I composti fenolici svolgono un ruolo importante nella qualità del vino rosso, concorrendo alle sue caratteristiche sensoriali, antiossidanti e farmacologiche. Le sostanze fenoliche presenti nell’uva e, di conseguenza, nei mosti e nei vini si possono differenziare nelle seguenti tre classi:
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Fenoli non flavonoidi, come i derivati degli acidi idrossibenzoico ed idrossicinnamico (acido p-cumarico, acido gallico) e le fitoalessine (resveratrolo);
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Polifenoli flavonoidi, come gli antocianidoli (cianidina, peonidina, petunidina, delfinidina, malvidina), le catechine, le procianidine, i tannini ed i flavonoli (quercetina);
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Polifenoli tannici, come le proantocianidine (Colagrande, 2000).
La piena maturazione delle uve rosse corrisponde spesso al massimo tenore in antociani e tannini. Inoltre, nel corso della maturazione delle uve flavonoli, leucoantociani e catechine modificano il loro stato di aggregazione e condensazione. Al conseguente aumento del grado di polimerizzazione corrisponde la diminuzione dell’astringenza del succo d’uva. Il diverso grado di maturità dei frutti e l’età del vino influiscono, altresì, in modo significativo sul contenuto e sul declino degli antociani, nonché sulla formazione di piccoli pigmenti polimerici. Il declino degli antociani potrebbe essere rappresentato da una regressione esponenziale che dipende dalla maturità e dalla cultivar (Caroline P. Merrell et al. 2018).
È dimostrato che le pratiche viticolturali finalizzate all’aumento dell’esposizione delle uve al sole comportano generalmente un netto incremento del contenuto in fenoli, principalmente antocianine, e della densità del colore dei vini (Price et al., 1995). È stato anche dimostrato che i trattamenti viticoli e di vinificazione influiscono sulla composizione dei tannini, con potenziali implicazioni sui parametri organolettici e degustativi e sulla stabilità del colore (Anna L. Carew et al. 2020).
È stato proposto il riconoscimento della qualità fenolica delle uve rosse; infatti, attraverso valutazioni oggettive del colore, è possibile ipotizzare il pagamento dell’uva anche in relazione alla qualità fenolica (Celotti e Carcereri De Prati, 2000). Inoltre, mediante test di estraibilità dei polifenoli da bucce e semi, è possibile prevedere qual è il grado massimo di dissoluzione e dispersione nel mosto-vino dei componenti fenolici presenti nell’uva (Ummarino e Di Stefano, 1997).
Evoluzione dei composti fenolici durante la vinificazione
I fenoli incolori, le antocianine e la densità del colore aumentano durante la fermentazione alcolica; tuttavia, mentre i primi rimangono stabili durante la fermentazione malolattica e la conservazione del vino, antocianine e colore diminuiscono progressivamente (Mazza et al., 1999). Ciò è dovuto alle reazioni di polimerizzazione. In particolare, la temperatura è un fattore critico nella formazione delle antocianine polimeriche; inoltre, svolgono un ruolo importante pH, acetaldeide, SO2, ossigeno e quantità di copigmenti presenti (Mazza e Miniati, 1993). Una macerazione delle uve per 6-8 giorni generalmente consente un’elevata estrazione di composti polifenolici (Paronetto, 1977). I parametri tecnologici che migliorano l’estrazione di polifenoli durante la macerazione delle uve sono:
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Ammostamento di uve mature pigiate senza i raspi;
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Giusto tempo di permanenza (6-8 giorni);
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Temperatura controllata (25-30°C);
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Presenza di etanolo (3-9°);
I parametri tecnologici che riducono la perdita di polifenoli durante la vinificazione sono la pressatura adeguata alla consistenza della vinaccia ed il travaso tempestivo al termine della fermentazione. Eventuali trattamenti di chiarifica con sostanze di natura proteica produrrebbero la precipitazione dei composti fenolici a più elevato grado di polimerizzazione, che, invece, è probabilmente la più preziosa agli effetti sensoriali e farmacologici.
Il vino rosso, invecchiando, aumenta il proprio contenuto in polifenoli ad alto peso molecolare. Infatti, si osserva la polimerizzazione e/o condensazione di antociani e tannini con formazione di composti più stabili aventi peso molecolare da 1000 a 4000. La presenza di tali sostanze modifica le caratteristiche sensoriali dei vini, che migliorano fino ad un limite che può dipendere anche dal vitigno, e gli effetti antiossidanti e farmacologici, che sembra aumentino progressivamente.
