SPOLTORE – Coltivazione biologica, selezione delle uve in vigna, lunghi affinamenti in acciaio e cemento e mai in bottiglia prima del maggio successivo alla vendemmia per prodotti dalla grande personalità e con sfumature significative a seconda dell’annata, perché ogni stagione è diversa dall’altra. Ma il merito più grande dell’azienda agricola Famiglia Febo di Spoltore (Pescara) è quello di sperimentare l’invecchiamento dei suoi vini, una filosofia ancora troppo poco diffusa che, non senza difficoltà, sta riuscendo a far comprendere e apprezzare anche ai ristoratori, tra i quali prevale ancora la diffidenza nel servire un prodotto d’annata.
Divisi in quattro appezzamenti, i circa 7 ettari di vigneto, quasi tutti a pergola, nascono dall’unione delle aziende agricole dei due nonni di Davide Febo: una a Chieti, dove il nonno materno, lattaio, è sempre stato impegnato nel seminativo e aveva in affitto decine e decine di ettari e negli anni Settanta ha impiantato viti iniziando a vendere le uve. L’altra a Spoltore, dove il nonno paterno era invece più meticoloso nella vinificazione.
Poi “un mezzo salto generazionale”, come lo definisce Davide, coi genitori dipendenti pubblici che, pur continuando a dare una mano hanno deciso di allontanarsi dalla campagna, prima che lui, classe 1992, durante gli studi in Giurisprudenza a Bologna decidesse di riavvicinarcisi.
“Così papà è passato dall’aiutare nonno all’aiutare me”, racconta col sorriso, ammettendo che “nessuno di noi pensava di fare questo, anche se il mondo del vino l’ho sempre respirato. Nel 2015 maturo l’idea dopo aver frequentato alcuni corsi che mi hanno aperto un mondo”.
La sorella di poco più grande, laureata in Mediazione linguistica, decide di seguirlo nell’avventura e nel 2018 c’è la prima vendemmia, dopo una ristrutturazione ed un adeguamento della vecchia casa colonica al centro della tenuta di Spoltore, coi vigneti che guardano a Città Sant’Angelo cioè a nord, il più vecchio dei quali impiantato nel 1965. Diecimila ad oggi le bottiglie prodotte ma con grande volontà di crescita, seppur con cautela anche perché non si vuole prescindere dalle attenzioni che oggi si ripongono in tutta la fase produttiva, dalla vigna alla cantina.
A montepulciano, trebbiano e Cerasuolo quest’anno si è aggiunto il pecorino – prodotto sorprendente già al colore e al naso, dai quali sembra ci sia un contatto con le bucce che invece non c’è – ciascuno porta un nome che richiama alla terra, alla toponomastica, alla storia e ai nomi dei nonni. Evidenti le differenze tra i vini prodotti con le uve di Spoltore e quelli con le uve di Chieti, dove l’esposizione è a sud-sudovest e il terreno più sabbioso.
La raccolta e la fermentazione sono differenziate, può capitare che si decida di fare piccoli assemblaggi ma dipende sempre dall’annata, precisa Davide che, a chi gli suggerisce di lasciare le uve divise esaltando i cru risponde che è prematuro per le dimensioni e i volumi dell’azienda.
Con grande acidità, il Parella Trebbiano Famiglia Febo è la dimostrazione che questo vitigno ha grandi cose da dire. Evidenti le differenze tra il 2018, stagione molto piovosa, e il 2019, che al contrario è stata siccitosa, che li fa sembrare vini di due diverse aziende: l’aspetto più affascinante di produzioni limitate e rispettose dell’ambiente come questa.
“È un grande esempio di come la stessa vigna può esprimere prodotti completamente diversi in due annate diverse”, rileva Davide, che ammette come “serva pazienza e perseveranza ma il messaggio del vino d’annata sta passando!”.
Molto apprezzabili anche il Cerasuolo, dove pure sono evidenti già al colore le differenze tra il 2019 e il 2021 – con il primo scarico e il secondo molto evocativo dell’autentico rosa abruzzese – e il Montepulciano, molto poco tannico almeno all’inizio, che fa una macerazione di una settimana e va in bottiglia dopo due anni in vasca di cemento.
( Fonte Virtuquotidiane )