Il vino della cooperazione sale sul podio con 493 cooperative attive, 4,3 miliardi di ricavi e 1,8 miliardi di export.
( vini della cooperativa Nino Negri della Valtellina )
Numeri che confermano anche il salto di qualità della cooperazione: non solo Tavernello e Lambrusco ma anche Valpolicella, Prosecco, Chianti, Primitivo di Manduria e Barbaresco. Infatti negli ultimi anni lo shopping delle cooperative ha toccato i prodotti di fascia alta.
Un’indagine realizzata da Alleanza delle cooperative in occasione di Vinitaly (10-13 aprile a Verona) ha fotografato il peso della cooperazione nelle Dop e Igp. La ricerca prende spunto da una rilevazione Ismea che attribuisce al vino cooperativo il 52% del vinificato complessivo delle Dop e il 65% delle Igp, quote superiori rispetto al peso coop sui vini comuni, il 50%.
«La cooperazione del vino in questi anni si è evoluta più che negli altri settori – osserva Ruenza Santandrea, coordinatrice del vitivinicolo dell’Alleanza delle cooperative agroalimentari -. Allo stesso tempo le politiche di branding hanno raggiunto livelli record, prova ne sia che tre delle nostre aziende cooperative sono nella Top 5 della Ue».
( la cantina Cooperativa Cavit in Trentino )
Giv al Top
In cima alla classifica italiana ci sono Giv (con 358 milioni di ricavi), Caviro (300) e Cantine riunite & Civ (201). «Dalla Sicilia alla Valtellina, dalla Puglia al veneto – commenta Corrado Casoli, presidente di Giv – siamo fortemente legati al territorio. Seguiamo le regole del mercato ma rispetto ai privati abbiamo una responsabilità in più: valorizzare i territori e distribuire i benefici ai soci». Giv, che realizza all’estero il 77% del fatturato, ha appena aperto una società di trading in Cina. «Vogliamo fare un passo più deciso in questo grande mercato – spiega Casoli – Ci siamo dotati
di personale residente e stimiamo costi di start up, tra organizzazione e attività, intorno ai 2 milioni. I risultati arriveranno».
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Dal Tavernello al Brunello
L’indagine di Alleanza delle cooperative parte dal Prosecco Doc, dove il 50% della vinificazione proviene dalla cooperazione, come pure la griffatissima Valpolicella dove 3 bottiglie stappate su 5 hanno origine sociale. Una roccaforte, quella del Veneto, che si manifesta anche con l’80% del Soave Doc o del 53% del Custoza. In Trentino la presenza tra i vini di qualità è ancora più marcata, con quote oltre il 90% del prodotto per le Doc di Teroldego Rotaliano, Trentino, Valdadige e Casteller e un 24% per lo spumante Trentodoc. Ma anche in Toscana e Piemonte, regioni simbolo del made in Italy enologico, la cooperazione controlla il 10% della produzione del Brunello di Montalcino, il 15% del Barolo, il 20% del Chianti Classico Docg, il 50% del Nobile di Montepulciano, il 42% del Dolcetto di Dogliani e il 22% del Barbaresco. In Emilia Romagna la quota sale al 90% per il Lambrusco vinificato e al 75% per il Sangiovese. In Puglia si contano 6 Doc pari all’80% dell’intera produzione mentre il Primitivo di Manduria raggiunge quota 40%.
( Fonte Ilsole24ore )
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