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Ammiana. Un’isola, un vino.

 


Premio comunicazione 2010.


 


Il misterioso arcipelago affondato in Laguna, i monaci, la famiglia Swarovski e un grande vino da scoprire.


 


Pubblichiamo l’articolo scritto da Andrea Covolo, Giulia De Marco e Giuseppe Sponchia Ammiana, un’isola un vino che ha vinto il premio Comunicazione 2010 al Master di cultura del cibo e del vino dell’universit Ca’ Foscari di Venezia.


 


AMMIANA. UNISOLA, UN VINOA chi ama passeggiare per le calli di Venezia, capita, talvolta, di camminare in tondo e ritrovarsi a percorrere pietre gi calpestate in precedenza. Ci si accorge di aver seguito una direzione sbagliata ed essere tornati indietro invece che andati avanti. Lisola di Santa Cristina un caso eccezionale in cui Venezia gioca a disorientare dal punto di vista dello spazio e dal punto di vista del tempo: come in un gioco delle 3 carte in cui in palio c un piccolo angolo di paradiso terrestre, che ora c e tra un momento potrebbe nuovamente svanire nel nulla. (Andrea Covolo, Giulia De Marco, Giuseppe Sponchia Master in Cultura del Cibo e del Vino 2010 Premio Comunicazione)


 


 


 


I tre studenti premiatiLE VIGNE PERDUTE DI VENEZIA Le vigne perdute di Venezia e della laguna parlano al turista distratto con sussurri fin troppo discreti: i toponimi ovvero i nomi dei luoghi della citt e delle isole. San Francesco della Vigna: il grande complesso conventuale veneziano ha origine da una vigna; nel 1253 Marco Ziani lascia in eredit ai frati minori francescani lampia vigna di famiglia con le pertinenze ed una piccola chiesa. Campiello della vigna nellisola di San Pietro in Castello. LIsola delle Vignole o delle Sette Vigne: oggi un lungo dosso sabbioso posto tra il porto di SantErasmo e quello del Lido. I toponimi sono i segni pi evidenti di un passato durato secoli: broli murati, orti e vigne nelle isole, giardini segreti anche nelle zone pi urbanizzate della citt; spazi verdi nei quali la vite di casa sia per la produzione di grappoli come frutto da tavola che per la vinificazione. Le vigne perdute sono presenze fantasmatiche, la cui esistenza provata dalle carte stipate nei faldoni dellArchivio di Stato di Venezia: lasciti, testamenti, contratti di affitto e di vendita, pignoramenti e atti processuali. La coltivazione della vite emerge in proporzioni, per numero ed estensione dei vigneti, difficilmente immaginabili per chi conosce la Venezia dei nostri giorni. La Venezia verde sopravvissuta fino agli inizi del diciannovesimo secolo. Un secolo e mezzo stato sufficiente per smarrire la memoria stessa di un assetto urbanistico plurisecolare: i tasselli verdi del mosaico urbano veneziano hanno lasciato il posto al selciato e ai tetti.


 


 


L’etichetta della bottigliaVINEAS PASTINARE Vineas pastinare: piantare vigne. Un imperativo irrinunciabile per le comunit monastiche della famiglia benedettina. Nella fase di maggior crescita delle comunit monastiche veneziane, nel XII e XIII secolo, la ricerca di luoghi isolati e la vocazione agricola dei monaci trovano in laguna una realizzazione tipicamente veneziana: la colonizzazione monastica di piccole isole o porzioni di isole non ancora urbanizzate o in via di spopolamento con la creazione di orti e vigne. Un documento darchivio datato settembre 1216 testimonia lincipit di un nuovo insediamento monastico nella Laguna Nord: Marco, labate del monastero benedettino di San Giorgio Maggiore, concede al confratello Tommaso delle terre sullisola di SantAntonio presso Torcello. Tommaso dovr ubicumque tibi loco placueris heddificandam ecclesiam ad honorem dei et sancti antonii, ovvero provvedere alla costruzione di una chiesa dedicata a SantAntonio e, extra circuitum ecclesie, degli edifici dove risiederanno i monaci. Tommaso ha la possibilit di supra easdem suprascriptas petias de terra et vinea et aqua superlabente vineas plantandi, di poter cio coltivare e piantare le viti sui terreni oggetto della concessione. La sopravvivenza del monastero testimoniata per lanno 1228 dal testamento del doge Pietro Ziani, nel quale si dona al monastero di SantAntonio la somma di dieci lire. Nel 1246 il monastero venne ceduto alle monache benedettine del monastero di San Cipriano de Terra. Le monache, nel 1330, ottennero da parte del vescovo di Torcello la cessione dellintera isola come sede del monastero. Il monastero sopravvisse fino allondata delle soppressioni napoleoniche del 1806.


