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Ancora a proposito dei lieviti e dei solfiti

E’ di poche settimane fa, l’intervento sul web del dott. Umberto Trombelli, allievo e collaboratore del grande Giacomo Tachis, padre del Sassicaia, del Turriga, Tignanello ed altri vini stellari, consultabile al link :

https://www.winetaste.it/lignoranza-e-peggio-dei-lieviti-e-dei-solfiti/

 

Di seguito alcuni approfondimenti, scaturiti dalle domande e dalle risposte tra alcuni produttori, appassionati, addetti ai lavori e lo stesso Enologo Trombelli.

Buona lettura

 

 

PRIMA PARTE

 

” Botta e risposta

 

Volevo ringraziare tutti per l’interessamento al post pubblicato l’11 Gennaio u.s. “ L’ignoranza fa più danni dei lieviti e dei solfiti”. L’ ho scritto con impeto e personalmente non mi sarei mai aspettato di coinvolgere un pubblico così ampio quanto appassionato. Credo di aver toccato un tasto molto sensibile per cui sto preparando altri commenti a dei temi connessi ma solo sfiorati e che non era possibile inserire. Avrei dovuto scrivere un libro…!

 

Ho creduto giusto riunire, qui di seguito, alcuni commenti, positivi e negativi, tra i centinaia giunti attraverso la mia pagina e le ripubblicazioni. Mi è sembrato che i temi trattati assumano un maggiore approfondimento ed una migliore esposizione.

 

 

Autore

1) Non trovi però che i lieviti selezionati abbiano favorito gli alcol molto elevati degli ultimi anni?

R.) Non sono stati i lieviti la causa. Semmai se ne è fatto un maggior uso di quelli definiti con potere alcoligeno più basso o più specializzati. Lo sviluppo alcoolico elevato è stato causato dalle stagioni calde e dalla esasperata ricerca del raggiungimento delle maturità fenoliche da parte di alcuni produttori per cercare di addolcire i tannini.

I lieviti trasformano gli zuccheri che hanno a disposizione con una resa in alcool molto precisa. Di conseguenza il potenziale zuccheri alla vendemmia determina il grado alcoolico del vino. Un lievito indigeno potrebbe non avete le capacità di sviluppare tutto l’alcool perché esso è una tossina: ci sono lieviti più o meno resistenti all’alcool. Se tutti gli zuccheri non venissero svolti otterremo un vino dolce più o meno suscettibile di altre deviazioni durante la sua conservazione e certamente meno commerciale.

2) D’accordo, ma una volta si vendemmiava a concentrazioni zuccherine più basse per i timori dei blocchi di fermentazione. Mentre oggi con i lieviti selezionati gli alcol potenziali non sono più una minaccia

Una volta si vendemmiava 30-40 giorni oltre le date medie di raccolta di questi ultimi anni perché il clima era diverso, i vigneti, intesi come tipo di impianto, densità di impianti, forme di allevamento, cloni, erano diversi. Infine il gusto era diverso. Quali sono i grandi vini rossi italiani che sono più di moda di questi tempi? Amarone, vino potente e con residuo dolce, Sagrantino, stesso stile. 30 anni fa qualcuno considerava il Sagrantino? No. Perché senza maturità fenolica spinta e residuo zuccherino non si berrebbe tanto è di tannini verdi e astringenti.

Autore

1) Sono un piccolo vignaiolo , il cui lavoro va avanti dall’epoca di mio nonno , dopo aver per anni lavorato con l’aiuto di un enologo , mio caro amico , ho preso una direzione su vini , interamente prodotti dai miei vigneti , la fermentazione su buccia sia di rossi che di bianchi. vini non filtrati e senza solfiti aggiunti . ora , il punto a livello pratico è che per ottenere rifermentazioni in bottiglia i lieviti selezionati agivano con molta forza e con fermentazioni difficili da arrestare in particolare nei vini dolci … e quindi bisognava operare con metodi intensivi di filtrazione e raffreddamenti ( 0° o 2°) . Poi il gusto, totalmente diverso , essendo anni che li faccio ho notato una differenza di colori e sapori notevole , poi che piaccia in una maniera o nell’altra penso sia solo soggettiva , l’utilizzo in vigna di potenti veleni creano inevitabilmente il blocco fermentativo e quindi i lieviti selezionati sono d’obbligo per chi lavora nel convenzionale , e poi il grosso problema è il mercato , cioè i vini fatti diciamo con lieviti , chiarificazioni , solfiti ecc. ecc.. ecc.. si assomigliano tanto l’uno all’altro perchè si tolgono certe identità e quindi per vendere occorre fare la guerra dei prezzi , oltre ovviamente al discorso salutistico…. oggi sommelier , enologi ecc… sono i più ascoltati e spesso pende dalle loro labbra il giudizio di un vino , giudizio che spesso non è quello del bevitore medio , o della gente comune che vuole solo bersi un buon bicchiere senza tante menate di premi e giudizi , la vera cantina è la vigna e l’esperienza costruita nelle generazioni da un umile vignaiolo non so se può essere sostituita con facilità da enologi o critici in genere , diciamo che nel mercato c’è posto per tutti ma sconvolgere troppo la natura dei prodotti non mi convince .

