Il fatturato in Oriente rappresenta il 3% ma può diventare presto il 5% Secca invece la contrazione sul mercato italiano che oscilla tra il 10 e il 20%.
CALDARO. Le cantine vinicole altoatesine chiuderanno il 2013 leggermente in attivo ma certamente non grazie al mercato italiano, in particolare quello legato alla ristorazione, che ha accusato una contrazione tra il 10 e il 20 per cento. «Ci hanno salvato i nuovi mercati, come Cina, Giappone e Singapore che ormai rappresentano il 2-3 per cento del totale (e sono destinati ad arrivare al 5%) ma anche l’ottima tenuta di realtà consolidate come Germania e Olanda»: a sostenerlo è Armin Dissertori, ex presidente del Consorzio vini Alto Adige e attuale presidente della cantina sociale di Caldaro, che con il Paese del Sol Levante gode del canale privilegiato della Ashavi. Quest’ultima ordina, da anni, container interi di vino bianco da abbinare al sushi. Dissertori, oltre a raccontarci quali sono i vini di tendenza, ci ha spiegato quali saranno i tempi della vendemmia ormai alle porte. «Inizieremo tra il 6 e l’8 settembre a Cortina con Pinot grigio e Chardonnay e poi chiuderemo con il Cabernet a fine ottobre».
Partiamo dalla crisi sul mercato italiano. A quanto ammonta la contrazione?
«Siamo attorno al 10 per cento. Ma in Italia a funzionare così e così sono anche i canali della distribuzione».
Perché ?
«Sono troppo frammentati. In Germania sono cinque e da quelli non si scappa perchè coprono il 75 per cento del mercato. In Italia noi ci appoggiamo ad Esselunga, ad esempio, ma poi dobbiamo tenere presenti mille altri rivoli..».
Ma al ristorante l’italiano medio beve meno?
«Si, siamo nell’ordine del 20 per cento. Meno ferie significa anche meno vino».
In Olanda c’è ancora spazio per crescere?
«Non più di tanto. Siamo vicini al break even point. Resta un buon mercato ma non un mercato in grado di risollevare le sorti di una stagione così così. Come questa».
Qual è il bianco che tira di più?
«Il Pinot grigio perché è un vino semplice, con un buon rapporto qualità prezzo e che all’estero gradiscono molto».
E il Gewürztraminer?
«Va decisamente meglio in Italia che all’estero».
Tra i rossi per quali varietà si avverte una ripresa?
«La Schiava e il Santa Maddalena. Si tratta di vini meno corposi e facilmente bevibili. Sul mercato tirano meno i vini da degustazione. La bottiglia si apre e si finisce durante un’unica serata».
E il Lagrein?
«Resta il nostro vino di punta in provincia. Una garanzia per gli altoatesini».
Nella sua cantina le vendite sono calate?
«Solo per le bottiglie da litro, ovvero il cosiddetto vino da tavola dove la battaglia si fa sul prezzo e anche un centesimo di differenza è importante. Meglio puntare con decisione sui sette decimi».
È vero che quando riceve ordini dall’Oriente spesso si tratta di container interi?
«Si, arriviamo anche a 20 mila bottiglie alla volta con pagamento anticipato. Una bella iniezione di liquidità».
L’Alto Adige resterà un piccolo produttore destinato a coprire una nicchia di mercato?
«Sì, con i nostri 380 mila ettolitri l’anno arriviamo all’1 per cento della produzione nazionale. La nostra reputazione è ottima ed i responsabili commerciali della nuova generazione sono preparatissimi e conoscono più lingue. Una vera manna per l’export».
(Fonte altoadige.gelocal.it )
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