Curiosità

Dalla pronta beva al vino longevo

Conoscenza, comunicazione e piacevolezza. Sono queste tre le parole chiave del confronto nel mondo enologico: fra tecnica e percezione del valore, il tempo del vino è un argomento ampio che stimola la riflessione

 

foto Gaia Menchicchi

Una volta intorno al tavolo, al Festival di Gastronomika, dopo qualche timido saluto e presentazione, iniziano le danze di un confronto lungo, coinvolgente e vasto, ricchissimo di spunti, che ha portato a importanti considerazioni.
I protagonisti sono enologi, comunicatori e figure del mondo della sala e della somministrazione e questa tavola rotonda dell’area enologica ha un titolo che già da solo spalanca tante considerazioni: “Il tempo del vino – Non ho l’età…”. Il dialogo parte con considerazioni tecniche, spiegate dagli enologi e accolte e confermate da tutti i giovani professionisti presenti, che rispondono alla prima domanda: cosa significa produrre vini longevi? «La longevità è un termine abbastanza aleatorio, ma di grande importanza al giorno d’oggi per la produzione del vino. I vini longevi sono quelli che riescono a invecchiare con equilibrio, che non seguono unicamente la logica del carpe diem, ma che al contrario, sono in grado di evolversi nel tempo.

È proprio grazie al potenziale evolutivo che possono suscitare emozioni, rappresentare al meglio la territorialità grazie alla capacità di esprimersi anche attraverso l’imprescindibile fattore umano». Questo concetto, frutto di una discussione molto più ampia di quella qui riassunta, mette in luce un aspetto ben preciso, e fondante, cioè quello del fattore umano. Sì, perché il vino, per sua natura, è un prodotto dell’uomo fatto e ideato per l’uomo; quindi, il comprendere il perché un vino debba invecchiare e quali sono i vantaggi legati all’invecchiamento e alla longevità è necessario, non solo per gli amanti ed esperti del settore, ma anche per i consumatori.

 

foto Gaia Menchicchi

È a questo punto del confronto che si innesta una domanda apparentemente fuori tema, ma che viene accolta con grande interesse dal gruppo. Che importanza ha produrre vini longevi al giorno d’oggi, e soprattutto, i vini invecchiati corrispondono ai trend di beva contemporanei? Secondo gli enologi e tecnici presenti la risposta è chiara e netta. «È fondamentale. Oltre a rappresentare un tratto poetico e affascinante, un vino invecchiato ha una storia alle spalle ed è la fotografia di una stilistica, di un’annata e di un territorio. È un gioco di tecnica che raccoglie e testimonia il savoir-faire di chi lo ha prodotto e plasmato.

Dunque, in termini produttivi, la questione non si discute: produrre vini capaci di invecchiamento e di longevità è necessario sia a livello produttivo che di consumo. Giocare con le annate e con la degustazione di vini del passato è parte della bellezza del vino. Il tempo è dunque fondamentale. Il vino va saputo attendere, indipendentemente da quelle che sono le esigenze del mercato e dei consumatori. Chi conosce il vino saprà attendere e capirà l’importanza di quel prodotto. Inoltre, chi ha detto che un vino invecchiato non abbia una beva semplice e contemporanea?».

 

foto Gaia Menchicchi

A questo punto si inseriscono con grande partecipazione gli altri professionisti che mettono sul piatto della discussione ulteriori importanti fattori. Gustativamente parlando, un vino invecchiato acquisisce caratteristiche organolettiche e aromatiche più ricche. I vini invecchiati con una beva più immediata e contemporanea esistono, ma per molti di loro sono da considerarsi delle eccezioni. Inoltre – incalzano i sommelier – «saper attendere un vino è qualcosa di importante ma spesso, se si esce dal mondo di tecnici e appassionati, il consumatore medio è spaventato da alcuni vini “troppo vecchi”, non si sente all’altezza di quella degustazione, non ha il background per affrontarla e questo porta a non ordinarli una volta che è al tavolo».

