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I migliori produttori siciliani dell’enogastronomia isolana

Il Teatro Massimo di Palermo, lunedì 30 gennaio, ospiterà i Best in Sicily 2017, edizione numero dieci. La manifestazione, che è stata ideata dal giornalista Fabrizio Carrera con tutto il suo team del sito Cronachedigusto.it, premia il meglio dell’agroalimentare siciliano. Ecco le storie dei vincitori di quest’anno. Ieri abbiamo raccontato quelle di chi sta dietro locali, ristoranti, bar, pasticcerie, alberghi, oggi tocca a produttori e artigiani.

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Carlo Jr Hauner

Miglior produttore di vino

 

È il signore della Malvasia delle Lipari. Prima di lui, suo padre, dopo di lui, il figlio. Dalla piccola cantina a Lingua, a Santa Marina Salina, uscivano ed escono le bottiglie di questo vino che incantò, tra i primi, Luigi Veronelli. Era il vino liquoroso che gli eoliani facevano per sé, per gli amici e per le feste. L’arrivo, a metà degli anni ’60, di questo bresciano colto e ricco di creatività – pittore con esposizioni alla Biennale di Venezia e noto designer – sdoganò qualcosa di locale, rendendolo globale. Ed è grazie ad Hauner che molti contadini eoliani tornarono a occuparsi di vitivinicoltura. Carlo Jr, consapevole di dover gestire un’eredità importante e a tratti ingombrante, è stato fortunato, perché ama l’isola e fare vino esattamente come il padre. Con lui sono cresciuti gli ettari e le etichette: accanto alle Malvasie delle Lipari – naturale e passita – oggi c’è il Salina Bianco, il Salina Rosso e l’Antonello.

 

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Nicola ed Antonella Titone

Migliore produttore di olio

 

Agricoltori, olivicoltori e… farmacisti. Una contraddizione? Affatto. Anzi, gli studi scientifici hanno accresciuto il rispetto per la terra del Trapanese dove gli ulivi di questa famiglia sono gestiti a conduzione biologica. 5000 piante di Nocellara del Belice, Cerasuola e Biancolilla. Nata nel 1936, questa azienda è stata tra le prime in Sicilia a convertirsi al biologico – inizi anni ’90. Due i prodotti, L‘olio extra vergine Titone e la Dop Valle Trapanesi. Ma l’oro giallo è solo l’approdo finale di un percorso che inizia in campagna, come tiene a sottolineare la famiglia. Da qui le pratiche del sovescio con il favino e con la triturazione dei rami di olivo; la concimazione con lo stallatico e con i preparati fogliari fatti in azienda. Contro la mosca olearia poi – l’insetto colpevole dello scarso raccolto 2016 – i Titone utilizzano una trappola inventata dallo stesso proprietario e cartelle cromotropiche, bande di colore giallo ricoperte di colla che sfruttano il potere attrattivo dei ferormoni.

 

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Domenico Ferranti

Miglior produttore di formaggio

 

Domenico Ferranti è abituato ai riconoscimenti. Il suo pecorino siciliano raccoglie consensi da anni e si piazza sempre ai primi posti dei concorsi caseari. Molto deve ai pascoli di Santo Stefano di Quisquina, a Castronovo

di Sicilia, nel pieno del Parco dei Monti Sicani. La sua azienda zootecnica è circondata da pascoli e colline ed è vicina all’invaso formato dalla diga del fiume Plàtani. Qui i 1300 ovini vivono in totale libertà e il loro latte è l’ingrediente principe del famoso pecorino siciliano Dop. Con il latte delle 250 mucche invece produce il caciocavallo, con diverse stagionature, caciotte fresche e stagionate. Tutta vendita all’ingrosso, ricotta con zucchero compresa che è il modo migliore per farla viaggiare anche all’estero, richiestissima per cannoli e cassate. Ciclo aziendale chiuso, perché i Ferranti, da generazioni, si occupano anche del foraggio, coltivando orzo e avena. E si punta su un’alimentazione “molto sicula”: ai capi infatti viene dato il pastazzo di agrumi, che altro non è che il foraggio derivante da bucce, semi e polpa di arance.

