Con l’incalzante approssimarsi delle feste natalizie, si moltiplica esponenzialmente l’eventualità di ospitare o partecipare a cene e pranzi. Per scongiurare accostamenti ossimorici tra vino e pietanze, che potrebbero comportare l’annientamento vicendevole dei sapori, vi proponiamo 6 indicatori fondamentali ed imprescindibili da tenere a mente per non lasciar fare al caso.
I più esperti ed appassionati amanti del gusto cercano instancabilmente il vino perfetto per bilanciare il piatto che hanno di fronte. Taluni, fanatici enoici, cercano invece la pietanza ideale per esaltare le caratteristiche del proprio calice. Per quanti invece si collocano in medio tra i due estremi, un corretto abbinamento può significare un’apoteosi di sapori ed un accrescimento dell’esperienza sensoriale.
Iniziamo, dunque, dalle basi. Le espressioni del vino nascono da componenti specifiche: zuccheri, acidi, frutta, tannini ed alcol. Naturalmente, anche i cibi hanno componenti espressive del sapore, quali il grasso, l’acido, il sale, lo zucchero e l’amaro. Di conseguenza i migliori abbinamenti sorgono dalla ricerca di elementi, consistenza e struttura complementari.
Di norma, sarebbe utile conoscere almeno le tipologie più diffuse di vini bianchi e rossi per comprendere le caratteristiche delle varie uve. Dopodiché, a seguito di una conoscenza anche superficiale delle varietà enologiche, potrete seguire i seguenti indicatori (grasso, acidità, sapidità, dolcezza, amarezza e consistenza) al fine di addivenire ad un abbinamento compiuto.
Grasso. Molti dei nostri cibi preferiti, carni e formaggi, vantano, come noto, elevati livelli di grasso. Il vino, in questi casi, deve bilanciare il grasso con l’acidità, sovrastarlo con la tannicità o eguagliarne l’intensità con l’alcol. Non a caso i grandi rossi, i “super tuscans” fra tutti, sono sempre abbinati a carni rosse e formaggi stagionati. Inoltre, in questo scambio vicendevole, le proteine ed i grassi della carne ammorbidiscono il palato asciugato dai tannini. Ancora la rotondità delle nuance di frutta, bacca e sottobosco del vino rosso accompagnano al meglio la struttura coinvolgente delle carni pregiate.
( la famosa ruota dei sommelier Ais )
Acidità.L’acidità è un’altra caratteristica fondamentale presente sia nel vino che nelle pietanze. Nei vini aggiunge freschezza e soavità, e altrettanto accade nei cibi, come nel caso del succo di limone su un trancio di pesce fresco. Per un’ottima concordanza è importante che l’acidità del vino eguagli quella del piatto per evitare che il primo appaia blando e mite. Le insalate sono spesso una vera e propria sfida, ma moderando l’acidità del condimento potrebbero essere sostenute da un profumatissimo sauvignon blanc o semillon.
Sapidità. I cibi particolarmente salati sembrano limitare la fourchette di vini a disposizione. Il sale potrebbe storpiare il sapore di uno chardonnay, smantellare i sentori di frutta da un rosso o ancora rendere amaro l’alcol. Ma con un po’ d’immaginazione è possibile creare combinazioni creative finanche con vini frizzanti. Questi ultimi sono superbi con cibi fritti e salati. L’anidride carbonica ed i lieviti, ricordando la birra, ripuliscono il palato, apportando freschezza. Con i frutti mare, salati per natura, i vini frizzanti si dimostrano indubitabilmente una risorsa vincente. Non a caso le ostriche si accompagnano sempre allo champagne. I vini acidi spazzano via il sale e bilanciano gli intensi sapori di salsedine.
Dolcezza. Con dolci e dessert l’accostamento sembra scontato, un vino dolce. Ma attenzione! Sono varie le gradazioni della dolcezza. Talune ricette prevedono solo un pizzico di zucchero, come i piatti agrodolci. In questi casi un intenso chardonnay potrebbe essere la risposta. Elevati livelli di alcol tendono a fornire un’apparente dolcezza e bilanciare gli zuccheri. Con i dessert veri e propri la regola fondamentale è l’abbinamento ad un vino più dolce. In caso contrario gli zuccheri del dolce convertiranno la dolcezza del vino in spiacevoli sensazioni amare o aspre.
Amarezza. E l’amaro? In alcune culture i sapori amari sono parecchio apprezzati, ma più diffusamente vengono accuratamente evitati. Nei vini, l’amarezza è solitamente conferita da uve acerbe, botti mal trattate o proviene dai semi degli acini. Quando l’amarezza di un vino incontra l’amarezza di un piatto, la reazione è opposta a quella dello zucchero, l’una non elimina l’altra e non si combinano nemmeno.
Struttura. Per combinare la struttura bisogna immaginare i concetti di leggero e pesante. I cibi leggeri si abbinano a vini leggeri e lo stesso discorso vale per i pesanti. Per divergere dalla strada maestra, anche la via dei contrasti riserva intense soddisfazioni. Certamente quest’ultima soluzione richiederà maggiore sensibilità al fine di mantenere una tensione dinamica ed evitare di adombrare i sapori leggeri con presenze imponenti.
Ciò detto, come per ogni buona regola ci sono eccezioni, seguaci ortodossi e oppositori dissenzienti. Tuttavia, come sempre, il principio fondamentale rimane quello di assecondare il proprio palato e non aver timore di inoltrarsi verso nuovi orizzonti inesplorati che ampliano le percezioni gustative e perché no, della mente.
( Fonte italiani.net )
Annotazioni a margine
La teoria può aiutare molto anche in questo caso, poi bisognerà provare sul campo i vari abbinamenti ! Ricordo una serata di abbinamento vini e formaggi : in teoria era stata stilata una scaletta, ma prima della serata ci siamo ritrovati in 4 ( due sommelier Ais, un produttore di vini ed un docente Onaf ) , abbiamo fatto le varie degustazioni e la scaletta iniziale è stata completamente ribaltata. Morale della favola : ogni abbinamento va provato direttamente sul campo, in quanto a volte, la teoria ci manda fuori strada !
Buoni abbinamenti a tutti
RG