Il francese Sébastien Bras, del Le Suquet a Laguiole, ha annunciato di aver scritto alla direzione della guida per esserne escluso.
Vuole “avere uno spirito libero” e meno pressione: lo chef francese Sébastien Bras, titolare del rinomato tre stelle Le Suquet, meta di gourmet che da tutto il mondo raggiungono la regione dell’Aubrac, nei Pirenei, vuole rinunciare al prestigioso riconoscimento assegnato da quella che è considerata la Bibbia dei viaggiatori amanti della tavola.
Sebastien Bras
Bras di fatto si tira fuori da una cerchia molto esclusiva, visto che i tre stelle nel paese d’Oltralpe sono solo 27.
Come riporta Le Monde, ha annunciato di aver chiesto di non essere incluso nella guida rossa nel 2018 “in accordo con tutta la sua famiglia”. Si riferisce evidentemente soprattutto al padre, Michel Bras: è lui ad aver conquistato fin dal 1999 i tre ambiti “macarons” da cucire sulla giacca, grazie a una cucina che è un inno al paesaggio e alla vegetazione di quell’angolo della Francia. Ma anche cita la moglie Veronique, al suo fianco nel lavoro e nelle decisioni.
Il 46enne Sébastien Bras guida l’impresa di famiglia da dieci anni nel solco del percorso tracciato dal padre, ma adesso svela di voler “aprire un nuovo capitolo” nella sua vita professionale, senza la benedizione della guida rossa, ma semplicemente basandosi sulla sua passione per la cucina.
“A quarantasei anni voglio dare un nuovo senso alla mia vita: professionale, sì, ma anche alla mia vita in generale e di ridefinire i valori essenziali”, spiega, dicendo con orgoglio di aver dimostrato che ormai ha vinto la sfida con il passato. Ovvero, come sottolinea a Sapori il critico francese Nicolas Chatenier, il paragone con suo padre.
“La guida Michelin è stata un grande stimolo, una fonte di molte soddisfazioni – ha detto – ma anche causa di una grande pressione, che inevitabilmente l’attribuzione delle 3 stelle porta con sè. Ogni giorno, uno dei 500 piatti che esce dalla cucina può essere giudicato ed è faticoso. Forse perderò in notorietà, ma sono pronto ad accettarlo”, assicura.
Sébastien con il padre Michel Bras
“Oggi voglio offrire il meglio di me, con la leggerezza di sentirmi libero, senza chiedermi se le mie creazioni soddisfino gli ispettori Michelin o no”, aggiunge Braa, che promette tuttavia che il cliente dovrebbe “non vedere la differenza”. Perché “mia moglie ed io vogliamo essere liberi per poter creare senza tensioni, far vivere la nostra Maison con una cucina, un’accoglienza e un servizio che sono l’espressione del nostro spirito e del nostro territorio”.
Quasi a volersi giustificare con chi non capisce lo stress dato da uno stato di costante competizione, lo chef dice: “Tutti, ristoratori, clienti e guide, hanno in un angolo della mente il suicidio nel 2003 dello chef a tre stelle Bernard Loiseau (si uccise dopo che la guida Gault & Millau gli tolse due punti e i giornali scrissero che era il preludio alla perdita di una stella, ndr), ma hanno dimenticato il suo spirito”.
Alcuni potrebbero dire che i precedenti di una scelta di questo genere non mancano: nel 2005 Alain Senderens decise di rinunciare al prestigioso traguardo lasciando l’elegantissimo Lucas Carton per aprire un bistrot; nel 2006 Antoine Westermann ha fatto lo stesso lasciando il tristellato alsaziano “Le Buerehiesel” per una serie di locali parigini più informali, come nel 2008 Olivier Roellinger che chiuse il suo tre stelle Maisons de Bricourt a Cancale per aprire il più semplice Le Coquillage. Ma in effetti non è esattamente la stessa cosa.
Infatti, come sottolinea Madame Dorland-Cauzel, membro del comitato esecutivo del gruppo Michelin, in quei casi gli chef avevano cambiato ristorante e stravolto l’impostazione (sala e cucina) del loro lavoro. Quindi si erano di fatto tirati fuori dalla tre stelle, ma senza chiederlo esplicitamente. Il caso Bras rappresenta davvero in Francia una prima volta.
“Per la prima volta uno chef ci domanda di non figurare più nella nostra guida” ha dichiarato Dorland-Clauzel, precisando che l’esclusione non sarà affatto “automatica”. “Esamineremo la domanda e rifletteremo su cosa fare” – ha detto – “perché la Guida Michelin non è fatta per i ristoratori ma per i clienti e la sua indipendenza risiede anche nell’attribuzione senza distinzioni dei riconoscimenti”.
In Italia un caso simile aveva visto protagonista nel 2008 “il maestro” per antonomasia, Gualtiero Marchesi. “D’ora in poi non accetterò più voti, punteggi, stellette” aveva detto in polemica con la Michelin Italia, chiedendo piuttosto un giudizio articolato, una descrizione, un commento al posto di un arido simbolo. Per tutta risposta, l’anno successivo, nell’edizione 2009 la Rossa lo citava solo come “ristorante d’albergo” (era all’Albereta in Franciacorta).
A proposito della grande pressione legata alle tre stelle evocata da Bras, Madame Dorland Clauzel ha sottolineato che “è inerente all’eccellenza” e che “l’eccellenza significa lavorare con rigore e che questo non è evitabile”. La cucina, in questo senso, “non è l’unico campo in cui accade, è ugualmente verso per i grandi atleti. Noi siamo soliti dire ai cuochi di non lavorare per la Rossa, ma per i clienti”.
( Fonte Repubblica )