotti difficilmente realizzabili ad alte temperature: i nostri bianchi ad esempio partono da 10,5 gradi, i rossi da 11». «A questo – termina Elmi – si unisce la bellezza unica dei luoghi in cui lavoriamo: i nostri vini, insomma, portano con sé una storia da raccontare che affascina molto, soprattutto gli acquirenti stranieri».

 

( Fonte Corrierefiorentino )