Il menù di Pasqua è alle porte. Tra chiusure e limitazioni saremo costretti quasi tutti a passarlo a casa, in famiglia. Quale occasione migliore di dare un tocco in più al vostro pranzo, scegliendo un vino originale e di forte tradizione abruzzese? Ecco, allora, perché il Moscatello di Castiglione, in versione passita, è a nostro avviso ideale per chiudere in bellezza un luculliano pranzo.
La Pasqua, si sa, è un momento fondamentale nell’anno liturgico cristiano. All’interno della festa religiosa, da oltre 2.000 anni trovano spazio riti e tradizioni antichissime, che spesso richiamano ad un insieme di gesti agropastorali propiziatori per il raccolto della futura bella stagione. Se l’adesione rigorosa ai comandi religiosi è sempre più “sbiadita” , restano vivissime le tradizioni che, in particolare a tavola, uniscono tutta l’Italia.
In Abruzzo il menù pasquale è ricco e composito. Parte dalla colazione, dolce e salata allo stesso tempo, tra uova sode, salumi, formaggi, “pizze” saporite e gustose, fiadoni, mazzarelle, e chi più ne ha più ne metta. Prosegue, spesso senza soluzione di continuità, con un pranzo in cui trovano spazio le tipiche preparazioni regionali: timballo, agnello, fritti vari…e per concludere Pizza di Pasqua dolce, colomba e uova di cioccolato.
Sì, senza dubbio la Pasqua abruzzese è una festa per mangiatori professionisti (non dimentichiamo che il giorno dopo è Pasquetta, e bisogna finire gli avanzi!).
Volendo fare una scelta originale e coerente con “l’abruzzesità” del resto del menù, quale vino dolce potremmo scegliere per chiudere degnamente un percorso tanto arduo?
Sicuramente un eccellente candidato è il Moscatello di Castiglione in versione passito. Si tratta di una variante della ben nota e diffusa uva Moscato che si è acclimatato da secoli in alcune zone dell’Abruzzo interno. Per la precisione quelle intorno a Castiglione a Casauria (da cui il nome) e Pescosansonesco, dove ne sono sopravvissuti pochi ettari, sfuggiti alla distruzione della fillossera prima, e all’abbandono delle terre da parte dei contadini poi.
Il vino pare fosse coltivato dai frati e usato anticamente nelle cerimonie religiose dell’importante Abbazia di San Clemente, particolarmente apprezzato per la sua dolcezza e bontà.
Oggi lo lavorano pochissime aziende. Alcuni nomi sono molto noti al grande pubblico, come Zaccagnini o Pasetti. La cantina che però più di ogni altro ci ha scommesso e ne ha fatto il vino simbolo è senz’altro Tenuta Secolo IX. Sono ben trenta gli ettari coltivati con quest’uva, da cui si ricava una eccelente versione secca (pluripremiata in svariati concorsi nazionali e internazionali) e poi la chicca: il Moscatello Passito.
E’ ottenuto dall’appassimento delle uve in pianta, raccolto di notte o alle prime ore del mattino, per portare in cantina uve fresche, e consentire la migliore conservazione dei profumi e aromi, che sono il punto di forza di questo vitigno. Ne deriva un nettare dal sapore irresistibile! La dolcezza, netta, è bilanciata da una ventata di acidità che lo rende pericolosamente beverino. I profumi rimandano al miele, all’albicocca, alla frutta secca, al fiore di zagara, e a mille altre sfumature. Caratteristiche che lo rendono perfettamente abbinato sia alla classica colomba, con cui celebra un vero matrimonio d’amore, che alla pasticceria secca e alla Pizza Dolce tipica Abruzzese.
( Fonte Abruzzo Live )