 

R.) Vede allora che ci troviamo quasi d’accordo? Da tecnico le dico che non condivido il suo operato ma lo rispetto. Non solo ma la ammiro perchè rischia il suo.

2) bhè certo è un confronto di pensieri , ma sicuramente il vino anche se naturale non deve presentare certi difetti , volatili , eccessi di acidità , e quel sapore di brett … che nenche io amo , è un equilibrio di sapori e profumi , io cerco questo , poi non sempre va bene…

 

Autore

1) Approvo e diffondo, anche se penso che nessuno tra gli specialisti dell’ignoranza arrivi a leggere oltre la decima riga.

R.) Infatti molti commenti lo dimostrano ma uno sfogo è difficile da contenere in poche righe.

2) Anche una spiegazione sensata non si può racchiudere in poche righe, capisco tutta la frustrazione. È la stessa che ho io quando mio arrivano in cantina persone piene di primo livello sommelier e iniziano con ” il vino buono si fa in vigna e l’enologo fa solo chimica” ” il vino se puzza vuol dire che è naturale”. Purtroppo è quello che gli spiegano al corso

 

R.) Non tutti mi creda. Per esperienza conosco molti sommelier bravi e competenti. Sono più gli amatori dell’ultimo minuto che magari non curano nemmeno se stessi e poi criticano il prossimo per nascondere il proprio imbarazzo

Autore

1) Complimenti per le utili riflessioni. Ad onor del vero, sebbene io non ne sono un difensore ed un grande estimatore, esistono produttori corretti che nel nome della biodinamica, del biologico e del naturale ottengono prodotti di tutto rispetto che nulla hanno da invidiare ai prodotti ottenuti convenzionalmente. Convengo comunque che è “arroganza professionale “ e poco rispetto per i consumatori fare passare il concetto che un difetto si trasformi in pregio o segno tipico del territorio.

 

R.) Grazie. Ribadisco comunque che non sono contro i vini biodinamici. Lavoro per Aziende biologiche e biodinamiche ma c’è un limite a tutto.

 

 

 

 

 

Autore

1) Giusto Umberto.. non dimentichiamo che L evoluzione naturale del mosto o vino in fin dei conti è L aceto …

R.) Proprio cosi!

Autore

1) Chi accetta i difetti è perché non li sa riconoscere : gusto e olfatto sono un dono, gusto anche come capacità di saper distinguere

R.) Condivido pienamente.

Autore

1) La cosa grave? …. Le cose gravi sono altre, …. Ad ognuno il proprio commento, libero , soggettivo … Ma essendo tecnico viticolo di prese per il culo ne vedo tante …. Ad esempio az. Vitiv. Che si spacciano per biodinamiche che comprano i superi di produzione da altre az che fanno difesa convenzionale …..

R.) La sua puntualizzazione è giusta ma stiamo parlando delle solite pecore nere che, per fortuna, sono poche. Tutto si può dire ma sicuramente chi intraprende questa strada raramente lo fa per speculare ma perchè ci crede; per cui tendo a pensare che nel mondo ” Vini naturali” i disonesti sono molto rari. Il punto è che alcuni di loro tendono a immolarsi sull’altare puntando il dito sui convenzionali senza informarsi.

Autore

1) Il problema fondamentale nella commercializzazione dei vini c.d. naturali è la stabilizzazione.

 

Risposta da altro Autore: Spesso l’amore verso certi produttori è reale e ben indirizzato, tuttavia altrettanto spesso questo amore viene in parte tradito sul fronte dell’affidabilità a favore del caso. Purtroppo con certi vini / metodi produttivi o si rinuncia alla sicurezza di un prodotto perfettamente integro o si rinuncia al prodotto. Ad oggi, considerata la distanza tra le varie posizioni, non sembra esserci una via di mezzo, quella del buon senso. Ho visto produttori vedere andare in aceto il proprio vino, borderline già a pochi mesi dalla vinificazione, solo per aver deciso scientemente di non procedere ad una piccola solfitazione di emergenza.

 

Risposta da altro Autore: Spesso il produttore naturale ne fa una questione di rispetto e di coerenza ma quand’è che il rispetto e la coerenza entrano in conflitto con gli interessi del consumatore? L’approccio integralista di solito fa male sia al produttore che al suo estimatore. Già il rischio calcolato non sarebbe ammissibile, figuriamoci quello non calcolato.

 

Il problema più grande è che normalmente a confutazione delle tesi sopra indicate, il produttore naturale porta la “vitalità” del vino come moneta di scambio per questo rischio più o meno calcolato e pare che al fondo una soluzione precisa (ancora) non ci sia se non quella di accettare o di astenersi. “

 

( Dott. Umberto Trombelli )

Roberto Gatti

Giudice degustatore ai Concorsi Enologici Mondiali più prestigiosi tra i quali: » Il Concours Mondial de Bruxelles che ad oggi ha raggiunto un numero di campioni esaminati di circa n. 9.080, dove partecipo da 13 edizioni ( da 9 in qualità di Presidente ); >>Commissario al Berliner Wine Trophy di Berlino >>Presidente di Giuria al Concorso Excellence Awards di Bucarest >>Giudice accreditato al Shanghai International Wine Challenge ed ai maggiori concorsi italiani.

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