Cosa accade? La Sicilia continua a bruciare, effetto combinato della grande ondata di caldo con punte di 46 gradi nel Trapanese e nell’Agrigentino, e delle folate di vento (non è da escludere a priori nell’analisi dell’emergenza incendi il problema dei piromani).
Nelle diverse parti dell’Isola sono molti i roghi. Nella parte Nord-Orientale, situazione problematica in diverse aree collinari del Messinese. Nella Sicilia occidentale, in particolar modo nelle provincie di Trapani e Palermo, secondo la Cia l’effetto combinato prima del massiccio attacco di peronospora (alimentata dall’umidità prodotta dai mesi di pioggia) e poi dall’attuale e permanente ondata di caldo torrido è andato perduto oltre il 40% del prossimo raccolto di uve da vino. Oltre agli incendi il caldo eccessivo addirittura «bollisce» tanti grappoli e li «brucia».
La zona di Alcamo, nel Trapanese, è tra le più colpite. In questo territorio è stata duramente danneggiata da un vasto incendio anche una riserva naturale dal notevole valore naturalistico e ambientale. Pugliesi aggiunge: «I problemi nelle vigne erano già evidenti nei mesi scorsi, le abbondanti piogge nei mesi di maggio e giugno e l’ondata di umidità nei primi di luglio, avevano favorito il proliferare della peronospora, una malattia che colpisce la vite e che attacca tutti gli organi verdi della pianta come foglie, germogli e grappoli».
Il caldo torrido e gli incendi aggravano una situazione già problematica. Il settore vitivinicolo è un fiore all’occhiello dell’economia siciliana. Pugliesi lancia l’allarme e chiede sin da subito l’intervento delle istituzioni regionali e nazionali. Va trovata in maniera sinergica ed efficace una soluzione, con il contributo di tutte le parti in campo. Nelle campagne della Piana di Catania, la più vasta e fertile della Sicilia, il caldo torrido aggrava quella che molti agricoltori lamentano come una cronica problematica, la necessaria quantità di acqua per irrigare i campi.
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