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Cambiamenti climatici: alcune regole in agricoltura

Riduzione del 15 per cento delluso dellacqua, del 20 per cento dellimpiego di fitofarmaci, del 15 per cento delle lavorazioni superficiali dei terreni; aumento del 25 per cento delle produzioni di biomasse, del 10 per cento del biologico e del 3 per cento dei rimboschimenti; recupero di antiche varietà per laridocoltura e sperimentazione; messa in produzione di 30/40 colture idroresistenti. Queste alcune regole contenute in un decalogo che lagricoltore dovrà rispettare per ottenere primi significativi risultati entro il 2010 nella sfida posta dai cambiamenti climatici. Un decalogo che è stato predisposto dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori e presentato oggi a Roma nel corso del convegno, promosso dalla stessa organizzazione, sul tema Mutamenti climatici, acqua ed agricoltura. Quale domani. Convegno al quale sono intervenuti il presidente del Consiglio Romano Prodi e il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Paolo De Castro.


Di fronte ai cambiamenti climatici -ha affermato il presidente della Cia Giuseppe Politi- muta anche il modo di fare agricoltura, di programmare le colture, di sviluppare nuove soluzioni che permettano di superare le emergenze e di rispondere alle nuove esigenze degli imprenditori agricoli e soprattutto dei consumatori. I lunghi periodi di siccità, seguiti da piogge alluvionali, da trombe daria, come accade nei paesi tropicali, impongono nuove strategie e politiche di programmazione nel settore agricolo. Per questo motivo abbiamo individuato una sorta di decalogo per i produttori, attraverso il quale vogliamo contribuire allazione necessaria per la mitigazione degli stravolgimenti che ha subito in questi anni il clima e giungere così consapevolmente nella fase di adattamento.


Lagricoltura italiana, specialmente se condotta correttamente dal punto di vista ambientale, può ridurre -come è stato rilevato nel corso del convegno al quale hanno partecipato, oltre agli esponenti del governo, rappresentanti delle istituzionali nazionali ed europee, del mondo scientifico, economico e agricolo- le sue emissioni in atmosfera e contribuire ad assorbire la CO2 prodotta da altri settori. Ciò può avvenire attraverso una diffusione delle produzioni biologiche che, riducendo luso dei fertilizzanti e pesticidi chimici, abbattono le emissioni dal 10 al 50 per cento, una diminuzione delle lavorazioni superficiali del terreno, un adeguato sviluppo di biomasse per finalità energetiche in sostituzione delle fonti fossili.


Non solo. Nel suo decalogo la Cia indica lesigenza di sviluppare il rimboschimento e di un diverso approccio nellallevamento del bestiame. Ma anche modifiche nelle pratiche agricole attuali: ottimizzazione delluso del suolo, lavorazioni ridotte, luso di colture a radice profonda, differenti tipi di set-aside, la conversione da arativo a prato, la copertura invernale dei terreni, la manutenzione dei terrazzamenti, le rotazioni migliorative.


Insomma, lagricoltura, sebbene partecipi in misura ridotta alla emissione dei gas-serra (secondo i dati forniti con la metodologia dellIntergovernamental panel for climate change, il settore incide per il 5,4 per cento delle emissioni di CO2 ed il comparto forestale è addirittura responsabile attivo di un assorbimento di CO2 pari al 5,8 per cento delle emissioni dello stesso gas; per avere un ordine di grandezza: mezzo ettaro di bosco assorbe le emissioni prodotte da un autoveicolo per il periodo di vita del conducente), rappresenta -è stato ribadito durante il convegno della Cia- una chiave di volta per contrastare il degrado ambientale e soprattutto per combattere linquinamento del clima.


Secondo la Cia, un primo fondamentale e importante problema da risolvere riguarda, comunque, lacqua per irrigare i campi. Nellultimo decennio si è registrata una diminuzione nelle precipitazioni atmosferiche in tuttItalia (del 19,7 per cento nel Sud, del 14,1 per cento al Nord e dell8,5 per cento al Centro). La carenza di acqua, dunque, inizia ad avere effetti strutturali e non congiunturali, quali una estensione preoccupante della desertificazione a zone finora immuni da questo fenomeno e un netto calo di disponibilità idrica per i consumi civili e produttivi, agricoli in modo particolare. Anzi, a causa di una particolare distribuzione stagionale delle precipitazioni, la diminuzione dei volumi accumulati risulta proporzionalmente superiore a quella delle minori precipitazioni.


Purtroppo, il fenomeno, come si è visto in questi ultimi tempi, non è soltanto concentrato nelle regioni del Sud, ma si estende ormai anche a quelle del Centro-Nord. Questa situazione comporta evidentemente in primo luogo per il settore primario gravi ripercussioni sullagricoltura irrigua e sugli allevamenti.


A fronte di ciò la Cia ritiene indispensabile agire con provvedimenti immediati che affrontino lemergenza e con iniziative di carattere strutturale in grado di prevenire future situazioni di crisi.


Sul piano agronomico, e per certi versi della ricerca scientifica, bisognerà sviluppare -è stato sottolineato nel convegno- tutte quelle tecniche di miglioramento che portino alla produzione e alla diffusione di specie agricole resistenti alla siccità e alla sempre maggiore salinizzazione dei terreni. Daltra parte, occorre tenere presente che si stanno aprendo nuovi scenari sotto il profilo delle colture che dovranno adattarsi sempre più ad ambienti radicalmente cambiati.


Ma occorrerà operare anche sul fronte delle fonti di energia alternativa (biomasse, eolica, fotovoltaica, legno), senza ovviamente deupaperare lambiente naturale. Questo permetterebbe, oltre al risparmio energetico, di fronteggiare i problemi che oggi hanno le centrali elettriche tradizionali che non riescono a soddisfare le esigenze del Paese.


Da tempo -come è emerso dal convegno- la Cia sostiene e si batte perché sia riconosciuto il ruolo essenziale (già assunto dalla Convenzione Onu sui cambiamenti climatici e dal Protocollo di Kyoto) che possono avere le modalità di gestione dei suoli agricoli e delle foreste nelle strategie di mitigazione delleffetto serra, primo responsabile dellaumento medio della temperatura atmosferica. Rivendicazione, sempre più largamente supportata da autorevoli studi e ricerche scientifiche, che assume maggiore consistenza dopo la comunicazione della Commissione europea al Consiglio in materia energetica, che fissa lobiettivo di coprire entro il 2020 almeno il 20 per cento del fabbisogno dellUe con le energie rinnovabili.