 


 


L’isola di Santa CristinaVIGNE MONASTICHE Alla formazione di un sistema fondiario monastico in laguna concorrono le donazioni di orti e vigne da parte delle grandi famiglie veneziane: se i monaci o le monache non coltivano direttamente i fondi, questi sono oggetto di contratti di affitto che ne testimoniano la storia durata secoli. Tra le carte darchivio si conserva il contratto di affitto datato 1648 di un fondo agricolo di propriet del monastero dedicato a Santa Eufemia nellisola di Mazzorbo; laffittuario si impegna a: () quando renontier suddetta casa et vigna il tutto reconsegnar, come gli sono stato a lui consegnato. et perch nella detta vigna si ritrova diversa quantit di allori, calmi, vide, articiochi, fiorami et altro come nellinventario che saranno nella presenta affittatione registrato () il tutto mantener conservar migliorar et non deteriorar come fanno li buoni affittuali. Nei broli veneziani le viti, coltivate a pergola, convivono con gli alberi da frutto e con le culture orticole: zucche, carciofi, piselli, finocchi, cavoli, erbe gentili ma anche cereali e legumi. Sulla monastica Isola della Certosa ci sono 2 grandi vigne; una chiamata Sabbioneta e laltra Torresina. Mentre la Torresina , almeno in parte, coltivata direttamente dai monaci, la vigna Sabbioneta data in affitto fin dal 1632. Come il fondo agricolo del Monastero di Santa Eufemia, anche Sabbioneta una vigna a coltivazione promiscua: a fianco alle viti, si coltivano meloni, articiochi, bisi, fava, spinazze, indivia.



 


 


La pietra con i riferimenti ad AmmianaAMMIANA, LISOLA ABBANDONATA La volont di mettere a coltura tutti i terreni affioranti dalle acque si scontra con levoluzione della laguna e non tutti gli insediamenti sono coronati dal successo. Un esempio di fallimento dato dagli insediamenti monastici sorti sulle isole dell arcipelago di Ammiana nella Laguna Nord. Tra le pievi e i monasteri di Ammiana citati dal Cronicon Gradense, scritto nella met dell XI secolo, troviamo la chiesa di San Lorenzo e, presso la chiesa, lomonimo monastero di monache benedettine; un cenobio di monache dipendenti dal monastero di San Lorenzo risulta insediato anche presso la chiesa di San Marco negli orti dellIsola di Ammiana. Nel XII secolo, in concomitanza con lo sviluppo della comunit monastica, anche altre chiese dellarcipelago diventano sedi di cenobi dipendenti da San Lorenzo come, ad esempio, il cenobio dei SS. Andrea e Giacomo fondato nel 1180 presso la pieve di SantAndrea. Il testamento del doge Pietro Ziani, datato 1228, cita tra i monasteri di Ammiana: il monastero di San Lorenzo, i monasteri di San Marco, dei SS. Apostoli, di SantAngelo, situati negli Orti di Ammiana, e il cenobio di S. Andrea e Giacomo sullisola di Ammianella; tutti dipendenti da San Lorenzo. A partire dalla seconda met del 1200 larcipelago di Ammiana subisce un progressivo impaludamento con fenomeni di subsidenza. Il peggioramento delle condizioni ambientali si manifesta nei danni causati alle strutture delle pievi e dei monasteri che richiedono frequenti interventi di ripristino e portano allabbandono delle strutture pi esposte. Nel 1340 le monache di San Marco decidono di abbandonare il monastero, ma il Senato ordina loro di ritornare ad Ammiana. Il declino dellarea prosegue nei decenni successivi e nella prima met del 1400 tutte le comunit monastiche rimaste lasciano definitivamente le sedi di Ammiana.