foto Gaia Menchicchi

È in questo momento che si mettono a fuoco le prime due parole chiave del tavolo: conoscenza e comunicazione. È innegabile, il settore vino nel suo insieme, richiede conoscenze e una preparazione che non tutti i consumatori possono avere. Un enologo dovrà produrre consciamente ciò che meglio dà voce alla sua azienda e ai suoi vini rappresentandoli attraverso l’invecchiamento o attraverso la pronta beva. Sarà poi però importante creare un sistema comunicativo solido, basato sulla preparazione dei singoli protagonisti che fanno divulgazione, capace di far apprezzare – specie alle nuove generazioni di bevitori – il valore e l’importanza di queste tipologie di prodotti.

Comunicatori non solo nell’ambito dei media, ma anche nella ristorazione, ruolo prettamente di competenza del sommelier, che diventerà il primo e diretto divulgatore, proponendo, vendendo e raccontando direttamente la bottiglia al cliente finale. Professionisti preparati, capaci di trasmettere il valore del tempo, che si fa materia e che diventa vino.
La formazione diventa dunque, anche per quest’anno, uno dei fattori fondamentali per la buona riuscita e affermazione di un prodotto che di storia e di fascino ne ha da vendere.

 

Ecco che, mentre spunti e temi aumentano, ma il tempo – appunto – diminuisce, viene fuori l’ultima parola chiave di questo incontro: piacevolezza.
Qualunque sia la storia o il tempo che ha attraversato quel vino, il fattore della piacevolezza del gusto resta immutabile. È proprio sul concetto di piacevolezza che tutti i partecipanti del tavolo sono concordi. Il tecnico lavora e lavorerà per la gradevolezza del prodotto, e il comunicatore e il sommelier dovranno comprendere e capire attraverso la loro preparazione in che modo presentare e spiegare quel gusto e giocare su abbinamenti che lo esaltino al meglio. Un lavoro di squadra, grande e complesso, ma non impossibile, ogni qual volta ci sia la volontà di far apprezzare a questo mondo che va di fretta la bellezza di trovare e scoprire il tempo, grazie ad un bicchiere di vino.

( Fonte Linkiesta.it )

ANNOTAZIONI A MARGINE

 

Un argomento che richiederebbe fiumi di parole, ma per riassumere il mio pensiero posso dire che , erroneamente, la stragrande maggioranza dei consumatori medi chiedono sempre le ultime annate. Da anni consiglio di degustare, anche per i vini bianchi, annate con almeno due o tre anni di affinamento in bottiglia, per certi rossi possiamo arrivare anche a 7/8 ( vedasi Sagrantino di Montefalco che se degustato prima creerà non pochi problemi di tannini scontrosi ). Cosi’ pure per l’amarone della Valpolicella ecc.

 

I degustatori e/o consumatori evoluti, con l’aumentare delle conoscenze ed esperienze degustative andranno sempre piu’ alla ricerca delle annate ” d’antan “, per trovare le note ” terziarie ” non gradite al grande pubblico. Quindi un discorso molto ampio ed articolato, molto difficile da sviscerare ed approfondire in un articolo sul web ! Ad ognuno il suo vino, in base ai gusti personali, all’età, alla esperienza degustativa ecc.

RG

Roberto Gatti

Giudice degustatore ai Concorsi Enologici Mondiali più prestigiosi tra i quali: » Il Concours Mondial de Bruxelles che ad oggi ha raggiunto un numero di campioni esaminati di circa n. 9.080, dove partecipo da 13 edizioni ( da 9 in qualità di Presidente ); >>Commissario al Berliner Wine Trophy di Berlino >>Presidente di Giuria al Concorso Excellence Awards di Bucarest >>Giudice accreditato al Shanghai International Wine Challenge ed ai maggiori concorsi italiani.

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