Vi piacciono i vini passiti? Avete mai assaggiato il Torchiato? Qui ve lo raccontiamo.
Il Torchiato, si legge nella presentazione ufficiale, “è un vino di prelibata qualità, dolce-amaro, aromatico, ricco di alcool, gustosissimo”, che viene ottenuto da uve passite e poi torchiate durante la settimana di Pasqua; per questo è detto anche “Vin Santo“. I grappoli di uva bianca, Verdiso, Boschera (vitigno quasi introvabile altrove) e Glera, con piccole aggiunte di Bianchetta, vengono staccati maturi, ma non troppo, dalla mano delicata delle donne, dopo di che vengono appesi uno per uno a delle cordicelle o stesi su graticci in ambienti asciutti e bene arieggiati, avendo la cura di togliere gli acini rotti o attaccati da muffe. Per la torchiatura a Pasqua si procede a diraspare i grappoli a mano e a torchiare gli acini appassiti. Il mosto ottenuto viene lasciato decantare per eliminare grossolanamente le parti solide, dopo di che è fatto fermentare lentamente in botticelle di rovere e acacia non del tutto colme, affinché il vino si ossidi a contatto con l’aria, in piccola parte disperdendosi. Le botti di rovere assorbono circa 10-12 litri di vino e vengono adoperate per circa 10-12 anni.
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Il 2 agosto, che per antica simbologia pagana, è la festa degli uomini (il giorno dedicato alla virilità), i maschi procedono al rito dell’assaggio del nuovo Torchiato, destinato ad un ultimo passaggio in botte (questa volte riempita completamente) fino alla primavera successiva, in cui viene imbottigliato.
Secondo la tradizione, l’origine del Torchiato risalirebbe al Seicento, quando un agricoltore della frazione di Ciser, in seguito a un cattivo andamento di un’annata agraria, pensò di porre i grappoli d’uva in un ambiente che gli permettesse di raggiungere un adeguato grado di maturità. Dopo la torchiatura e la successiva fermentazione, ottenne un vino dolce con un’elevata gradazione alcolica. Da allora la produzione del Torchiato si sarebbeestesa a tutta la zona del Fregonese fino ad arrivare all’oggi, con la fondazione di un consorzio di tutela che ha permesso di valorizzarlo oltre che qualitativamente anche commercialmente.
Il termine Torchiato deriva da quell’antico attrezzo di cantina che è il torchio, utilizzato per la torchiatura delle uve appassite che non consentirebbero una soddisfacente estrazione del mosto per mezzo delle normali pigiatrici.
E’ prodotto da uve di Glera per il 30% (che apporta al vino il profumo), di Verdiso per il 20%, di Boschera per il 25% (apportatore del particolare aroma che caratterizza il vino), e il rimanente 15% con uve provenienti da vitigni a bacca bianca, non aromatici, raccomandati e autorizzati dalla provincia di Treviso. L’equilibrio e la bontà del vino, dipendono dalla capacità di ogni singolo agricoltore nel dosare giustamente le varie uve, si tratta infatti di un segreto che dà alla tradizione un certo fascino.
Da 100 chili di uva si ottengono circa 20 litri di vino passito che si presenta di colore dorato carico, con sentori di miele d’acacia o di tiglio, di frutta secca e note di vaniglia; al gusto si ritrova un perfetto equilibrio tra la componente alcolica (15%-16%), quella acida e quella zuccherina ottenendo quell’effetto “dolce con retrogusto amarognolo” che è il suo principale elemento distintivo. Va servito ad una temperatura di 10-12°. E’ un vino raro, da meditazione, da servire con pasticceria secca a base di mandorle, ma può accompagnare anche ad alimenti più complessi come formaggi erborinati.
( Fonte Quanto Basta )