SANTA CRISTINA, LISOLA RITROVATA Nellattuale assetto geografico della Laguna Nord, dellarcipelago di Ammiana restano alcune piccole isole e soprattutto lembi di terra e barene separati da canali; i toponimi ricordano il lontano passato monastico dellarea: la motta di San Lorenzo, lisolotto di SantAndrea e lisola di Santa Cristina. Lisola di Santa Cristina deriva il proprio nome dalla reliquia del corpo della santa che, da Costantinopoli, venne portato a Venezia nel 1325 e trov collocazione nel monastero delle monache benedettine di San Marco di Ammiana. La reliquia segu le sorti della comunit monastica: abbandon lisola una prima volta nel 1340, quando le monache tentarono di trasferirsi a Murano e furono costrette dal Senato a ritornare ad Ammiana; lasci definitivamente lisola nel 1432 quando il monastero di San Marco venne abbandonato; la reliquia trov nuova collocazione presso il Monastero di SantAntonio a Torcello. A seguito della soppressione del monastero di SantAntonio nel 1806, la reliquia venne nuovamente trasferita e oggi si trova nella Chiesa di San Francesco della Vigna. Nella peregrinazione della reliquia di Santa Cristina ritroviamo molti nomi e luoghi gi incontrati in precedenza: il Monastero di SantAntonio a Torcello fondato dal monaco Tommaso con la missione di vineas plantandi su quelle terre incerte tra affiorare e lasciarsi coprire dalle acque; San Francesco della Vigna, il monastero fondato nella vigna Ziani; la famiglia Ziani, con il doge Pietro e il figlio Marco, tra la fine del XII e il XIII secolo, tra le pi ricche della citt per capitali, immobili, vigne e lasciti testamentari conservati in archivio. Santa Cristina torna a vivere nel secolo successivo: nelle mappe del 1572 di Bartolomeo Fontello e del 1573 di Cristoforo Sabbadino l’isola presenta tre gruppi di case denominate Santa Cristina, San Marco, SantAnzolo. La parte orientale dell’isola, coltivata ed abitata, si conserver inalterata nei due secoli successivi come si evince da una mappa del 600 e da un manoscritto del 700. Alla fine del 700 l’isola fa parte della propriet della famiglia Don e presenta un intenso sfruttamento agricolo con una delineata rete idrica: sullisola sono presenti la casa domenicale, alcuni annessi agricoli, un faro, una piccola casa in muratura e un oratorio.


 


SANTA CRISTINA, GIARDINO SEGRETO Fino al 1921, l’isola continua ad essere coltivata ed abitata. Nel periodo dal 1930 al 1970 lisola non pi abitata stabilmente, pur avendo testimonianza di una presenza sporadica di personale a mezzadria. Nel 1986 lisola viene acquistata dalla Soc. Santa Cristina S.r.l. che ne tuttora proprietaria e che avvia il recupero delle attivit agricole ed orticole. Lisola viene chiusa al mondo esterno: nei 17 ettari disponibili per le coltivazioni vengono piantati ortaggi e coltivati alberi da frutto come albicocchi, prugni, peri, peschi, ciliegi, fichi e meli; 3 ettari ospitano una vecchia vigna con viti piantate a pi franco; allinterno dellisola presente anche una valle di pesca che occupa un quarto della sua superficie ed ospita branzini, orate e anguille; la rimanente superficie dellisola viene ricoperta dallacqua della laguna in caso di forti maree ed il regno delle erbe salmastre. Santa Cristina diventa un giardino segreto: non ha bisogno di mura e cancelli; lacqua della laguna che la circonda la separa dal resto del mondo. Nel 2000 inizia la collaborazione tra lAzienda Agricola Santa Cristina e Daniele Piccinin, titolare dellAzienda Agricola Le Carline con sede a Pramaggiore ed esperto in metodi di coltivazione biologica delle viti. Oggi il vigneto di Santa Cristina, con le sue viti di cabernet, merlot e chardonnay a pi franco, viene coltivato secondo i metodi dellagricoltura biologica e con le uve raccolte viene prodotto un vino dal nome antico: lAmmiana.


 


LAMMNIANA, IL VINO DELLISOLA LAmmiana prodotto nella sua totalit da uve Merlot e Cabernet, rossi antichi della zona lagunare veneziana. Dopo unattenta vendemmia, le uve vengono vinificate con una prolungata macerazione di 10-12 giorni. Il vino ottenuto matura per 6 mesi in botti e continua laffinamento in bottiglia. Uve: Merlot e Cabernet provenienti dal vigneto dellIsola di Santa Cristina. Parametri analitici: Gradazione alcolica: 12,5 % vol Acidit totale: 5,2 g/l Acidit volatile: 0,30 g/l Caratteristiche organolettiche: LAmmiana si presenta di colore rosso rubino con riflessi granati, profumo intenso e fruttato che ricorda il lampone, la mora selvatica e i frutti di bosco. La struttura complessa ma armonica ed elegante, con una spiccata sapidit, che non toglie in finezza al palato. Temperatura di servizio: stappato 2-3 ore prima della mescita si serve a 18C. Accostamenti: lAmmiana accompagna egregiamente arrosti, carni salsate e formaggi piccanti.


