Il giornalista olandese torna in Irpinia per completare il suo tour delle cantine vitivinicole e raccogliere gli elementi utili alla scrittura del suo libro. Da supporter del rosso Docg, si riserva di elencare una rosa di criticità che meritano di essere migliorate e suggerisce un maggior dialogo fra produttori e ristoratori
“Il Taurasi come la Ferrari”, Paul Balke dà il voto a 200 etichette irpine. “Come il Barolo e il Brunello, il Taurasi farà fortuna all’estero, ma c’è bisogno che i produttori facciano fronte comune per costruire una immagine adeguata, spendibile sul mercato internazionale”. Paul Balke torna in Irpinia per occupasi nuovamente del Taurasi. Da grande supporter del rosso prodotto in provincia di Avellino che lui stesso ha definito “il top dei vini a livello mondiale”, il giornalista olandese specializzato in viticultura ed enologia alle prese con la stesura del suo libro sull’Irpinia, conferma di avere visitato ben 70 cantine, e di avere messo a fuoco criticità e punti di forza del territorio.
“Qui le dinamiche soffrono la lentezza delle attività. Il territorio e le prospettive che si è dato sulla crescita del comparto non possono attendere all’infinito: c’è bisogno di maggiore dinamicità per conferire la giusta visibilità al territorio stesso e quindi favorire la conoscenza sul mercato internazionale delle proposte del comparto che arrivano da qui” continua. Nel tour che ha iniziato ormai da qualche mese nelle cantine di tutta la provincia, Balke ritiene di avere incontrato un elevato livello di professionalità fra i produttori, anche se “non tutti hanno capito cosa vuole il mercato”.
L’interesse del giornalista olandese al momento è concentrato principalmente sul Taurasi: “Credo di poter affermare che ci sono vini Docg che hanno difetti, che possono essere facilmente corretti. Altro aspetto riguarda invece i volumi: di una data quantità di vino prodotta, solo il 30% viene imbottigliato per la vendita, e questo indebolisce la potenzialità dei volumi da destinare al mercato internazionale. La potenzialità di questo vino è ancora sommersa” sottolinea.
Oltre a constatare il potenziale tutto inespresso di questo vino, Balke accenna ad una sua personale classifica di gradimento dei vini irpini, elencandone circa 20 come “eccellenti”, 50 come “buoni ma non eccellenti”, e una piccola percentuale indicata come “sgradevole” o “difettosa”. “La varietà del vino costruisce e influenza l’immagine del vino stesso” argomenta Balke.
“Devo ammettere che la qualità è riscontrabile sia nelle piccole cantine che quelle più grandi, ma bisogna lavorare sul costo delle bottiglie, che è ancora troppo basso. Il riferimento su questo aspetto è sicuramente la Francia, in quanto come tutti i grandi vini, anche il Taurasi non troverà una sua fetta di mercato nazionale. In secondo luogo è necessario lavorare ancora sul legno utilizzato in cantina, che in molti casi si rivela determinante per l’equilibrio conferito, e costruisce la qualità”.
Il destino del Taurasi è sicuramente roseo. Balke paragona il vino alla Ferrari, ma suggerisce all’intero territorio di fare squadra per portare la macchina al podio. “In Irpinia tutte le cantine devono impegnarsi per diventare Ferrari e uniformarsi a quel grado di qualità: il Taurasi è il più grande vigneto del pianeta e merita dedizione, altrimenti non arriverà mai a sostenere il paragone con il Brunello, l’Amarone e gli altri brand. Oggi soltanto 25 aziende hanno raggiunto l’eccellenza, e sono queste che hanno la responsabilità di trascinare le altre e guidare un processo”.
Le 200 etichette di Taurasi dichiarate devono essere presenti nei ristoranti di tutta Italia e devono essere protagoniste nei ristoranti irpini, che invece sono ancora carenti sull’offerta della Carta dei Vini. I ristoratori propongono soltanto vini d’annata, e si percepisce che la ristorazione e i produttori non dialogano. Altra questione sollevata, è l’organizzazione degli eventi legati alla promozione del vino e alla valorizzazione: “Per avere un maggior numero di clienti e venire incontro alle esigenze di tutti, i ristoratori spesso sono costretti ad abbassare il livello della qualità, indebolendo di fatto l’evento e l’obiettivo stesso. Per questo è bene caratterizzare al massimo gli eventi, ed impedire che si trasformino in feste patronali”.
Consapevole delle lungaggini burocratiche a cui è sottoposto il Consorzio di Tutela per il trasferimento dei fondi ministeriali, il giornalista olandese critica fortemente il sistema di gestione dei fondi pubblici erogati dagli enti. “La Camera di Commercio per esempio, gestisce male i fondi sull’incoming per i buyer: spesso accade che le somme spese non portano a nessun risultato concreto sul territorio e questo si traduce soltanto in una dispersione. Si tratta di un problema nazionale, che dovrebbe essere risolto a monte.
Qui il Consorzio sta lavorando bene, e c’è tanta voglia di fare: le lungaggini del Ministero però non devono trasformarsi in alibi, perchè c’è tanto da lavorare sul turismo. Napoli non considera le aree interne come occasione di turismo legato al vino e alle eccellenze vitivinicole, e bisogna lavorare prioritariamente su questo” conclude.
( Fonte Nuova Irpinia )
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