Alta Mora a Pietramarina
Cusumano descrive una passione a lungo vagheggiata e ora conquistata. “Quando l’ho vista, questa terra, ho subito pensato che doveva essere mia”. Come Henry Miller: “Era ossessionato da un’idea fissa, possederla a qualunque costo”. Come nel libro Sexus dello scrittore americano la felicità è fatta di “Etna, di grappoli d’uva… buoni cibi, sole”.
Racconta Diego:
“Abbiamo cercato per anni un terreno sull’Etna, fino a quando abbiamo incontrato, per caso al bar, l’agronomo di Benanti: ci ha detto che dovevamo vedere un anfiteatro di vigne tra gli alberi di un bosco, da 800 a 1.000 metri d’altezza. In pochi giorni è diventato nostro. Abbiamo rifatto i terrazzamenti, piantato Nerello Mascalese, chiamato due mastri ottantenni per restaurare i muretti a secco secondo regole antiche. Operazioni ripetute nelle contrade Pietramarina, Sollicchiata, Porcaria e Verzella, dove stiamo costruendo la cantina ipogea con 42 vasche per vinificare in modo separato le uve di ogni zona. Oltre al Nerello Mascalese abbiamo piantato il bianco Carricante”.
I Cusumano sono una delle famiglie più potenti del vino siciliano. Il padre, Francesco, produceva mosti concentrati per il Nord. Poi la svolta grazie ai figli: ora l’azienda si estende da Palermo a Pachino, 530 ettari e 2,5 milioni di bottiglie (“con il 100% di nostre uve”) e un fatturato di 16,5 milioni nel 2014 (era di 1,6 milioni nel 2001, il primo anno con Diego e Alberto alla guida). L’ultimo avamposto sono i 18 ettari vulcanici.
La casa da abbattere a Guardiola “perché rovina il paesaggio”
Diego è allegro, indossa polo e pantaloni attillati, spinge sull’acceleratore della sua Panda 4×4 sui sentieri di pietre tra i filari. Può raccontare per ore ogni dettaglio, dal taglio dei centomila pali in castagno sulle viti ad alberello, alla futura sala di degustazione con vista sull’Etna. Si ferma a Pietramarina, sotto l’enorme roccia in cui i pastori avevano ricavato una stanza per ripararsi. Sullo sfondo la sagoma medievale di Castiglione di Sicilia. “Sembra un romanzo di Verga”, dice. È un attimo, e ci si immerge subito nella cantina ideata da Fabrizio Ruffino. I vini: i rossi (frutta rossa e spezie) e i bianchi (freschi e tesi) Alta Mora Etna 2013 e 2014. E il Guardiola 2013 (“splendido, gli darei 95 punti”, dice Diego). Su tutto vigila un piemontese, l’enologo Mario Ronco.
La cantina con la parete di roccia
Senza fantasia, pochi giorni fa il Süddeutsche Zeitung, ha chiamato Diego Cusumano “il nuovo Gattopardo”, descrivendo il “sorriso cinematografico” e la determinazione che l’ha portato in 15 anni da neolaureato in Economia a produttore che vende in 62 Paesi. “Inseguo posti belli, lì si fanno i grandi vini. Il mio motto? Non è il grande che mangia il piccolo ma il veloce che mangia il lento”. E con velocità torna, come nel libro di Miller, a parlare dell’Etna e dei sui vini.
“Questa casa la butto giù, mi rovina il paesaggio”. Sotto le nubi dell’Etna, in contrada Guardiola, è un vignaiolo a decidere il primo abbattimento volontario della Sicilia. Si chiama Diego Cusumano, con il fratello Alberto, enologo, sta costruendo una strabiliante cantina, nel cuore della terra vulcanica, con una parete in cui si vedono le radici delle viti soprastanti farsi largo tra le rocce. Sarà pronta fra due mesi. L’azienda si chiama Alta Mora.
Cusumano descrive una passione a lungo vagheggiata e ora conquistata. “Quando l’ho vista, questa terra, ho subito pensato che doveva essere mia”. Come Henry Miller: “Era ossessionato da un’idea fissa, possederla a qualunque costo”. Come nel libro Sexus dello scrittore americano la felicità è fatta di “Etna, di grappoli d’uva… buoni cibi, sole”.
( Fonte divini.corriere )