 


DANIELE PICCININ Daniele Piccinin il titolare dellAzienda Agricola Le Carline con sede nel comune di Pramaggiore, in provincia di Venezia, nellarea DOC Lison Pramaggiore. Daniele Piccinin assume la gestione dellazienda nel 1988 dal padre Aurelio che laveva fondata nel 1958. A partire dal 1988 Piccinin d inizio al percorso di rinnovamento dei metodi di coltivazione dei vigneti con lobiettivo di evitare il ricorso a prodotti chimici di sintesi attraverso ladozione di tecniche di lotta guidata. Nel 1993 Daniele Piccinin avvia la conversione totale della sua azienda allAgricoltura Biologica (Reg. CEE 2092/91, con certificazione A.I.A.B.) adottando protocolli di conduzione agronomica basati su tecniche a ridotto impatto ambientale e tese al miglioramento qualitativo della produzione. Nel 1995 Le Carline si amplia con lacquisizione di nuove tenute in Annone Veneto (area DOC Lison Pramaggiore) dove impianta i nuovi vigneti nel 1998. Daniele Piccinin considera l’adesione ai protocolli dell’Agricoltura Biologica un punto imprescindibile della propria attivit: grazie al suo costante impegno Le Carline ha ottenuto anche la certificazione “Bio Siegel” per la commercializzazione dei suoi vini da uve biologiche in Germania e la certificazione NOP (National Organic Program) per lesportazione dei suoi vini da uve biologiche negli U.S.A. dove sono previste specifiche regole per la produzione agricola e di trasformazione in regime biologico. Daniele Piccinin orienta la strategia di sviluppo della sua azienda alla continua crescita qualitativa della produzione, a relazioni selezionate con soggetti della Grande Distribuzione Organizzata (specializzati in biologico e non) e allincremento della sua proiezione sul mercato internazionale dei vini da uve biologiche. La proiezione internazionale non mina il forte legame con il territorio: Daniele Piccinin, anche come presidente della Strada dei Vini Lison Pramaggiore, si impegna in attivit finalizzate alla valorizzazione delle risorse naturali, eno-gastronomiche e storico-culturali della Venezia Orientale.


 


LE CARLINE LAzienda Agricola Le Carline di Pramaggiore produce unampia gamma di vini DOC ed IGT da uva certificata biologica, vini spumanti, frizzanti e due tipi di grappa monovitigno (da vinacce Cabernet e Chardonnay). I vigneti dellAzienda Agricola Le Carline sono distribuiti nelle 3 Citt del Vino dellarea DOC Lison Pramaggiore: Annone Veneto, San Stino di Livenza e Pramaggiore. Belfiore di Pramaggiore, dove si trova il nucleo storico dellazienda, il cuore del Lison Classico, mentre San Stino di Livenza ed Annone Veneto appartengono alla Zona Livenza dellarea DOC Lison Pramaggiore. Dai vigneti dellarea del Giai, frazione di Annone Veneto, provengono le uve della linea di prodotto a marchio Tenuta del Giaj, destinata al canale della Grande Distribuzione Organizzata. LAzienda Agricola Le Carline ha compiuto negli anni importanti investimenti in strutture e tecnologie produttive per elevare i propri standard di qualit: la cantina stata dotata di una pigiadiraspatrice, di una pressa a polmone daria, di un frigorifero con scambiatore di tubo in tubo collegato ai serbatoi inox termo-condizionati in automatico; la barricaia, interamente interrata, stata costruita secondo le linee guida della bio-edilizia; stato approntato lappassitoio per il naturale appassimento delluva a condizioni climatiche volte ad per ottenere un vino passito di qualit eccellente e costante. Oltre alle strutture produttive, lazienda stata dotata di unampia area degustazione per laccoglienza di gruppi di enoturisti e/o clienti dove vengono anche organizzate degustazioni guidate. Nel 2009 lAzienda Agricola Le Carline ha vinificato 3500 q di uva certificata Biologica da ICEA per ottenere 2500 ettolitri di vino da uve biologiche. Per quanto riguarda la destinazione della produzione tra i diversi canali distributivi sul mercato italiano: punti vendita e catene di punti vendita specializzati in prodotti biologici assorbono il 30% della produzione; la Grande Distribuzione Organizzata il 20%; enoteche e punti vendita di prodotti tipici il 15%; la vendita diretta a privati assorbe il 5% della produzione. Il 30% della produzione vinicola Le Carline viene esportata; i primi 3 mercati esteri per ricettivit sono, in ordine di importanza, Germania, Nord America e Danimarca; i mercati esteri con il trend di crescita di domanda pi accentuato negli ultimi 5 anni sono risultati la Danimarca e lOlanda.


