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Il buono dei vini italiani: ode al ” velluto ” del Sud

Il bello, e soprattutto il buono dei vini italiani, sta nella personalità: ogni territorio esprime vini con caratteristiche assolutamente uniche. A questo proposito, parlare di vini meridionali tout court è forse un po’ superficiale, ma fino a un certo punto.

Il bello, e soprattutto il buono dei vini italiani, sta nella personalità: ogni territorio esprime vini con caratteristiche assolutamente uniche, inimitabili e, con un pizzico di allenamento, inconfondibili. A questo proposito, parlare di vini meridionali tout court è forse un po’ superficiale, ma fino a un certo punto.

 

 

C’è un dato comune ai buoni vini del sud che spesso me li fa preferire, come categoria, a priori, nel magico momento della scelta. Difficile definirlo, ma c’è. Non vorrei usare i termini tecnici, ma fra questi ce n’è uno che eleggerei a principale e trasversale a (quasi tutti) i miei purpurei eroi: vellutato. E’ quella sensazione che non mi stanco di provare con i vini del sud: quella di un abbraccio caldo e accogliente, senza spigoli e distanze, tipico, non a caso, anche delle persone che quel territorio abitano e quelle uve coltivano con sempre maggior passione e abilità.

Fra le molte zone, amo in particolare quella campano-lucana e, sopra a tutti, i vini di uva Aglianico, nome che alcuni fanno derivare da “ellenico”, cosa che non sorprende poiché, senza alcun dubbio storico, oltre ad arte e cultura libresca, il nostro sud importò dagli achei preziosi tralci, ed arte e cultura enologiche. Altri sostengono che Aglianico viene da Aglaia, in greco “splendore”, e ci va altrettanto bene.

Ma quel che più conta, oggi, è il prodigio sensoriale che si produce in noi al primo sorso di un Serpico o di un Taurasi (quello dei Feudi o il Radici di Mastro, cascate bene). Per dettaglio, il primo è una specie di guru-wine e vi costa sui 40 euro, i secondi sono espressioni perfette del vitigno, impreziosite da un trattamento speciale (invecchiamento di tre anni e altre regole da disciplinare) che li rendono degni della denominazione Taurasi, la quale sta ad Aglianico, per capirci, come Brunello a Sangiovese.

Ma se il vostro budget del momento è più basso, potete godervi le gioie dell’aglianico con gli 8 euro del Rubrato, sempre dei Feudi di San Gregorio, o col Vesevo, aglianico beneventano di grande soddisfazione, anche nel prezzo.

Per concludere, non posso dimenticare un capolavoro assoluto, un rosso del sud che, a mio parere, può reggere e vincere confronti con i grandi bordeaux e con i bordolesi nostrani, per intenderci, di stirpe Sassicaia. Non scomodo a caso gli uvaggi bordolesi, perché il leggendario Montevetrano (è lui, chi altri?) aggiunge ai classici vitigni di Guascogna, solo un dieci per cento di Aglianico, sì poco da sembrare un vezzo, una firma, ma tale non è. Semmai un ritocco, michelangiolesco.

Insomma, se volete il velluto del sud, potete scegliere fra vari e pregiati scampoli di tessuto. Ma sempre in grado di unire finezza e spessore: capacità rarissima nel mondo, ma diffusa fin nei capillari dei prodotti e delle genti del nostro mezzogiorno.

Annotazioni di Roberto Gatti-Winetaste-
L’autore del pezzo ha colto nel segno : i vini rossi del Sud Italia sono morbidi senza per questo dover essere, a tutti i costi, marmellatosi o piacioni. Morbidi significa che i tannini sono maturi e non verdi, le uve hanno visto tanto sole ed anche le brezze notturne, per cui sono ricche di aromi ma con i tannini maturi. Troppe volte in troppi vini rossi del Nord si riscontrano tannini verdi, vegetali ed allappanti a tal punto che molte volte fai fatica a degustarli. Vini si dice che hanno bisogno di tanti anni di affinamento in bottiglia e questo mi è capitato anche in diverse occasioni con il superblasonato per antonomasia che si trova in Toscana  da almeno alcuni decenni. ” Ma vedrai che tra 10 o 20 anni sarà buono, è un vino fatto per esprimersi al meglio tra 20 anni ” mi sento dire da qualcuno. Io invece la penso diversamente : i grandi vini devono essere buoni fin da subito e con gli anni migliorare, ma se non hanno la bevibilità nel momento in cui li compro che li compro a fare ? Per i posteri ?
L’autore ha citato alcune aziende campane, ma al Sud vi sono centinaia , se non migliaia di aziende che producono eccellenti vini rossi, tra cui i primi che mi sovvengono : Cantina di Venosa con il suo Carato Venusio, Cantine del Notaio, Basilisco e poi ancora in Puglia ; Pirro Varone, Gianfranco Fino, Conte Spagnoleti Zeuli, Torrevento ecc. e poi ancora in Calabria :
Ceraudo, Odoardi, Lidia Matera, Serracavallo, Tenuta del Castello, Tenuta del Principe, Librandi, Statti ecc.; e poi ancora in Sicilia : Caruso e Minini, Marabino, Cottanera, Nicosia, Baglio del Cristo di Campobello, Tenuta Gatti, Donnafugata, Planeta, Barbera, Milazzo, Gulfi, Feudo Arancio, Tasca d’ Almerita, Graci, Feudo del Cavaliere, Tenuta di Fessina ecc. ( solo le prime che mi sono balzate alla mente ), ed in Sardegna : Argiolas, Feudi Medusa, Dettori, Contini ecc.
( Mi scuso con  i tanti bravi produttori che non ho citato n.d.r.)
Sono anni che le mie preferenze per quanto riguarda i vini rossi si sono spostate al Sud, pur con tutte le belle occasioni che ritrovo molto spesso anche al Nord.
Roberto Gatti

Roberto Gatti

Giudice degustatore ai Concorsi Enologici Mondiali più prestigiosi tra i quali: » Il Concours Mondial de Bruxelles che ad oggi ha raggiunto un numero di campioni esaminati di circa n. 9.080, dove partecipo da 13 edizioni ( da 9 in qualità di Presidente ); >>Commissario al Berliner Wine Trophy di Berlino >>Presidente di Giuria al Concorso Excellence Awards di Bucarest >>Giudice accreditato al Shanghai International Wine Challenge ed ai maggiori concorsi italiani.

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