417+1. Sono i numeri del The Institute of Masters of Wine, la più autorevole e antica organizzazione – inglese – che nei suoi quasi 70 anni di età non aveva mai aperto le sue porte a un italiano. Nonostante la cultura vitivinicola del nostro Paese. A sfondare questo tetto di cristallo c’è riuscito Gabriele Gorelli, classe 1984 di Montalcino, innamorato ed esperto del vino fin da piccolo, tanto da dedicarvi un’intera carriera e diventare un brand builder di cantine apprezzato dentro e fuori i confini nazionali.

Master of Wine: Gabriele Gorelli è il primo italiano a fregiarsi del titolo

Quattrocentodiciottesimo al mondo, Gorelli ha superato un percorso lungo, durato cinque anni e iniziato nel 2014 a Firenze, quando la capitale del Rinascimento ha ospitato il Symposium dell’organizzazione, l’evento quadriennale che vede insieme a confronto tutti i Masters of Wine del mondo. Quell’anno molti hanno tentato l’impresa iniziando il percorso di formazione, nel 2015 con lo “Stage One”, ma solo Gabriele ci è riuscito.

“Superato al termine del tradizionale seminario, ospitato in quell’occasione a Rust, in Austria: 12 vini alla cieca e due essay, che hanno spalancato a Gabriele le porte dello “Stage Two”. Il 2016 e il 2017 sono stati gli anni della formazione e dell’internazionalizzazione” e già nel 2018 a Gabriele spetta un primato, essere il primo connazionale a superare il secondo step dell’esame finale, “in cui il candidato analizza e racconta 36 vini, degustandoli alla cieca, in tre batterie da 12 durante tre giorni, in cui ha un ruolo apicale la comunicazione” e la contestualizzazione delle conoscenze.

Che non devono essere aleatorie ma concrete, come l’argomento della tesi con cui Gorelli ha chiuso il suo percorso di studi: la lotta ai precipitati di quercetina nel vino imbottigliato: “Quercetin precipitation in Brunello di Montalcino. What are the organic fining methods to prevent this phenomenon occurring in bottle?”.

 

 

Capace di raccontare e sentire il vino, il Master of Wine deve anche essere capace di “portare un contributo nuovo e decisivo nelle dinamiche del commercio e dell’educazione al vino” a livello internazionale. Per questo la medaglia che si è appuntato Gabriele Gorelli al petto non è un primato esclusivamente suo ma, in potenza, un’opportunità per tutto il comparto vitivinicolo italiano.

La sua figura sarà, nelle speranze generali “un ambasciatore al servizio di tutti”. “Il ruolo dei Masters of Wine, storicamente è quello di rendere accessibili a tutti le eccellenze” e l’essenza di una filiera, commenta Gorelli stesso, sottolineando come sia “fondamentale che un Paese complesso come l’Italia, da un punto di vista ampelografico, storico, stilistico, possa contare su un ambasciatore che lo rappresenti in ambito internazionale.

Ancora oggi, nonostante il sapere enciclopedico degli anglosassoni, resistono convinzioni e pregiudizi sedimentati nei decenni, che restituiscono un’immagine distorta di quello che è il patrimonio enologico italiano. Perciò è fondamentale che ci sia qualcuno pronto a mettersi a disposizione dell’intera filiera, con la credibilità, l’autorità, ma anche il tono di voce ed il linguaggio adeguati, per rappresentare e raccontare l’Italia ed i suoi vini nel complesso universo del trade internazionale”.

( Fonte La Repubblica )

ANNOTAZIONI A MARGINE

Mi sono trovato in diverse occasioni concorsuali, in giro per il mondo, due volte in Cina ed ancora in Romania, a degustare vini allo stesso tavolo di Master of Wine internazionali. Ho sempre trovato persone preparate, modeste, che hanno saputo mettere a loro agio tutti i componenti della commissione.

La grande forza di chi è preparato in ogni settore e conosce veramente la materia sono la normalità e la semplicità, non la boria e l’altezzosità che è propria dei mediocri. A Gabriele Gorelli vanno tutti i nostri complimenti con l’augurio che porti alto il nome dei vini italiani in giro per il mondo.