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Il cronista col vino nel Destino


 


La bella avventura di Cesare Pillon giornalista dell’Unit e del Mondo che un giorno conobbe Veronelli e divenne cantore di filari e vigne. La svolta quando ebbe l’idea di fare una guida per manager enofili: la sua vita cambi. “Mio padre astemio prese una sbronza alla caduta del Duce Fu l’unica, la ricordo con gran tenerezza”


 


Se posso scrivere questa Storia di Piemonte grazie alle Leggi eccezionali del 1925/26, quelle che trasformarono il Regno d’Italia in uno Stato totalitario: prevedevano tra l’altro l’allontanamento dai pubblici impieghi di chi non aderisse al Partito Nazionale Fascista. Se il nonno di Cesare Pillon, nativo di Monselice in provincia di Padova e impiegato alle Ferrovie dello Stato, non fosse stato licenziato e costretto a vivere di piccoli lavori manuali, probabilmente suo figlio non avrebbe deciso di stabilirsi a Torino e Cesare sarebbe nato in terra palladiana.


“Il Veneto e il Piemonte sono entrambe regioni di grande tradizione vinicola, e forse il vino era scritto nel mio destino, anche se me ne sono accorto tardi, dopo una vita nel giornalismo dedicata ad altro: cronaca nera, politica, economia, costume, urbanistica, perfino tecnica automobilistica, arredamento e questioni femminili”. Cesare Pillon, grande giornalista “vinoso”, degno allievo dell’amico e maestro Gino Veronelli, rivela con rammarico di aver trovato solo a 48 anni “la strada pi congeniale”. Tardi, per uno che a fare giornalismo ha iniziato a vent’anni.


 


Ma andiamo con ordine: raccontare la sua vita vuol dire ripercorrere un pezzo di storia dell’editoria d’informazione italiana. Primi anni 50: i giovani passano gran parte del tempo libero nelle sale fumose dei cinema. Cesare racconta di essere stato un appassionato, capace di vedere quattro film diversi in una domenica, e di aver conosciuto grazie a questo comune interesse Paolo Gobetti, figlio di Piero, il grande intellettuale liberale. Paolo era critico cinematografico all'”Unit”: alla direzione del quotidiano del Partito comunista c’era Pietro Ingrao. Cesare vuol fare il giornalista, ma in redazione hanno bisogno di un fotografo. Cos diventa fotografo di cronaca, e poi anche vice di Gobetti alla critica cinematografica, poi finalmente cronista. “Solo che ci si messo di mezzo il servizio militare. A quell’epoca ero gi sposato, dalla leva non si scampava facilmente. Mi destinarono a Bracciano, nel Lazio”.


 


Dopo la naja, tornato all'”Unit”, diventa responsabile della cronaca torinese. Viene il momento di trasferirsi a Roma come caporedattore di “Vie Nuove”, settimanale che si proponeva di parlare alle masse di sinistra interpretando e spiegando l’attualit. Si occupa di inchieste d’ogni genere, ma cura anche libri come “Non piangete la mia morte: lettere ai familiari di Bartolomeo Vanzetti”, insieme a Vincenzina, sorella dell’anarchico ingiustamente condannato a morte negli Stati Uniti degli anni Venti. E poi scrive “I comunisti nella storia d’Italia”, un vero e proprio long seller, venduto a dispense in edicola dal 1966, a formare due grandi volumi di 1269 pagine illustrate. “Fu un anno di lavoro cos intenso che presi l’abitudine di non dormire completamente per due notti alla settimana: finivo al giornale, mi dedicavo ai libri e poi di nuovo in redazione al mattino”.


 


Poi questa stagione finisce, Pillon torna al Nord, per a Milano, al “Corriere della Sera”. Infine Paolo Panerai nel 1976 lo vuole con s a “Il Mondo”. Il gruppo Rizzoli aveva acquisito la testata, dopo la chiusura nel 1966 seguita alla morte del suo fondatore e direttore Mario Pannunzio, per trasformarla in settimanale economico. Cesare racconta come la sua strada incroci infine il vino: “In redazione un giorno ci ponemmo il problema del Ferragosto: dato che la Borsa chiudeva e gli uomini d’affari, pubblico privilegiato del giornale, andavano in vacanza, le vendite scendevano al minimo. “Bisognerebbe trovare un argomento non troppo futile ma che si accordi al clima vacanziero” mi disse il direttore. A me allora venne in mente che quando ero in vacanza, appena una giornata si preannunciava noiosa, salivo in macchina e andavo a caccia di qualche bottiglia insolita. L’idea di una guida per manager enofili piacque e decisero di affidarla a Veronelli; fu cos che lo incontrai a Bergamo, mi invit a cena e bevemmo Sassicaia e Tignanello fino alle quattro del mattino. Nacque una grande amicizia, un rapporto quasi filiale, anche se non ero tanto pi giovane; mi aiut a realizzare l’inserto che lui non poteva curare perch legato a Mondadori”.


 


Dal 1979 le vendite estive della rivista con la guida ai 100 vini da comprare vanno benissimo, cos l’appuntamento diventa annuale. Fin dalla prima edizione collabora all’inserto il figlio Marco, scomparso per un tragico incidente proprio in una notte d’estate, nel 1982. “Dopo la disgrazia, Panerai per alleggerirmi il lavoro mi mand al mensile “AutoCapital”. Mia moglie era affezionata al Canavese, cos ci trasferimmo comprando casa a Borgofranco d’Ivrea. Decisi da quel momento di occuparmi sempre pi di vino, perch con l’esperienza del dolore si cercano rapporti autentici, e chiunque faccia un grande vino ha grande spessore umano”.


 


Cesare Pillon oggi ha 79 anni. Ha curato l'”Enciclopedia del vino” edita da Boroli, oltre a innumerevoli pubblicazioni enogastronomiche; l’unico a occuparsi di aste dei vini, ha partecipato alla commissione che ha permesso a Christie’s di organizzare la prima asta sui vini italiani; analizza i trend ogni settimana sulle colonne di “Milano Finanza”. Continua a scrivere, recensire, polemizzare e soprattutto a intervenire con intelligenza. Non ha nessuna intenzione di andare in pensione – di fatto c’ gi andato nel 1986, ma non conta: “Sono un testimone del Rinascimento enologico nel nostro Paese, vorrei raccontarlo da giornalista indipendente”. E, se gli chiedi cos’ il vino per lui, risponde: “Il vino affratella, il cemento dell’amicizia”. E conclude con il ricordo del 25 luglio 1943, quando il padre, astemio convinto, si prese una sbronza epocale di Barbera, per festeggiare la caduta di Mussolini. “Fu l’unica della sua vita e la ricordo con infinita tenerezza”.


storiedipiemonteslowfood.it


 


( Fonte Torino.repubblica.it )


 


 


 

Roberto Gatti

Giudice degustatore ai Concorsi Enologici Mondiali più prestigiosi tra i quali: » Il Concours Mondial de Bruxelles che ad oggi ha raggiunto un numero di campioni esaminati di circa n. 9.080, dove partecipo da 13 edizioni ( da 9 in qualità di Presidente ); >>Commissario al Berliner Wine Trophy di Berlino >>Presidente di Giuria al Concorso Excellence Awards di Bucarest >>Giudice accreditato al Shanghai International Wine Challenge ed ai maggiori concorsi italiani.

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