“Wine Advocate” non recensirà nel 2016 le etichette coinvolte nelle indagini. L’autrice: giustizia lenta, avrei preferito avere più elementi per farmi un’idea
UDINE. Niente vetrina americana per le 17 aziende friulane coinvolte nella cosiddetta Sauvignon connection. L’autorevole rivista “Wine Advocate” non recensirà infatti i produttori finiti nel mirino della Procura di Udine per il bianco “dopato” con gli aromi che sarebbero stati forniti dal consulente Ramon Persello.
Lo conferma Monica Larner, responsabile per l’Italia della guida più temuta dai vignaioli, capace di decretare il successo o il fallimento di cantine grandi e piccole, dalle Langhe a Montalcino, passando naturalmente per il Friuli.
Il caso Sauvignon, tutte le notizie
«E’ così, i produttori sotto inchiesta non sono stati presi in considerazione – dice Larner -. A dire il vero mi erano arrivati solamente tre o quattro campioni dei Sauvignon incriminati, ma non ho potuto agire diversamente. La mia responsabilità principale è sempre verso il consumatore, quindi se c’è un vino sotto il mirino per qualche irregolarità, vera o da dimostrare, preferisco comunque non inserirlo nella guida. E’ stato difficile, per me, capire i contorni esatti di questa vicenda, chi era coinvolto e in che termini.
Quella che ho preso non è stata una scelta facile, ma il giudizio e il rispetto del consumatore americano viene prima di ogni altra cosa. Ho adottato lo stesso criterio usato nel 2008 per il Brunello, dove c’era stato un problema. Poi una volta che la giustizia ci darà le risposte che aspettiamo, se tutto sarà risolto, tornerò a parlare anche delle aziende su cui oggi si indaga».
La curatrice di “Wine Advocate” per l’Italia ha atteso fino a oggi di ottenere notizie certe da parte della magistratura udinese, ma purtroppo non è stato possibile. «Proprio per riuscire ad avere più certezze sulla vicenda – aggiunge Monica Larner – ho fatto slittare il capitolo della rivista dedicato ai vini friulani ad aprile, quando tradizionalmente esce quattro mesi prima, tra novembre e dicembre. Ma ormai non possiamo più aspettare, perchè la vendemmia 2015 è praticamente già in commercio.
Diciamo che i tempi della giustizia italiana sono un po’ lenti, una sentenza mi avrebbe dato più elementi di riflessione.
Dello scandalo parlerò comunque nella presentazione dell’annata vinicola del Friuli, anche se sono rimasta molto prudente, senza entrare nei particolari. Ho assaggiato 200 vini friulani, sia bianchi che rossi dei vari territori, dal Collio alle Grave, dai Colli Orientali ad Aquileia. Sono la punta di diamante del settore, vini che per il 90 per cento sono già conosciuti negli Stati Uniti e che possono prendere ancora più piede».
“Wine Advocate” viene stampato in 50 mila copie diffuse negli Stati Uniti e in Asia, ma molti di più sono gli abbonamenti on line, al sito dedicato. La guida entra negli uffici dei più grandi distributori di oltreoceano, nei ristoranti alla moda dove viene letteralmente studiata dai sommelier, nelle abitazioni degli appassionati e dei collezionisti di grandi bottiglie.
«Questo scandalo – spiega ancora Larner – mi ha scosso parecchio. Ritengo fantastici i vini della regione Friuli Venezia Giulia, sono molto felice quando posso assaggiarli e spiegarli al pubblico. Si tratta di vini articolati, eleganti, profumati e collegati al territorio, alla vigna da dove provengono. Sono apprezzabili anche i rossi, oltre ai bianchi che forse sono più conosciuti.
Un’etichetta che viene apprezzata dalla nostra rivista poi ha un evidente riscontro in termini economici: negli Stati Uniti può costare in media 100 dollari, al dettaglio. Per chi esporta è un vantaggio, ecco perchè non possiamo fare sconti a nessuno: grazie alle recensioni di “Wine Advocate” i produttori spesso diventano ricchi».
La curatrice per l’Italia ribadisce più volte come sia per lei difficile avere i contorni esatti della Sauvignon connection. «Può darsi che sia scaturito tutto da qualche invidia tra vignaioli – osserva -. Non mi stupirei e non sarebbe una caratteristica solo dei friulani, funziona così un po’ in tutta Italia.
Basti pensare che a Montalcino, dove si produce il Brunello, arrivano persino a rigare le auto dei concorrenti. Certo che se la Procura avesse chiuso l’inchiesta in tempi rapidi, avremmo potuto scrivere di questa cosa in modo diverso».
( Fonte messaggeroveneto )