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La rinascita del vino italiano

 


Su cosa puntare per renderla possibile


di Angelo Gaja


 


 


Nelle decadi  cinquanta, sessanta e settanta del secolo scorso gli industriali del vino italiano si comportavano come i cinesi di oggi invadendo di prodotti, vino nella fattispecie, i mercati della Germania e degli USA  grazie ai prezzi imbattibili.


 


Essi seppero trarre  vantaggio dalla cultura allora dominante in Italia che esigeva per il vino un prezzo basso, un prezzo popolare alla stregua del pane e degli altri generi di prima necessità; dalla  produzione del vino italiano allora perennemente eccedentaria; dal  sostegno delle comunità italiane trasferite all’estero; dal nascente  interesse sui mercati esteri per i prodotti dell’agroalimentare italiano e per la cucina italiana in particolare. Nel 1982 l’export di vino italiano raggiungeva i 18 milioni di ettolitri con un prezzo medio al litro che era di sette volte inferiore a quello del vino francese destinato allora all’esportazione. L’Italia si era così costruita all’estero l’immagine di paese produttore di vini di qualità medio-bassa a prezzi  bassi-bassissimi.


 


Ma alcuni pionieri della Toscana e del Piemonte, via via seguiti da altri produttori sempre piú numerosi, avviavano già agli inizi della decade settanta quello che è stato chiamato rinascimento del vino italiano; che negli ultimi quindici anni si è esteso ormai indistintamente a tutte le regioni italiane. Consacrando  definitivamente la grande vocazione che l’Italia ha di produrre premium wines grazie ai seguenti  fattori,  naturali ed umani.


 


 


 


CLIMA. In Italia coabitano  un clima continentale europeo al nord ed un clima mediterraneo al centro-sud. A causa della conformazione geografica fatta di montagne, colline e pianure al nord e la penisola lunga e stretta al centro sud, i due climi si moltiplicano in migliaia di micro-climi diversi: nessun’altro paese del mediterraneo ne ha in egual numero.


 


E’ stata la ricchezza e la diversità dei microclimi a consentire nell’arco dei millenni   l’adattamento al suolo italiano di un elevatissimo numero di varietà d’uva diverse che consentono ai vini italiani di essere così differenti.


 


 


 


VARIETà. Sono coltivate in Italia in modo piú o meno esteso, oltre 1.500 varietà autoctone. Di molte di esse non si conosce neppure ancora il potenziale; tutte assieme costituiscono un serbatoio di DNA prezioso in vista di  future ricerche scientifiche.


 


 


 


TERRENO. In miniatura si ritrovano in Italia un po’tutte le tipologie di terreno che caratterizzano le aree piú vocate  alla viticoltura che sono nel mondo intero: terre emerse dai mari, terreni di formazione alluvionale, terreni vulcanici,…


 


 


 


GLI ITALIANI. Sì, essi costituiscono il fattore umano indispensabile per la valorizzazione dei fattori naturali. Mai in passato i produttori  italiani erano stati consapevoli come sono oggi  del patrimonio straordinario che alberga nel loro paese dal quale è possibile ricavare vini originali, di personalità e di carattere unici.


 


A sostenere i quali i produttori hanno già saputo offrire un marketing intelligente e mirato, accompagnato da  intraprendenza e capacita’ commerciali.


 


Dopo che è stata recuperata piena dignità al vino italiano cosa resta da fare alla generazione che verrà?  Essa dovrà imparare a diventare ambasciatrice nel mondo di un modo di vivere italiano fatto di culture regionali diverse, di tradizioni diverse, accomunate da una convivialità contagiosa, dal gusto per le cose belle e per il design, da una cucina e da una gastronomia italiana o di stile italiano  che riconoscano al vino non soltanto una funzione assolutamente complementare ma  anche un ruolo trainante.


( Fonte Lamadia )