 

Paul Bricius

Miglior birrificio

Il periodo d’oro dei birrifici artigianali non sembra avere cedimenti e non c’è regione in Italia che non abbia una o più brewery. Anche la Sicilia si difende bene, grazie anche alla possibilità di coprire una filiera tutta isolana – dalla produzione dell’orzo, luppoli, frumento e spezie. È il caso della Paul Bricius&Co, birrificio artigianale nato 20 anni fa a Vittoria per volontà e passione di tre amici, Fabrizio Traina, Paolo Trainito e Luigi Carrubba. Le birre non sono né pastorizzate né filtrate e sono tutte ad alta fermentazione. L’orzo, grazie anche alla collaborazione con il Centro Ricerca Agroalimentare di Acireale, è prodotto in casa, mentre per la maltazione ci si affida a terzi. Ma non sarà sempre così. I tre amici vogliono seguire anche questa fase di lavorazione e lo faranno ispirandosi a metodi arcaici, come quello mesopotamico – la civiltà culla della birra – che prevedeva malto impastato e cucinato nei forni a legna.

 

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Giuseppe Martinez

Miglior fornaio

Stando ai documenti, la ditta Martinez panifica a Trapani dal 1950, ma – come ricorda Giuseppe – bisognerebbe retrocedere la data almeno alla Grande Guerra, perché i suoi bisnonni avevano già le mani in pasta da tempo. Lui è l’unico di otto figli ad aver portato avanti l’attività, ma non avrebbe fatto nient’altro nella vita che stare tra farine e forni. Lasciata la scuola a 13 anni, il suo spazio è stato sempre quello del panificio. “Mi piace troppo trasformare le materie” dice. Da circa dieci anni queste si sono fatte più raffinate, o meglio, sono tornate a essere quelle di una volta, a cominciare dai grani antichi che già il padre aveva conosciuto e lavorato e poi abbandonati per il grano tenero, il grano del boom post Dopoguerra.

Oggi il panificio Martinez, grazie a un accordo con i Molini dal Ponte di Filippo Drago, lavora farine di Tumminia, Russello, Perciasacchi, Maiorca, oltre a fare pani con farro, orzo, avena, segale e miglio – i cosiddetti “pani della salute”. Totale, più di 25 tipi di pane tutti i giorni. E vanno fortissimi quelli alla curcuma e al pomodoro. Una curiosità? Il pane alle ortiche, con la mollica verde.

 

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Giuseppe Aleccia – Delizie di Alcamo

Miglior macellaio

 

Giuseppe entra per la prima volta in una macelleria a 10 anni e non ne esce più. La passione per questo lavoro inizia da bambino che, garzone, in bottega, pulisce gli ossi dai residui di carne per fare pratica con i coltelli. Di tempo per continuare la scuola non ce n’è, meglio imparare un mestiere. Di anni ne sono passati quaranta e la macelleria di Alcamo è una vera boutique delle carni. Quella locale è soprattutto bovina, grazie alle tante razze sicule disponibili, ma si trova anche la fiorentina, la piemontese e 20 anni fa Giuseppe vendeva già l’entrecôte di Angus. Lui consiglia anche la lombata austriaca da razza pezzata rossa. Gli allevatori di fiducia operano tutti nel raggio di 50 chilometri e Aleccia scommette sulla vacca cinisana, dal latte pregiatissimo, ma le cui carni – a detta del macellaio – non sono da meno. Lui ci confeziona un super hamburger da 13 centimetri di diametro. Altra specialità sono gli involtini, ben 13, tra cui il mediterraneo con mollica di pane tostato, pinoli, uvetta e caciocavallo ragusano. A Giuseppe piace tanto anche la tartare di carne cruda, che i siciliani faticano un po’ ad apprezzare. “Ma io dico sempre ai miei clienti – racconta il macellaio – se vi piace tanto la salsiccia cruda perché avete problemi con la battuta?”.

 

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Sebastiano Drago

Miglior industria conserviera

 

Samantha Cristoforetti, nello spazio per 199 giorni, si è nutrita anche del loro sgombro, condito con quinoa. I Drago infatti, con la società Argotech, sono stati tra i fornitori di cibo per la missione di @AstroSamantha due anni fa. Un prodotto non scelto a caso, trattandosi di pesce azzurro tra i più ricchi di Omega 3 e Omega 6. In particolare, quello lavorato dall’industria conserviera di Siracusa è quello della zona Fao 27, ovvero Atlantico Nord Est e Mar Baltico, molto più ricco di grassi rispetto a quello Mediterraneo.

Mentalità industriale ma tecniche artigianali, per sgombro, ma anche tonno, salmone e pesce spada, tutti cotti in acqua e sale e non a vapore, per garantire le proprietà organolettiche delle carni. La pulitura viene fatta a mano, perché – come spiega Paolo Drago – non ci sono macchine che possano garantire quel livello di precisione. Si va avanti così dal 1929, data d’inizio della storia aziendale che, negli anni, ha aggiunto una gamma di creme e paté ai classici barattoli di filetti. Niente amidi, né conservanti né coloranti, per prodotti in vendita anche sugli scaffali alimentari delle farmacie.

 

 

 

( Fonte gazzagolosa )