Superare le crisi di astinenza , dal primo ottobre disponibile anche in Italia il primo farmaco autorizzato per la riduzione del consumo di alcolici in soggetti affetti da dipendenza: così si arriva a smettere un poco per volta.
Il medicinale attenua le percezioni gratificanti che fanno scattare il desiderio di continuare a bere
Milano, 26 settembre 2013 – Smettere di bere è un po’ come dover scalare una montagna per chi non è alpinista: l’impresa è faticosa, fa paura, e così si rimanda continuamente. Da alcuni giorni è disponibile in farmacia un prodotto che dichiara la capacità di far diminuire il desiderio del consumo di alcol negli alcolisti. Un farmaco in compresse, da assumere per bocca secondo necessità, cioè ogni volta che si percepisce la smania di ricominciare a bere. Il principio attivo è il Nalmefene. Commercializzato in fascia C, questo prodotto ribalta l’approccio all’alcoldipendenza, proponendo al paziente un’iniziale riduzione del consumo, più realistica e accettabile, per puntare gradualmente all’obiettivo finale della completa astensione.
Nalmefene – che deve essere prescritto solo in associazione a un supporto psicosociale – è indicato per i pazienti adulti con dipendenza da alcol elevata, quindi con alti rischi per la salute (malattie del fegato e cancro) e sociali (incidenti, violenza gratuita, perdita del lavoro ecc). In pratica è previsto per gli uomini che assumono oltre 60 grammi di alcol al giorno e le donne che ne bevono oltre 40, senza sintomi fisici di astinenza e che non richiedono interventi immediati di disintossicazione.
A titolo indicativo, una bottiglia di vino da 750 ml (12% di gradazione alcolica) contiene circa 70 grammi di alcol, mentre una birra da 330 ml (5% di gradazione alcolica) ne contiene circa 13 grammi.
«Nalmefene è un modulatore del sistema degli oppioidi che ne blocca i recettori e fa provare meno piacere nel bere – spiega Luigi Janiri, professore di Psichiatria all’Università Cattolica del Sacro Cuore -. Inoltre, la posologia ‘secondo necessità’ contribuisce a responsabilizzare il paziente e non lo sottopone all’assunzione del farmaco quando non serve».
Il nuovo medicinale è stato sperimentato in 3 studi clinici multicentrici (a doppio cieco) che hanno coinvolto circa 2.000 pazienti con diagnosi di alcoldipendenza. Gli studi Esense 1 e 2 (entrambi di durata di 6 mesi) hanno valutato l’effetto del consumo di alcol, mentre lo studio Sense (della durata di 1 anno) ha valutato la sicurezza e la tollerabilità. I risultati sono stati ben tangibili: i pazienti trattati hanno ridotto il loro consumo di alcol di oltre il 40% nel primo mese e di circa il 60% dopo 6 mesi.
Un successo importante, se si pensa che in Italia si stima che vi siano circa un milione di alcoldipendenti e che, di questi, solo poco più del 5% si rivolge ai Servizi deputati alla cura e alla riabilitazione.
«Quando l’alcoldipendenza esplode in una famiglia, la devasta – dice Emanuele Scafato, presidente della Società italiana di alcologia -. Questo disturbo mentale mina alla base le relazioni ed emargina il malato, ma anche chi vive con lui. Un vero dramma che spesso sfocia in comportamenti violenti, nel maltrattamento di minori e conviventi, nel danno alla cosa pubblica o alle persone, e che porta spesso alla ‘migrazione’ verso altre forme di dipendenza legali e non. Tutto ciò ha un costo elevato che implica spesso la perdita del lavoro, della produttività, l’assenteismo, o peggio, il presenteismo in condizioni di integrità fisica e psichica fuori controllo».
( Fonte qn.quotidiano.net )
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