Il grande produttore patriarca del vino di Langa aveva 91 anni. Funerali sabato (24 settembre)
Forse per quei suoi occhi svelti e quell’aria sorniona da eterno ragazzo, Quinto Chionetti non amava sentirsi definire «il patriarca del vino di Langa». Eppure, era consapevole di ricoprire perfettamente quel ruolo. Aveva compiuto 91 anni meno di un mese fa e per tutti era il grande saggio del Dogliani, il vignaiolo a cui chiedere un consiglio o una parola di incoraggiamento. Ma il male che aveva iniziato a debilitarlo all’inizio dell’estate lo ha stroncato oggi pomeriggio (mercoledì 21 settembre) nella sua cascina di località San Luigi, a Dogliani.
Al suo fianco c’erano la moglie Gemma, il nipote Nicola e la nuora Maria. «L’unica vera ricchezza sono la famiglia e gli amici – ci aveva detto Quinto in occasione dei 90 anni -. Tutto il resto conta poco. Aveva ragione mia madre, quando ripeteva a noi fratelli: “Siate onesti, perché l’ultima camicia non ha tasche”». Subito dopo aveva citato il vino, o meglio ancora la vigna. «Ho speso tutta la mia vita tra i filari: ho iniziato da ragazzo e non mi sono più fermato. Se fai il vignaiolo, devi stare in vigna, non andare in giro per il mondo». Così facendo, aveva accumulato 76 vendemmie sulle sue spalle. «E ha avuto la forza di aspettare l’inizio del raccolto di quest’anno prima di andarsene – dice Nicola, che tre anni fa ha preso il testimone dal nonno alla guida dell’azienda -. L’attaccamento alla terra per lui era così forte, che faceva parte della sua stessa identità. La vigna, diceva, è come un bambino in fasce, che va curato e capito».
«LA SUA LEZIONE»
Era un uomo forte, Quinto Chionetti. Nel 1988, a 63 anni, aveva dovuto riprendere in mano le redini della cantina quando un terribile incidente stradale si era portato via il figlio Andrea e la nipote Elena. «Certe ferite non si rimarginano» diceva, ma negli ultimi tempi era contento di vedere il nipote, ex sindaco di Dogliani, impegnato anima e cuore nell’azienda che lui aveva fatto crescere e diventare una delle più rinomate a livello internazionale. «Mio nonno era un duro, non era facile fargli cambiare idea – dice Nicola -. Ma dopo tante battaglie, ci ha sorpreso la saggezza con cui ha trascorso questi ultimi mesi di malattia. Ha scelto di restare a casa, vicino a noi, e ha affrontato il trapasso con una serenità che ci servirà da lezione».
Una delle ultime volte che l’abbiamo sentito al telefono era insieme con Carlo Petrini: andavano a mangiare i pesci a Noli, dall’amico Pierantonio. «Quinto era un grande amico, un personaggio straordinario della nostra Langa che con tenacia e grande spirito di intraprendenza ha saputo portare il Dogliani al massimo livello – dice il fondatore di Slow Food -. Già Veronelli lo considerava uno dei più grandi vignaioli d’Italia. Fino a pochi mesi fa, andava ancora in giro con la sua auto a portare il vino a qualche affezionato cliente. Una carriera straordinaria, conclusa in modo esemplare con il passaggio al nipote Nicola».
ROSARIO IN CANTINA
I funerali saranno celebrati sabato (24 settembre), alle 15,30, nella parrocchia di Dogliani. Domani rosario in cantina e venerdì in parrocchia, entrambi alle 20,30.
( Fonte La Stampa )
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