Secondo i dati IRI, nel 2013, le vendite di vino nella GDO sono diminuite di oltre il 6%. Ma l’indagine sui consumatori Wine Trend Italia di Wine Monitor Nomisma fa capire come le motivazioni di tale calo vadano oltre la recessione economica
Le stime Wine Monitor sul consumo di vino nella GDO (che veicola oltre il 65% delle vendite di vino in Italia) vedono un 2013 ancora con il segno meno, dopo la riduzione del 3,6% intercorsa nel 2012. Sulla base dei dati IRI (www.iriworldwide.it), si evidenzia un netto calo delle vendite in quantità nei canali “Iper, Super, Libero Servizio Piccolo[1]”pari al 6,5%. Crescono invece le vendite in valore (+3,1%), per effetto dell’aumento dei prezzi dei vini (+10,2%). Soffrono di più i vini rossi e i vini fermi rispetto ai bianchi e ai frizzanti.
Questa frenata ha radici più lontane: la crisi, in soli 5 anni, ha infatti contratto i consumi in Italia di 4 milioni di ettolitri. La contrazione si riflette sulla spesa mensile pro-capite che passa da 5,2€ a 5€ a fronte della crescita della spesa destinata alla birra (da 2€ nel 2007 a 2,5€ nel 2012).
L’andamento dei consumi di vino in Italia non si spiega però solo con la crisi. Le motivazioni vanno scovate anche altrove. L’indagine Wine Trend Italia di Wine Monitor Nomisma[2] (www.winemonitor.it) permette di far luce su queste cause: non è tanto un problema legato al calo della penetrazione del consumo di vino, ma è soprattutto il modello di consumo che si sta trasformando profondamente. I consumatori del vino in Italia sono tanti: 44 milioni (l’85% della popolazione maggiorenne) coloro che in Italia, nel 2013, hanno bevuto vino in almeno una occasione, in casa o fuori casa.
Il calo dei consumi di vino è piuttosto legato strutturalmente ai nuovi stili di vita.
I consumi pro capite per fascia d’età spiegano in modo chiaro cosa sta accadendo: le quantità medie consumate in un anno dalle “vecchie generazioni” sono il quadruplo rispetto a quelle consumate dai giovani.
La fruizione quotidiana, soprattutto durante i pasti, degli over 60 è contrapposta ad un consumo dei giovani molto spesso legato a specifiche occasioni, a momenti conviviali e comunque meno frequente. Così i più giovani non compensano la “perdita” fisiologica di consumi delle “vecchie generazioni”.
“Non esistono facili ricette per scardinare questo processo- dichiara Silvia Zucconi (Coordinatore Area Agricoltura e industria alimentare NOMISMA), ma sicuramente il tracking di quelle che sono le determinanti della domanda delle nuove generazioni e, più in generale, di segmenti ancora “distanti” al vino è lo strumento fondamentale per capire come raccontare il vino e conquistare il pubblico. Occorre formulare una proposta di un vino che racconti una storia, un’emozione, uno stile o un territorio, in grado di conquistare segmenti di mercato che scelgano talvolta sostituti del vino, non necessariamente per questioni di prezzo”.
Alcuni strumenti sono utili per favorire la sperimentazione: l’indagine Wine Trend Italia di Wine Monitor ha segnalato come pubblicità e trasmissioni televisive abbiano un ruolo positivo nello stimolare l’acquisto di vino. Negli ultimi 12 mesi, 3 consumatori su 10 hanno acquistato un vino perché avevano visto la pubblicità; il 21% è stato invece indotto a “provare” un nuovo vino grazie a trasmissioni televisive dedicate alla cucina che hanno promosso quel tipo di prodotto.
Ma più della pubblicità, può il packaging. Etichette e forme particolari delle bottiglie catturano l’attenzione del consumatori inducendo l’acquisto di un vino: il 52% dei consumatori ha effettuato nel 2013 ameno un acquisto attirato dalle caratteristiche del packaging. Pubblicità e packaging sono anche strumenti potenti per l’avvicinamento al vino di un nuovo pubblico, senza perdere mai l’attenzione ai mercati internazionali dove il vino italiano ha una brand reputation ancora da sfruttare.
( Fonte Nomisma )