 


CONVERSAZIONE CON DANIELE PICCININ


Per sua conoscenza, quanti sono attualmente i vigneti presenti in laguna con destinazione la vinificazione delle uve prodotte? Attualmente sono in corso diversi tentativi di rimpianto di viti e creazione di vigneti con lintenzione di vinificare luva prodotta: nellisola di SantErasmo, ad esempio, che una zona storicamente destinata in laguna allorticoltura, si sta provando a reimpiantare viti in diversi appezzamenti; non mancano tuttavia le difficolt: molte delle viti piantate non riescono ad adattarsi al terreno e alle condizioni climatiche e il tasso di mortalit piuttosto alto.


 


Un altro progetto di impianto di un vigneto in laguna quello della ditta Bisol nellIsola di Mazzorbo. La ditta Bisol ha fatto le cose in grande: linaugurazione della Vigna Murata si svolta proprio lo scorso 11 maggio; oltre al recupero della vigna, stata realizzata una struttura ricettiva con un ristorante affidato ad un cuoco di fama.


 


LIsola di Santa Cristina una realt molto diversa dalla Vigna Murata targata Bisol? Si. Santa Cristina una realt diametralmente opposta: un isola completamente interdetta al pubblico. La propriet, infatti, consente laccesso allIsola esclusivamente al personale addetto alla manutenzione, alla coltivazione del vigneto e al personale di servizio. Oltre ai membri della famiglia proprietaria e ai loro ospiti.


 


Pu dirci chi la famiglia a cui fa capo la propriet dellIsola? LAzienda agricola Santa Cristina appartiene alla famiglia Swarovski.


 


Quella dei cristalli? Si, quella dei cristalli. In realt la famiglia ha interessi in molti altri campi oltre a quello pi conosciuto legato al marchio Swarovski: ad esempio, nel settore vinicolo, ha investito nella regione vitivinicola di Mendoza in Argentina per la produzione di vini destinati ad essere esportati in tutto il mondo.


 


E Santa Cristina una sorta di perla della corona? Adesso possiamo dire che il vigneto di Santa Cristina tornato a risplendere, ma non stato sempre cos.


 


In che stato era il vigneto la prima volta che lha visto? Ormai sono passati pi di 10 anni da quel momento: accadde per caso; un incontro, da parte mia il dono di vini da uve biologiche dei miei vigneti di Pramaggiore e la scoperta, dallaltra parte, di una sentita adesione alla filosofia steineriana. Un invito a pranzo sullIsola di Santa Cristina e la scoperta del vigneto: un vigneto quasi abbandonato a s stesso; solo i filari pi prossimi allabitazione erano oggetto di manutenzione.


 


E luva veniva lasciata sulle viti? Un po duva veniva raccolta e veniva anche prodotto un po di vino: un vino fatto in casa che durava fino alla primavera, destinato esclusivamente allautoconsumo.


 


Lo ha assaggiato? Si, lho assaggiato. Non le dico se lho trovato buono o meno, perch, date le condizioni di produzione, i difetti erano inevitabili.


 


Tre cultivar bordolesi (merlot, cabernet e chardonnay) piantate su inisola della laguna di Venezia: i vitigni si sono adattati con successo al terreno e alle condizioni climatiche? La risposta si, ma necessaria una precisazione: il vigneto dellisola ha pi di un secolo, forse 120 anni e pi. Non un caso di impianto recente con barbatelle provenienti dai vivai. Le viti di merlot dellIsola di Santa Cristina appartengono alla famiglia dei merlot, ma hanno dei caratteri distintivi piuttosto peculiari: non il merlot che si pianta oggi! Il riferimento a 3 cultivar internazionali come il merlot, il cabernet e lo chardonnay nasconde una realt pi complessa che richiederebbe analisi genetiche per arrivare a una conoscenza pi approfondita del vigneto.


