Mozzarella blu, concentrato di pomodoro con scarti di fogliame, spaghetti “tipici” prodotti in Portogallo.
E ancora: 2100 chili di bresaola della Valtellina confezionata con carne di manzo uruguayana, decongelata, avariata e con tanto di marchio IGP. Ma nemmeno i dolci fanno eccezione: savoiardi, amaretti e crumiri spalmati con un olio lubrificante usato nell’industria delle plastiche e dei cosmetici; è la specialità di uno stabilimento del torinese. Per bere non c’è che l’imbarazzo della scelta, tra le migliaia di litri di vino sequestrato, adulterato o contraffatto, a seconda delle preferenze. Molti dei prodotti simbolo del nostro made in Italy provengono da vere e proprie attività criminali. Si chiama agromafia ed è un fenomeno in crescita: 12,5 miliardi di euro di fatturato all’anno, mentre le falsificazioni producono un danno alla nostra economia per 60 miliardi di euro. È la prima volta nella storia che, pur di fare affari d’oro, si rischiano avvelenamenti di massa. In gioco però non c’è solo l’alimentazione, ma anche una delle risorse più preziose del nostro Paese: la cultura e il valore del mangiare bene.
( Fonte La Feltrinelli )