Per quanto ogni cosa possa essere semplificata e ridotta a poche immagini e parole, è altrettanto vero che ogni realtà racchiude identità che possono essere anche molto intense.
A lungo in Italia abbiamo snobbato la birra considerandola o bevanda dissetante per lâestate o abbinamento ideale per la pizza. Bastava fosse bionda, fresca e spumosa.
Ma come câè differenza tra unâacciuga e un tonno o tra unâutilitaria e un bolide spider, così esistono solchi profondi tra una lager e una doppio malto, tra una pils e weiss. Si tratta di avere voglia di andare oltre lâovvio e di predisporsi a nuove passioni.
Noi italiani beviamo ancora poca birra ma tra i divieti imposti dalle norme sulla guida e la facilità di mangiare globale di questi anni, ci stiamo aprendo sempre più ad abbinamenti con bionde, rosse e nere impensabili solo fino a un paio di lustri fa.
Lâimportante è ricordarsi che tutti i marchi di birra prodotti in Italia, circa 500 tra piccole, medie e grandi aziende, hanno le dimensioni di un grande consorzio del vino, chianti o barbera. E proprio pensando al vino posso solo augurarmi che non spuntino anche qui i tromboni della birra a cercare i retrogusti più incredibili che magari esistono per davvero, ma che allâorecchie dei più suonano come un esercizio di stile di antipatici snob.
Paolo Marchi
Birra à la carte
Il gusto si sta infatti evolvendo: si moltiplicano i siti internet come Mondobirra, si scrivono sempre più guide. E salta fuori che la metà dei birramanti italiani vorrebbe, al ristorante, vedersi poggiare sul tavolo, accanto al menù, al tomo dei vini e alla carta dei dolci, anche quella delle birre. Perché birra è sempre meno intesa al singolare e sempre più al plurale: «le birre» sono tante.
Lo sa bene, per dirne una, lâEnoteca Pinchiorri di Firenze, tempio del vino che non si vergogna certo a presentare in tavola anche la carta delle birre.
à questa una delle tendenze più importanti che balzano allâattenzione dalla ricerca che lâassociazione di categoria che riunisce 170 marchi italiani (i 2/3 del Paese), Assobirra, ha commissionato allâistituto Makno.
Qui sotto riportiamo le cifre più significative (con del chiaroscuro) emerse dalla presentazione milanese di lunedì scorso, e, dopo ancora, qualche novità legata al pianeta birra, italiano e non.
La schiuma nello Stivale: le cifre
In Italia la produzione del 2005 ha subito un calo del 2,8% sullâanno precedente (13 milioni 170mila ettolitri), motivato in parte dallâinasprimento dellâimposizione fiscale, che dal 2004 è aumentata del 68%. In Italia il livello dellâaccisa è superiore di circa 2-3 volte rispetto alle imposte sulla fabbricazione e sul consumo in vigore nei Paesi limitrofi.
Importiamo 5,2 milioni di ettolitri lâanno (crescita dellâ8,8% nellâultimo anno) e ne esportiamo 716mila (calo del 15% nello stesso periodo). La principale nazione da cui importiamo è la Germania (2,9 mln di ettolitri), seguita da Olanda (678mila) e Danimarca (496mila). Il nostro migliore cliente export è il Regno Unito (234mila), seguito da Stati Uniti (55mila).
I consumatori abituali di birra nel 2000 appartenevano soprattutto alla fascia dâetà 18-24. Negli ultimi anni il profilo dei bevitori giornalieri si è alzato: 35-44 anni.
Il 53,7% della birra nazionale si vende nei supermercati, il 38,5% in bar, pizzerie e ristoranti (dato, questâultimo, in discesa).
Se il 79,3% degli italiani beve birra in compagnia (la percentuale nel 2005 era 94,5%), aumenta il numero di chi beve birra da solo: 22,1% (13% lâanno scorso).
La birra preferita dagli italiani è la lager ben luppolata (indicata da 3 su 10), seguita dalla doppio malto e dalla lager.
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