 


Quanta uva producono oggi queste viti? Oggi circa 50 quintali. Si tratta di una resa volutamente molto bassa, considerato che il vigneto ha una superficie di 3 ettari: per avere grappoli pi ricchi e sani, si procede a diradamenti che riducono il numero di grappoli sulla pianta. Con luva prodotta si arriva a imbottigliare circa 5000/6000 bottiglie da 0,75 l di vino allanno.


 


Come mai la scelta del nome Ammiana? Il Santa Cristina Antinori rendeva impossibile chiamare il vino con lattuale nome dellisola; dato il legame inscindibile tra questo vino e lisola in cui viene prodotto stato recuperato lantico nome della localit ovvero Ammiana. Ammiana un toponimo che risale al periodo romano quando questa zona della laguna nord ospitava strutture portuali per le navi mercantili impegnate nei traffici commerciali tra le citt del nord adriatico (Aquileia, Altino) e il resto dellImpero. Sulletichetta del vino Ammiana presente limmagine di una pietra di epoca romana: un modo per evidenziare il legame con un periodo lontano nel quale, tuttavia, la coltivazione della vite e la produzione e il commercio del vino erano elementi fondamentali sia dell’economia che della cultura.


 


Pi si parla di Santa Cristina, pi questa isoletta sconosciuta appare un luogo magico; lei ha avuto accesso ad un frammento di paradiso interdetto al mondo e ha bevuto un sorso di quello che possiamo chiamare un frutto proibito; oggi lei il giardiniere di questo eden lagunare. Come successo? E successo che ho lanciato la sfida: io sono un viticoltore e quel vigneto aveva bisogno di un viticoltore; io sono un produttore di vino e le uve di quel vigneto avevano la potenzialit di dar vita ad un vino unico; io sono un pioniere della coltivazione delle viti con i metodi dellagricoltura biologica e quel vigneto era vergine e rimasto indenne allondata della chimica in agricoltura. Come potevo voltare le spalle a quel vigneto? La famiglia proprietaria dellisola ha accettato la mia proposta di collaborazione e il lavoro ha dato i suoi frutti.


 


A lei piacciono le sfide: nel 1988 ha iniziato la conversione allagricoltura senza sostanze chimiche di sintesi dei vigneti della sua azienda a Pramaggiore; il regolamento comunitario che istituiva e normava la denominazione biologica risale al 1991: come mai una scelta cos in anticipo sui tempi? La scelta di coltivare le viti senza utilizzare i prodotti dellindustria chimica stata una scelta di natura etica: io sono fermamente convinto che lutilizzo in agricoltura di molecole di sintesi chimica esponga lorganismo umano a dei seri rischi; i primi a patire le conseguenze di questa esposizione sono proprio gli agricoltori che hanno un contatto diretto con queste sostanze. Io ho lanciato la sfida: si pu produrre uva di qualit, e vino di qualit, anche senza lindustria chimica. Una cosa semplice da dire.


 


Semplice anche da fare? No, non semplice. Cos come non semplice lagricoltura. La poltiglia bordolese una cosa semplice? Basta miscelare solfato di rame e calce. La poltiglia ha salvato le viti dalla peronospora e viene comunemente utilizzata dai viticoltori da pi di 120 anni. Bene. La prima volta che ho fatto personalmente la miscela dei due composti senza ricorrere ai prodotti industriali pronti ho bruciato tutte le foglie delle viti su cui lavevo utilizzata. Ricordo ancora le parole di un vecchio viticoltore: la poltiglia pronta quando fa vedere le vene; mi ci sono voluti anni per capire cosa intendeva e non posso spiegarlo senza far vedere nel vivo del procedimento cosa accade. In agricoltura la semplicit solo apparenza.


 


Il vigneto di Santa Cristina inserito in un ambiente molto diverso da quello dellentroterra di Pramaggiore. Si trovato di fronte a problematiche diverse dal punto di vista degli attacchi biologici e fungini? Per quanto riguarda insetti dannosi, funghi e muffe, lIsola di Santa Cristina presenta condizioni favorevoli in quanto ci sono meno insetti e la minore umidit rende meno aggressivi i funghi e le muffe.


