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Consiglio interprofessionale, la storia

 


 


COMUNICATO STAMPA


 


 


 


 


Una storia breve, appena entrata nellottavo anno di età, e un obiettivo ambizioso e coraggioso: far conoscere il vino siciliano non approfittando soltanto del momento fortunato che lIsola sta vivendo dal punto di vista vitivinicolo, ma giocando sulle tante e diverse peculiarità che il terroir può offrire. Il traguardo è quello che vuole raggiungere il Consiglio Interprofessionale per i vini DOC ed IGT, nato nel 2001 nellambito delle iniziative promosse dalla Camera di Commercio di Agrigento per la valorizzazione e la promozione dei vini prodotti dal territorio. Tecnicamente le attribuzioni del Consiglio sono molto simili a quelle dei consorzi di tutela: si occupa della protezione delle Doc e delle Igt sottoposte alla sua competenza, vigila sul rispetto dei disciplinari di produzione, coordina le iniziative adottate dalle organizzazioni di categoria interessate alla produzione ed alla commercializzazione dei vini. A differenza dei consorzi, i quali il più delle volte vengono istituiti per una singola denominazione, però, il Consiglio interprofessionale estende la propria competenza ad un territorio più vasto, che ricomprende diverse denominazioni.


Quando penso alla Sicilia dice Marilena Barbera, produttrice e presidente del Consiglio interprofessionale dal 2006 non la considero unIsola, ma un arcipelago, poliedrico e sfaccettato: le sue tante anime, affascinanti e seducenti, esprimono una forza che ha radici millenarie. Qui, la grande varietà di territori, di microclimi, di ambienti naturali genera mondi differenti fra loro. Confrontare un vino dellEtna o delle Madonie con un vino che nasce a pochi passi dal mare è estremamente difficile, se non impossibile: utilizzare la stessa denominazione per indicare vini completamente diversi tra loro può diventare un elemento di confusione. Il riferimento è alluso, minimo, che si fa delle Doc nellAgrigentino: In provincia di Agrigento continua Marilena Barbera – esistono cinque Doc, purtroppo non ancora utilizzate al massimo delle proprie potenzialità: Menfi, Sciacca, Sambuca di Sicilia e Santa Margherita di Belice, nella parte occidentale della provincia, e una piccola porzione della Contea di Sclafani, nella parte settentrionale. La produzione più consistente di vini a denominazione riguarda lIndicazione geografica tipica Sicilia, con oltre 600 mila ettolitri annui, pari al 40% della produzione regionale. Di fronte a numeri così consistenti, il ruolo giocato dal Consiglio è estremamente importante: rappresentiamo ben 45 aziende, che con il proprio lavoro ed il proprio apporto in termini di esperienza, innovazione ed impegno in favore della qualità contribuiscono in maniera considerevole a quello che viene oggi considerato il Rinascimento enologico siciliano.


Ma in gioco cè di più. Paradossalmente, la grande attenzione che il mondo sta tributando al vino siciliano rischia di confondere il consumatore, che si trova a dover scegliere tra tante etichette senza informazioni adeguate e complete. Così, proprio la notorietà del nome Sicilia, da risorsa inestimabile per i produttori – che possono contare su una denominazione di grande traino e forza evocativa – rischia di diventare un boomerang, che può prestare il fianco a speculazioni. Le soluzioni, allora? Una strada che dovrebbe essere percorsa fino in fondo sostiene Marilena Barbera – è quella di concedere la denominazione Sicilia solo ai vini che completano nei confini regionali lintero ciclo di lavorazione, dalla produzione delle uve allimbottigliamento. Cè chi pensa che in questo modo si limiterebbero le opportunità commerciali per le aziende che hanno il proprio core business nel vino sfuso. In realtà si tratta di una scelta coraggiosa che valorizzerebbe leconomia del vino nel medio periodo, con il risultato di trattenere qui tutto il valore aggiunto generato dallimbottigliamento. Inoltre, si contribuirebbe a scoraggiare speculatori che acquistano grandi quantità di vino sfuso di dubbia qualità per imbottigliarlo allestero o al nord Italia, rivendendolo poi a prezzi stracciati.


Ma non è tutto. Perché londata di successo che ha portato i buoni risultati che tutti conoscono al vino siciliano, prevede adesso un ulteriore momento di confronto. La sfida che i produttori siciliani si troveranno presto ad affrontare conclude il presidente del Consiglio Interprofessionale – è sullidentità, quel vincolo del tutto particolare che lega i vini al territorio cui appartengono e che li rende unici ed irripetibili. Lidentità è frutto della interazione e sinergia tra elemento umano – fonte di creatività ed esperienza – ed elemento naturale – clima, caratteristiche dei terreni, conformazione fisica del territorio. In sintesi, ciò che i francesi,  decisamente molto attenti nella riflessione sulle potenzialità dei loro vini, chiamano terroir. Oltre che attraverso la propria appartenenza geografica e fisica al territorio in cui sono prodotti i vini esprimono la propria identità essenzialmente attraverso il rapporto tra luomo e lambiente, manifestatosi e sedimentatosi nel corso del tempo e rilevabile attraverso percorsi storici ed archeologici, culturali e socio-antropologici.