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Ferrari, le 1500 bottiglie segrete

 

( Nella foto Matteo, Camilla, Alessandro e Marcello Lunelli)

 

 

 

Ci sono vignaioli con spirito da alpinisti (anche con il blazer blu). «Inquieti inguaribili», sempre verso una nuova vetta da esplorare. Come gli scalatori descritti nel libro «È buio sul ghiacciaio» da Hermann Buhl, il conquistatore austriaco del Nanga Parbat (8.125 metri). Matteo Lunelli, presidente delle Cantine Ferrari, è uno di questi vignaioli-alpinisti. La sua nuova sfida non è con l’altitudine, ma con il tempo.

 

Assieme ai suoi cugini (Alessandro, Camilla e Marcello), poteva già contare sul vino con le bollicine più premiate d’Italia, il Giulio Ferrari Riserva del fondatore. Ha alzato ancora l’asticella. Tra quattro giorni presenterà un vino unico. Il Giulio Ferrari Collezione. Solo 1.500 bottiglie per il debutto con l’annata 1995. «Un vino maggiorenne», lo definiscono i Lunelli. Diciotto anni trascorsi in cantina. Una vita in bottiglia iniziata in un’era lontana, mentre più a Sud, a Palermo, l’Italia processava Andreotti,e più a Ovest, a Parigi, i francesi sceglievano come presidente Jacques Chirac.

 

La longevità è la chiave di questo Trentodoc: 18 anni trascorsi in silenzio, quasi tutti ad evolversi e maturare sui propri lieviti nelle bottiglie (la sboccatura è del febbraio 2013). «Il nostro importatore cinese ha chiesto di comprare tutte le bottiglie della Collezione, ovviamente abbiamo risposto no, si troveranno in una serie selezionata di ristoranti ed enoteche».

 

Questo vino che «nasce già adulto» è un salto nel passato, perché ripete la genesi della prima bottiglia con l’etichetta Giulio Ferrari. Era il 1972. Mauro Lunelli per sette anni aveva nascosto ai fratelli alcune bottiglie in cantina. Settant’anni prima l’enologo Giulio Ferrari, dopo aver studiato a Montpellier aveva aperto l’azienda, in piccoli locali a pochi passi dal Duomo di Trento, portando lo stile della Champagne, con vigne piantate ad altezze più elevate. Nel 1952, passò il timone a Bruno Lunelli, partito da garzone nella bottega dei genitori dell’irredentista Cesare Battisti e diventando in poco tempo venditore di vino sfuso, Marsala di Florio e sapone di Marsiglia. E poi il protagonista del grande lancio di Ferrari. Bruno arrivò quando la cantina vendeva meno di 9 mila bottiglie, triplicò subito e fino al 1968 continuò a crescere (ora da Trento partono ogni anno 4,2 milioni di bottiglie, in 50 Paesi). Quindi lasciò spazio ai figli Franco, Gino e Mauro. Fu quest’ultimo a intuire che quel vino poteva avere una lunga vita, cambiando in meglio. Così è nata la Riserva del Fondatore.

 

«Come mio zio Mauro, anche noi — racconta Matteo Lunelli — abbiamo provato a conservare le bottiglie del 1995, sottraendole alle vendite delle annate, che di solito si chiudono in fretta. Il 1995 è stata un’annata straordinaria, forse la migliore del Novecento, per il Trentodoc (la prima doc dedicata al Metodo classico, eravamo noi all’inizio, ora le aziende sono 40). Abbiamo pensato che l’annata 1995 era ancora in grado di raccontare le nostre vigne e il nostro lavoro».

 

Assieme alla Collezione nascerà un Club per enoappassionati, con una serie di servizi. L’annuncio verrà dato mercoledì a Milano, in una cena con gli chef Nino Di Costanzo e Alfio Ghezzi, nel ristorante Larte, ispirato dalla Fondazione Altagamma, di cui Cantine Ferrari è socio e promotore.

 

«Il Giulio Ferrari Collezione — spiegano i Lunelli — sarà prodotto solo in piccola quantità, limitata e numerata, da annate particolarmente significative. È un vino dal gusto complesso, con aromi di frutti tropicale, cioccolato bianco e miele d’acacia. Abbiamo voluto spingere all’estremo il confronto con il tempo per raccontare potenzialità e caratteristiche della viticoltura di montagna e della vocazione del Trentino ai grandi vini».

 

Quello da cui nasce il Giulio Ferrari è un cru, un singolo vigneto di Chardonnay. Il vigneto si chiama Maso Pianizza, fino a 650 metri d’altezza, circondato dal bosco. Le giornate qui sono assolate, perché le piante sono esposte a Sud-Ovest, e le notti fresche, con un balzo termico che favorisce la maturazione aromatica dell’uva. Poca uva, di qualità elevata.

 

«L’altitudine e il fatto di essere circondato esclusivamente da boschi — spiega Matteo Lunelli — rendono il vigneto di Maso Pianizza facile da difendere solo con tecniche naturali, coerentemente con il progetto di “Viticoltura di montagna sostenibile”, che attuiamo in tutti i 120 ettari di proprietà e nelle terre dei viticoltori assistiti dagli agronomi di Ferrari».

 

Il vino «nato già adulto» ha nel proprio codice storico una fuga. Quando iniziò la Seconda guerra mondiale, Giulio Ferrari murò il portone della cantina e si rifugiò a Calceranica. Al ritorno, nel 1945, scoprì che il vino aveva resistito sia alle bombe sia al tempo. Furono le prime bottiglie con l’etichetta Riserva. Ora il tempo di affinamento è quasi quadruplicato. L’ultima tappa di un cammino da «inquieti inguaribili».