 


Che terra quella di Santa Cristina? Quella dellIsola di Santa Cristina una terra fatta di limo e di frammenti di conchiglie: un terreno molto particolare. Inoltre bisogna tener conto che lacqua salata della laguna circonda lisola e sta a 5 metri dalla piante.


 


Per quanto riguarda le condizioni climatiche? Luva di Santa Cristina arriva a maturazione con 20 giorni di anticipo rispetto alluva delle stesse cultivar dellentroterra. La riflessione della luce sullacqua gioca un ruolo importante nellanticipo della maturazione.


 


Luva prodotta sullisola ha caratteristiche biochimiche particolari che si riflettono nel vino? Negli acini si trova quello che la vite tira su dal terreno con le radici e dal suolo salmastro proviene la sapidit del vino. Una caratteristica non scontata delluva la particolare evoluzione che ho riscontrato nellacidit e grado zuccherino: luva non ha problemi a raggiungere rapidamente un elevato livello di zuccheri, ma, al raggiungimento della piena maturazione, si constata un crollo dellacidit. Per evitare la perdita dellacidit, la raccolta delluva avviene prima della sua completa maturazione.


 


La vinificazione avviene in loco? Fino al 2005 s, le uve venivano lavorate sullisola, dotata per questo motivo di impianti di vinificazione sotterranei e di una cantina per linvecchiamento con botti e barriques in rovere. Visti i crescenti costi di gestione dellimpianto e di trasporto, dal 2005 in poi si preferito portare luva direttamente in azienda a Pramaggiore e avviare qui il processo di vinificazione.


 


Utilizzate gli stessi lieviti per la fermentazione del mosto da uve dellentroterra che per il mosto delle uve di Santa Cristina? Quello dei lieviti un aspetto del processo di vinificazione su cui sto lavorando per arrivare allutilizzo di lieviti indigeni. In azienda a Pramaggiore, nellambito della linea senza solfiti aggiunti, ho vinificato lasciando agire i soli lieviti indigeni presenti sulla bucce degli acini. Il risultato stato incoraggiante.


 


LAmmiana un vino in evoluzione? Oggettivamente il lavoro svolto in vigneto e nel processo di vinificazione ha consentito di rendere la sapidit dellAmmiana spiccata, ma gradevole, di ammorbidire i tannini e di creare un vino dalla struttura complessa ed armonica. Il confronto tra le bottiglie delle prime annate e lAmmiana delle ultime annate rende evidente levoluzione di queste caratteristiche. A 10 anni dallinizio di questa impresa posso inoltre affermare che lAmmiana manifesta un ottima tendenza alla longevit: un vino che migliora le sue qualit nel tempo.


 


Dove va a finire lAmmiana? Viene commercializzato? LAmmiana finisce in giro per il mondo. Della produzione totale io tengo un migliaio di bottiglie. Le altre bottiglie vanno alla famiglia proprietaria dellAzienda Agricola Santa Cristina: so che lAmmiana non viene commercializzato, ma utilizzato come dono nellambito dei rapporti commerciali internazionali con gli acquirenti dei vini delle aziende vitivinicole che fanno capo alla famiglia. Io stesso non vendo le bottiglie di Ammiana: una parte la metto da parte in cantina e le restanti bottiglie le dono.


 


Come mai questa scelta di sottrarre lAmmiana alle regole e alle opportunit del mercato? Perch lAmmiana un vino talmente unico da risultare senza prezzo.


 


Bibliografia Carla Coco, Venezia in cucina, Bari, Laterza, 2009. Davide Busato, Mario Rosso e Paola Sfameni, Le conseguenze delle variazioni geografiche avvenute tra il XIII ed il XV secolo su talune comunit monastiche ubicate in alcune isole della laguna nord di Venezia, 2007


 


Andrea Covolo, Giulia De Marco, Giuseppe Sponchia


 


( Fonte Corriere del Veneto )


 


 


ANNOTAZIONI DI WINETASTE


 


Ho conosciuto Daniele Piccinin, Presidente del Consorzio Vini Lison-Pramaggiore, produttore di ottimi vini biologici 


( al link: http://www.lecarline.com/) persona degna della massima considerazione e stima, per la sua seriet e professionalit.


Consiglio oltre ai vini delle Carline, anche i vini dellazienda Stajnbeck, tra cui ricordo gli ottimi bianchi ed un passito da memoria.


( al link: http://www.borgostajnbech.com/)


Buone degustazioni


Roberto Gatti