I conservanti sono sostanze chimiche appartenenti alla categoria degli additivi alimentari.
In etichetta sono identificati dalla serie “E200”. I più comuni conservanti usati nell’Unione Europea (http://www.eufic.org) sono l’acido sorbico (E200), usato ad esempio per la conservazione di formaggi, marmellate; i solfiti (E221-E228) per il vino, la frutta secca, le conserve di frutta; composti a base di nitrati e nitriti (E249-E252) per gli insaccati; l’acido benzoico e i benzoati (E210-E213) per verdure sottaceto; la natamicina (E235) usata per i trattamenti superficiali di salsicce e formaggi.
Servono a proteggere gli alimenti dalle alterazioni di origine microbica e di origine ossidativa. Possono essere impiegati nelle diverse fasi della preparazione degli alimenti oppure per effettuare dei trattamenti sulla superficie di un prodotto. Per ogni additivo vengono definite delle quantità massime utilizzabili.
É infatti fondamentale, per alcuni conservanti in particolare, non superare le GDA (Dosi Giornaliere Ammissibili). Tra i conservanti che destano più preoccupazione vi sono quelli a base di zolfo e di acido benzoico perché si sono verificate delle reazioni negative in particolari soggetti sensibili.
I bambini sono tra i soggetti più a rischio di avere reazioni spiacevoli a questi composti. Proprio per tutelarli, è stato vietato l’uso di coloranti e conservanti in prodotti destinati a bambini fino ai tre anni (http://sapermangiare.mobi).
Proprio come alternativa all’uso dei conservanti sono nate due ricerche dell’Università di Foggia (facoltà di Agraria). La prima, riguarda la realizzazione di una glassa, per il rivestimento di prodotti da forno e di pasticceria, che riuscendo a preservare l’alimento, eviterebbe l’uso dei conservanti quali etanolo e prodotti a base di zolfo. Questo studio è stato pensato soprattutto per i bambini e i ragazzi che consumano generalmente molte merendine, le quali però sono molto ricche di additivi.
La seconda è invece relativa ad un sistema particolare di marinatura dei filetti di sgombro che permetterebbe di conservare il pesce anche per due settimane a temperatura ambiente e per tre settimane in frigo; in questo modo, senza dover ricorrere alla surgelazione, si preserverebbero la qualità e il valore nutritivo del pesce, come se fosse fresco. Rispetto alla metodica classica, la nuova marinatura non andrebbe poi a modificare in maniera profonda il colore, il sapore e la tenerezza del pesce.
( Fonte www.radiomadeinitaly.it )
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