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Gustare il vino senza tante parole

Anche i professionisti sbagliano… Il giudizio sul vino non è una scienza esatta e tutti possono dire la loro, senza dover utilizzare un preciso codice di terminologie. Il vino buono è quello che piace al consumatore

 

Non ho nulla contro i sommelier che talvolta “sdottoreggiano” troppo dall’alto di una scienza infusa. Il giudizio sul vino, però – penso io, da letterato – non è una scienza esatta e tutti possono dire la loro, senza dover confrontarsi con un preciso codice di terminologie. Il giudizio può variare all’infinito. Come ha dimostrato un produttore americano che ha fatto assaggiare per tre volte lo stesso vino, in modo anonimo ovviamente, a diversi esperti, in momenti diversi: nessuno degli “esperti” ha confermato il giudizio precedente, sempre un nuovo punteggio, più alto o più basso. Anche i degustatori professionisti sbagliano…

 

 

E allora? Il vino è da gustare così, nella sua complessa semplicità. Non troppe parole, non troppi profumi astrusi. Dico ai sommelier barbosi (non tutti lo sono, per fortuna): non cullatevi nelle vostre parole, nelle cantilene. Il vino buono è quello che piace al consumatore che lo compra. Certo, il consumatore va educato alle sensazioni olfattive e di gusto, ma con semplicità, senza arrivare a teorie e denominazioni filosofiche o addirittura teologiche.

 

Resta poi vero che un vino cambia all’assaggio sulla base di come è conservato, della occasione in cui si apre la bottiglia, della compagnia con cui si è (ma anche gustato da soli può dare molta soddisfazione).

 

Conclusione: il vino è quella bevanda che più di altre si può presentare in tante maniere diverse, quindi – ripeto – non esiste il “Verbo”, non cediamo a lunghi pistolotti descrittivi, non sentiamoci inferiori perché non riconosciamo la punta di liquirizia “calabra”, il sentore della mela “caduta dall’albero” o della sella di cavallo “bagnata”. L’importante è che piaccia a noi e siccome la scelta, nei ristoranti, è sempre più ampia, largo alle scelte anche coraggiose, perché il vino non finisce mai di stupire.

 

 

( Fonte Italiaatavola )

 

 

Annotazioni a margine

 

Ho riproposto questo articolo del collega Roberto Vitali perchè mi trova in linea generale d’accordo con quanto scritto, salvo alcuni punti.

 

I PUNTI CHE MI VEDONO D’ACCORDO

 

1 ) Anche i professionisti sbagliano !

 

Certamente non siamo macchine e tutte le giornate non sono uguali !

 

2 ) Il giudizio sul vino non è una scienza esatta !

 

verissimo anche in questo settore subentra il gusto personale !

 

 

3 ) il vino buono è quello che piace al consumatore !

 

verissimo

 

 

4 )non cediamo a lunghi pistolotti descrittivi, non sentiamoci inferiori perché non riconosciamo la punta di liquirizia “calabra”, il sentore della mela “caduta dall’albero” o della sella di cavallo “bagnata”.

 

Verissimo : piu’ volte ho scritto che è inutile ” sciorinare ” piu’ di 3o 4 riconoscimenti olfattivi, perchè poi diventa solo pura e semplice fantasia ;

 

 

I PUNTI CHE NON MI VEDONO D’ACCORDO

 

1 ) tutti possono dire la loro, senza dover utilizzare un preciso codice di terminologie

 

Non la penso esattamente cosi’, dal momento che anche in questo settore esiste un a-b-c- dei termini, quindi per capirci dobbiamo usare tutti gli stessi termini. Ad esempio se voglio descrivere o parlare di un vino che ha un leggero residuo zuccherino, non potrò definirlo ” dolce ” ma semplicemente ” abboccato ” ; altro esempio : se un vino giovane è di colore porpora o rubino non potrò definirlo rosso aranciato e via di questo passo ;

 

 

Quindi dobbiamo usare termini piu’ semplici, non sciorinare 15/20 e piu’ termini di riconoscimenti olfattivi nello stesso vino, perchè in questo modo si farebbe cattiva informazione, per cui approvo nei suoi contenuti l’articolo di Roberto Vitali !

Avviciniamo il consumatore medio al vino e non facciamolo fuggire intimorito !

Roberto Gatti