Continua la battaglia per il riconoscimento del Clinton e degli altri vini ricavati dagli ibridi produttori diretti. A confermarlo Franco Zambon (nella foto, a destra) di “Clinto de Marca”, associazione di Fontigo che aderisce alla “Confraternita del Clinto”, con sede a Thiene (Vicenza), l’ente nazionale che coordina le attività dei vari gruppi locali e che collabora con le “sorelle” degli altri paesi europei, come Francia e Austria, al fine di riportare Clinton e affini sul mercato.
“Il ministero dell’Agricoltura ci aveva dato appuntamento ieri per presentare tutta la nostra documentazione, ma per il poco preavviso non siamo riusciti ad andare”, spiega Zambon, che ricopre anche la carica di vice presidente della “Confraternita del Clinto”. “Tutto per ora è rimandato a dopo il 4 marzo, quando verrà formato il nuovo governo e si confermerà o meno l’attuale ministro. Allora porteremo tutti i dati raccolti nei mesi scorsi, che certificano la salubrità di questo vino”.
Gli ibridi produttori diretti nascono dall’incrocio tra diverse varietà di uve americane. In Italia la commercializzazione è proibita fin dal 1931, ma almeno fino agli anni Sessanta il vino ricavato da queste piante venne prodotto lo stesso in grande quantità, vista anche la facilità di coltivazione. I motivi alla base del divieto sarebbero diversi, ma riconducibili in sostanza alla tutela della vite europea rispetto a quella d’Oltreoceano, anche in ottica di salvaguardia dall’attacco di insetti come la fillossera.
La produzione di vino dagli ibridi produttori diretti è andata così scemando col tempo, ma negli ultimi anni sono nate delle associazioni anche nel resto d’Europa – l’Unione Europea vieta l’uso di quest’uva per la vinificazione – per promuoverne la salvaguardia e la legalizzazione.
Lo scorso anno una rappresentanza di questi comitati ha incontrato il commissario europeo per l’agricoltura Phil Hogan, che ha dato la propria disponibilità ad autorizzare l’utilizzo di vitigni di origine americana per far vino, a fronte però di studi che confermino che sono innocui. Da qui, la necessità di consegnare la documentazione raccolta al ministero dell’Agricoltura, in modo da dare il via al procedimento per ottenere il ritorno alla produzione.
Secondo le associazioni che ne promuovono la coltivazione, gli ibridi produttori diretti richiederebbero molti meno trattamenti rispetto ad altri tipi di vitigni e, in tal senso, l’aspetto biologico delle questione è stato inserito a pieno titolo fra le motivazioni di chi spinge a reintrodurre la produzione di Clinton e affini, accanto alle ragioni della tradizione.
Nel frattempo, “Clinto de Marca” prosegue la sua opera di “socializzazione” per farsi conoscere. La scorsa settimana ha ricevuta la visita di Alexandra (nella foto, al centro), giovane enologa della Nuova Zelanda ospite della scuola enologica di Conegliano, che ogni anno “scambia” per una visita il proprio studente migliore con il corrispettivo australe.
“Alexandra ha partecipato ad una serata della nostra associazione su invito dell’enologo e ricercatore Enrico Battiston (nella foto, a sinistra) – conferma Franco Zambon – Si è dimostrata molto interessata al Clinton e ha voluto approfondirne le caratteristiche e i metodi di produzione”.
(Fonte: Edoardo Munari © Qdpnews.it).
(Foto: Clinto di Marca).
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