E’ molto importante definire, per ciascun vitigno, tempi e modi di raggiungimento della massima quantità di polifenoli ad alto grado di polimerizzazione nel corso dell’invecchiamento. Infatti, esperienze già condotte su alcuni vitigni, hanno dimostrato che, una volta raggiunto il massimo contenuto in composti ad alto grado di polimerizzazione, l’ulteriore invecchiamento del vino può provocare solo l’insolubilizzazione delle frazioni polimerizzate cui corrisponde la fase di decrepitezza (La Notte et al., 1993).
Il ruolo dei lieviti nella modificazione del colore nei vini
Il ruolo dei lieviti nell’evoluzione dei composti fenolici durante i processi di vinificazione e di maturazione ha ricevuto poca attenzione. Uno studio recente ha indicato che le fecce di lievito hanno la capacità di adsorbire antocianine (Vasserot et al., 1997). Tuttavia, sebbene sia dimostrato che il lievito è uno dei fattori che induce la perdita di parte dei polifenoli nei vini, non è ugualmente chiaro se l’adsorbimento degli antociani sulle pareti cellulari sia l’unico meccanismo in gioco.
E’ stato rilevato un diverso comportamento da parte dei lieviti e la componente polifenolica dei vini. Un recente lavoro dimostra che vari metaboliti del lievito, tra cui l’acido piruvico, possono reagire con le antocianine delle uve dando origine a pigmenti stabili durante la maturazione e l’invecchiamento dei vini rossi (Fulcrand et al., 1998). Difatti un’attenta selezione di starter di lievito può promuovere la sintesi di pigmenti colorati stabili piranoantociani dagli antociani.
I due gruppi più noti di piranoantociani sono i piranoantociani vinilfenolici e le vitisine (JELENA TOPIĆ BOŽIČ et al 2019). Peraltro, anche lieviti non appartenenti alla specie S. cerevisiae risultano essere interessanti nella promozione di pigmenti colorati. Il lievito Saccharomyces pombe produce piruvato durante la fermentazione in quantità maggiori rispetto a S. cerevisiae. La quantità di piruvato prodotta è correlata con la formazione di vitisina A e dei suoi derivati, la quale risulta essere maggiore rispetto a S. cerevisiae (Morata et al, 2016, Morata et al., 2019).
Anche i lieviti non Saccharomyces influenzano gli antociani, l’intensità del colore, la tonalità e l’indice di polifenoli totali; infatti la formazione di vitisina A, vitisina B, malvidina-3-glucoside-4-vinilfenolo e malvidina-3-glucoside-4-vinilguaiacolo viene segnalata per la prima volta per specie dei generi Hanseniaspora e Metschnikowia (Karina Medina et al. 2018).
I lieviti pertanto giocano un ruolo principale soprattutto nel migliorare la qualità dei vini rossi ottenuti da uve con basso grado di pigmentazione. La loro capacità di interagire con la componente fenolica è peraltro ereditabile nella progenie ed ha carattere poligenico (Caridi et al. 2007).
Meccanismi di interazione lievito-polifenoli
Secondo Trioli (1997) si possono identificare tre modalità di interazione lievito-colore:
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Produzione di enzimi che idrolizzano gli antociani legati agli zuccheri; tale idrolisi libera gli antociani, riduce il colore e, soprattutto, la stabilità nel tempo.
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Liberazione di polisaccaridi in grado di legarsi con i polifenoli formando complessi dotati di grande stabilità nel tempo e della capacità di incrementare le sensazioni di volume e rotondità in bocca.
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Adsorbimento degli antociani sulla parete del lievito.
Azione degli enzimi sulla componente polifenolica
La cellula vegetale, composta anche da cellulosa, emicellulosa e pectine, presenta attività enzimatiche che possono essere riassunte in:
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Pectinesterasi: idrolizza le pectine liberando acido galatturonico e metanolo.
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Poligalatturonasi: idrolizza acido poligalatturonico e produce oligosaccaridi e acido galatturonico.
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ß-glicosidasi: idrolizza il legame tra glicosidi e aromi.
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ß-glucani: idrolizza le catene di glucani.
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Pectinliasi: idrolizza le catene di omogalatturonani.
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Ramnogalatturonasi: idrolizza i ramnogalatturonani.
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Cellulasi: catalizzano l’idrolisi dei legami 1,4-β-D-glicosidici nella cellulosa, lichenina e dei β-D-glucani.
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Emicellulasi: idrolizza i legami glicosidici di Xilani, Galattani e Arabinolattani.
Gli enzimi pectolitici ad attività secondarie di tipo emicellulasico e cellulasico (enzimi di macerazione), che agiscono sulla struttura polisaccaridica della buccia, e di tipo glicosidasica, sono in grado di liberare i composti aromatici legati agli zuccheri. I trattamenti sul mosto, infatti, con enzimi di macerazione e con enzimi glicosidasici possono indurre nel vino un colore più intenso, misurato dall’assorbanza a 520 nm e dalla somma E420 + E520.
I polisaccaridi che si legano ai polifenoli
I polisaccaridi presenti nel vino sono costituiti principalmente da Mannoproteine, Polisaccaridi ricchi in Arabinosio e Galattosio, Ramnogalatturonani di tipo II e Glucani. Le Mannoproteine, prodotte da lievito, cioè proteine legate a molecole di zuccheri, più precisamente a mannosio, da cui appunto il nome manno-proteine, interagendo con i composti polifenolici favoriscono un incremento nella stabilità del colore, una riduzione dell’astringenza ed un miglioramento delle caratteristiche organolettiche del vino.
Adsorbimento dei composti fenolici sulla parete dei lieviti
Altri meccanismi con cui i lieviti possono influenzare il colore del vino riguardano l’adsorbimento di antocianine sulle pareti cellulari di lievito (Vasserot et al. 1997) oppure il periplasmatico intervento dell’antocianina-ß-d-glucosidasi. Recentemente, è stato messo a punto un metodo molto semplice, basato sulla valutazione del colore della biomassa di colonie di lievito per determinare l’attitudine del lievito enologico ad adsorbire i pigmenti dalle bucce e dai semi dell’uva (Caridi et al. 2002; Caridi e Cufari 2003; Caridi 2005). Il presupposto era che il colore della biomassa riflette il legame dei pigmenti dell’uva alla biomassa (Figura. 1).
Il ruolo dei batteri lattici nella modificazione polifenolica dei vini
L’interazione con i composti fenolici è riscontrabile anche da parte dei batteri lattici presenti nel vino. Oenococcus oeni è capace di metabolizzare composti polifenolici come acido gallico ed antocianine (Vivas et al., 1997). Inoltre, la crescita di O. oeni nei vini appare fortemente influenzata in diversi modi dai composti fenolici, in rapporto al tipo ed alla concentrazione. Catechine e quercetina stimolano la fermentazione malolattica, mentre effetti opposti manifesta l’acido p-cumarico (Reguant et al., 2000).
Un’altra caratteristica interessante riguarda la capacità, posseduta da alcuni batteri malolattici di origine enologica come Pediococcus pentosaceus, di produrre nel vino polisaccaridi (Manca de Nadra e Strasser de Saad, 1995). Tale capacità potrebbe interagire positivamente con i polifenoli presenti, alla stessa stregua di quanto accade per i lieviti. E’ ben noto, infatti, che alcuni ceppi di Saccharomyces producono, durante la vinificazione, polisaccaridi in grado di legarsi con i polifenoli, formando complessi dotati di grande stabilità nel tempo e della capacità di incrementare le sensazioni di volume e rotondità in bocca (Trioli, 1997).
Ripercussione sulla fermentazione malo-lattica (FML) e sullo sviluppo dei batteri lattici
Studi recenti hanno evidenziato l’influenza di vari composti fenolici (acidi fenolici, flavonoli, proantocianidine, etc.) sullo sviluppo dei batteri responsabili della fermentazione malolattica e sul loro metabolismo. Particolare influenza risultano, inoltre, avere questi composti sulla sintesi microbica di alcuni fenoli volatili (vinil-fenolo, etil-fenolo) che sono componenti classici dell’aroma del vino. Parallelamente è stata evidenziata la capacità di alcuni batteri lattici di metabolizzare alcuni di questi composti: Lactobacillus plantarum risulta essere in grado di metabolizzare alcuni acidi fenolici. Come è noto, la FML ha un’influenza positiva sul contenuto di acidi organici nei vini rossi, attraverso la riduzione del contenuto di acido l-malico con un contemporaneo aumento della quantità di acido l-lattico. Il processo di riduzione dell’acidità biologica non ha un impatto significativo sul contenuto fenolico o sulla capacità antiossidante (Aneta Wojdyło et al. 2020).
I composti polifenolici dei vini rossi (in particolare i tannini) limitano lo sviluppo dei batteri lattici aumentando la loro fase di latenza e ne influenzano la struttura fisica delle membrane: grado di insaturazione e presenza di acidi a corta catena sono influenzati dalla presenza di tannini. Alcuni di essi, inoltre, quali gli acidi idrossibenzoici, gli acidi idrossicinnamici e un flavanolo, inibiscono la crescita di particolari batteri lattici (Lactobacillus hilgardii e Pediococcus pentosaceus), il cui metabolismo è in grado di alterare le caratteristiche qualitative del vino (María Gilda Stivala et al. 2017).
Fonti
Articoli scientifici relativi ai batteri
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Articoli scientifici relativi ai lieviti
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